1Re 19,9.11-13; Rom 9,1-5; Mt 14,22-33
Nel capitolo precedente Gesù era a Nazareth, il suo paese. Lì, i suoi ascoltatori, avevano compiuto a ritroso il percorso della fede: dalla meraviglia erano passati al dubbio e dal dubbio all’incredulità. Addirittura si scandalizzano di lui. Il Vangelo di oggi, con Gesù che raggiunge i discepoli sulla barca camminando sul mare, mostra il cammino inverso: dalla paura al coraggio della fede.
Gesù ci prova, ogni volta, a ritirarsi in un luogo deserto o su un monte per pregare. Ma ogni volta si lascia commuovere dalla folla che lo cerca per avere da Lui la guarigione e l’insegnamento. È difficile una vita vissuta sempre così, giorno per giorno. È come… camminare sulle acque. Gesù lo fa e chiama Pietro a fare altrettanto. Pietro rappresenta ciascuno di noi e tutta la Chiesa: quando abbiamo fede e fiducia in Gesù, allora avanziamo; quando guardiamo le nostre difficoltà, ci prende la paura ed affondiamo. Anche allora, però, ci resta il grido che è la radice della fede: “Signore, salvami!”. Da questa fede torna il dono della pace e la capacità di riconoscere di nuovo il Signore.
Non bastano le parole a descrivere la tempesta che colpisce la barca della nostra vita: di notte, col vento contrario, sospesi sull’abisso e dove ogni sforzo appare inutile a farci guadagnare la riva. È l’angoscia, la disperazione, lo sfinimento. Proprio qui, al fondo di tutto, sale il solo grido capace di forare il cielo: “Signore, salvami!”. Un grido che equivale a invocare il solo nome nel quale ad ogni uomo è data la salvezza: Gesù. E Gesù, il Salvatore, stende la mano e ci salva. Raggiunti dalla salvezza, anche noi, come gli occupanti della barca, ci prostriamo in adorazione e siamo di nuovo pronti all’assalto della folla che, di nuovo, chiede di essere abbracciata e guarita.
C’è un forte legame tra il miracolo dei pani e la traversata di Gesù nella notte. Entrambi mostrano l’altro volto della fede. Nella moltiplicazione dei pani la fede emerge come dono; nella traversata del lago la fede è mostrata come responsabilità e scelta fiduciosa. I discepoli sono soli nella difficoltà della navigazione notturna e tempestosa. C’è un legame tra fede e solitudine. La fede non è in nessun modo una garanzia che preserva dalle difficoltà: la notte e la tempesta vanno affrontate. Ma non da soli. La fede è comunione con il Salvatore e certezza della sua presenza alla nostra vita.
La nostra fede è molto fragile e sempre pronta a soccombere nel dolore della vita. Fino all’ultima riga del suo Vangelo, Matteo ci dice che il dubbio è compagno quasi inevitabile della fede.
Il Signore accompagna la storia degli uomini e in particolare quella dei suoi discepoli. Mentre loro sono soli sulla barca, lui è sul monte, solo, a pregare. È l’immagine di una storia che da una parte è consegnata ai limiti e alla responsabilità degli uomini, ma dall’altra è seguita e protetta dalla preghiera di Gesù.
Gesù, che giunge nel cuore della notte a fugare paura e solitudine, non è un fantasma! “Coraggio, sono io, non abbiate paura” (v.27). È Lui la “via sul mare” che ci conduce a salvezza.
Angelo Sceppacerca