Ap 11,19;12,1-6.10; 1Cor 15,20-27; Lc 1,39-56
Dopo l’annuncio dell’angelo, Maria va a trovare e a servire la cugina Elisabetta che proclama Maria “Madre del mio Signore”. E Maria risponde con il cantico del Magnificat, un inno che lascia intravedere il suo cuore. Anche la Chiesa, identificandosi con Maria, canta la riconoscenza alla grazia di Dio, la beatitudine divina e umana della salvezza.
La visita di Maria ad Elisabetta è la gioia dell’incontro, tanto ostacolato e tanto sospirato, tra lo sposo e la sposa: Elisabetta è gravida di millenni di attesa, Maria porta in sé l’Atteso. Nel loro incontro è l’abbraccio tra la promessa e il compimento. Maria va da Elisabetta “in fretta”, mossa da gioia e premura. In questo incontro si scopre l’impossibile di cui l’uomo ha bisogno. Elisabetta e Maria sono parenti; lo sono anche i bambini che portano in grembo: uomo e Dio sono della stessa carne. Noi siamo parenti di Dio!
Giovanni, il precursore, incontrerà un giorno sulle rive del Giordano “l’Agnello che toglie il peccato del mondo” e lo additerà ai discepoli. Oggi, nella visita di Maria ad Elisabetta, l’incontro col Salvatore è anticipato. Giovanni e Gesù, il profeta e il Messia, entrambi concepiti con la grazia dello Spirito il primo da due genitori anziani e sterili, il secondo da una vergine-madre s’incontrano prima ancora di nascere. Le lodi di Elisabetta e il cantico di Maria sono la risonanza ad alta voce di questo incontro. A due donne è riservato il privilegio di interpretarlo e di testimoniarlo.
Maria canta: “L’anima mia dice che grande è il Signore!”. Adamo, al contrario, fece Dio piccolo, come la sua meschinità. Maria, invece, fa grande Dio perché lo vede come amoroso sposo capace di dare la vita. Lei riconosce Dio come Dio e scopre in sé l’immagine autentica di Lui. Il primo dono di Dio e il primo canto a lui è riconoscerlo grande, grande e “per noi”. Di questa “grandezza” sono state testimoni soprattutto le donne: Maria, Elisabetta, la Maddalena…
Maria è assunta in cielo che è alto, immenso, luminoso, simbolo di Dio e perciò evoca trascendenza, grandezza, gloria. Maria assunta in cielo significa che è accolta alla presenza immediata di Dio, che è arrivata ad una esperienza diretta di lui, alla visione beatifica. Maria è introdotta nella Trinità. Lei è più vicina al Padre, al Figlio e allo Spirito di quanto lo siano gli angeli e i santi. Quanti quadri la dipingono così!
Maria è assunta in cielo in anima e corpo, con tutta la sua persona in tutte le sue relazioni e dimensioni. Ha raggiunto la felicità completa. L’Assunzione è la pasqua di Maria perché lei “è di Cristo” come nessun altro, associata a lui, in modo del tutto singolare, come Immacolata, Madre, discepola fedele, partecipe della passione, tutta Santa. Facciamole festa!
In Maria è anche anticipato il futuro di tutti “quelli che sono di Cristo”. È l’immagine della Chiesa, la primizia dell’umanità salvata. Noi siamo in cammino verso la stessa meta, verso la pienezza della vita, verso la felicità. Siamo sempre in ricerca, in cammino. Ma sempre inquieti, insoddisfatti. Non è la quantità delle esperienze che ci soddisfa, anzi spesso ci lascia più vuoti che mai. In realtà cerchiamo la vita, la felicità, in pienezza e per sempre, anche se forse non ci pensiamo, siamo distratti, dispersi, superficiali. La missione della Chiesa è additare la meta. Lo fa spesso anche attraverso l’architettura, specie delle splendide Cattedrali con cupole grandiose. Figura e simbolo del cielo.
Angelo Sceppacerca