Isaia 52,13-53,12; Ebrei 4,14-16; 5,7-9; Giovanni 18,1-19,42
A far “santo” questo venerdì non è la sofferenza di una morte in croce, ma è l’amore “fino alla fine” che ha portato il Figlio di Dio a morire in croce. Questo è l’amore più forte della morte perché sa abbracciare anche la morte e superarla con l’amore. È l’unico giorno in cui non si celebra la messa: il grande Sacerdote, il mediatore fra il cielo e la terra, infatti, ha le mani inchiodate, è sospeso fra cielo e terra e grida l’oscurità e il silenzio del cielo su una terra dove s’è fatto buio. Il crocifisso è il Dio spogliato, annichilito, tutto dato; per questo è il Dio per ognuno, senza alcuna distinzione, il Dio anche per gli atei, o per quelli che non riescono ad esprimere la propria fede in alcun modo perché anch’essi inchiodati, poveri, inermi, vittime.
Le parole cedono il posto al silenzio e alla contemplazione. A Firenze, nel chiostro del convento di S.Marco, c’è un dipinto del Beato Angelico, raffigurante il crocifisso adorato da S.Domenico. Sulla distesa sconfinata della terra, piatta e arida, contro un cielo azzurro intenso, si leva alta la croce: ad essa è inchiodato Gesù Cristo, imponente, composto, luminoso; il bel volto, incorniciato dall’aureola, reclinato verso destra, con gli occhi e le labbra semiaperti. È ancora vivo. Soffre per amore e perciò è in pace; la sua sofferenza, come direbbe S.Caterina, è una “tranquilla passione”. Il crocifisso è posto ad altezza d’uomo, fatto per essere visto da vicino. È proprio qui, davanti a noi che non possiamo rimanere indifferenti. Si vede il sangue, tanto sangue, fluire sulla terra morta, per ridarle vita. Ai piedi della croce S.Domenico: abbraccia e quasi accarezza il legno insanguinato; guarda commosso il crocifisso con gli occhi arrossati, la fronte contratta, la faccia scavata. Unito a Cristo, vive anche lui la croce per la salvezza del mondo.
Come il suo fondatore, il Beato Angelico ama appassionatamente Gesù Cristo e nel dipingere il Crocifisso a volte è visto piangere. Con questa immagine, posta di fronte alla porta del convento, egli ricorda a tutti che la comunità dei frati vive di Gesù Crocifisso, esiste per condividere il suo amore e il suo sacrificio, per predicare lui e lui soltanto, come faceva S.Paolo: “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, predichiamo Cristo potenza e sapienza di Dio, perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 23-25).
Tutti davanti alla croce, dunque, ma anche tutti sulla croce. “Coraggio, allora scriveva don Tonino Bello tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non abbatterti fratello povero, che non sei calcolato da nessuno, che non sei creduto dalla gente e che, invece del pane, sei costretto a ingoiare bocconi di amarezza”.
Il Vangelo dice che “da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra” Un tempo lunghissimo per chi agonizza inchiodato, ma non infinito: “Tra poco continua don Tonino il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga”.
Torna alla memoria anche un altro racconto del vescovo don Tonino: “Nel duomo vecchio di Molfetta, c’è un grande crocifisso di terracotta. L’ha donato, qualche anno fa, uno scultore del luogo. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria. La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata… Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo… Coraggio, fratello che soffri. La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre collocazione provvisoria. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane… Coraggio, fratello che soffri. C’è anche per te una deposizione dalla croce. C’è anche per te una pietà sovrumana. Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua. Ecco un volto amico, intriso di sangue e coronato di spine, che sfiora con un bacio la tua fronte febbricitante. Ecco un grembo dolcissimo di donna che ti avvolge di tenerezza. Tra quelle braccia materne si svelerà, finalmente, tutto il mistero di un dolore che ora ti sembra assurdo… Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga”.
Angelo Sceppacerca