2Samuele 7,1-5.8-12.14.16; Romani 16,25-27; Luca 1,26-38
Il Vangelo di questa Domenica, l’ultima di Avvento e quasi vigilia del Natale, ci ripropone (dopo averlo ascoltato nella festa dell’Immacolata) il racconto dell’Annunciazione. Tutta la vita cristiana è centrata su questo mistero, nel senso che deve essere l’attualizzazione oggi del “Sì” di Maria che ha attratto Dio nel mondo.
Lo hanno compreso anche tanti scrittori e poeti, affascinati dall’incontro del messaggero celeste con l’umile fanciulla di Nazareth. Così, ad esempio, è rivissuto nelle parole di Ferruccio Parazzoli, uno scrittore contemporaneo:
“È un giorno qualunque della fine di marzo a Nazareth, villaggio senza alcuna importanza adagiato sulle prime alture, a metà strada tra il mare e il lago di Galilea. Una fanciulla di tredici o quattordici anni di nome Maria sta tornando alla sua casa in cima alla salita recando sul capo la brocca che ha riempito alla fontana. Un angelo, il messaggero di un Dio infinitamente potente e addolorato, la ferma e le annuncia che concepirà e partorirà un figlio al quale metterà nome Gesù. Il corpo di Maria è vergine, ma la fanciulla è consapevole di come debba compiersi l’atto che trasmette la vita. La sua voce pura si alza con innocente fermezza: «Come avverrà questo? Io non conosco uomo». C’è tale dignità e pudore di donna nelle parole di Maria che la risposta dell’angelo sembra una imbarazzata giustificazione della potenza e della tenerezza di quel Dio lontano che viene a chiedere l’impossibile a un’umile creatura umana: «Niente è impossibile a Dio» si giustifica l’angelo. Maria acconsente, avvampando di gioia e di timore, e in quell’istante sembra davvero che sul mondo cominci a sorgere la luce di un nuovo giorno in cui sarà possibile sperare che il pianto di Eva sui figli nati dalla carne si trasformi in un sorriso di madre, e che la morte, conseguenza del peccato e della colpa, possa essere sconfitta per sempre”.
Già nell’Antico Testamento Dio si era rivolto a coppie di anziani (Abramo e Sara, Zaccaria ed Elisabetta) donando loro, miracolosamente, ossia per grazia, un figlio, un futuro. Ora, nella “pienezza dei tempi”, Dio si rivolge ad una “vergine” e porta in dono se stesso, facendosi suo figlio. Gesù, Figlio di Dio, è il futuro assoluto dell’uomo e della storia, supera infinitamente ogni attesa umana.
La verginità di Maria dice che ciò che nasce da lei è puro dono di Dio, grazia infinita e inaudita. La verginità di Maria è anche simbolo dell’assoluta capacità di accoglienza, della povertà radicale della creatura che sola è capace di contenere l’assoluto di Dio. La verginità di Maria è l’espressione della sua fede. E quando la grazia divina incontra la fede dell’uomo si rinnova il miracolo dell’incarnazione e Dio torna nelle vicende della storia umana.
Se il primato è e resta di Dio, la risposta della creatura è pur sempre indispensabile alla realizzazione del disegno. Nel dialogo d’amore, al sì di Dio risponde il sì di Maria e, in lei e come lei, il sì di ogni uomo e ogni donna della storia. Il racconto dell’annunciazione, con la presenza tenera e leggera del messaggero divino, ci dice che anche oggi va rivissuto l’atteggiamento di Maria la quale, col suo “Sì”, ha attratto Dio nel mondo.
Angelo Sceppacerca