Is 63,16-17.19;64,2-7; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37
Inizia il nuovo anno liturgico con il tempo di Avvento. La Chiesa, nella liturgia, celebra la venuta di Gesù Cristo nella carne dell’uomo. L’Avvento, il tempo che dice l’azione dell’arrivare, del giungere, è l’attesa e la preparazione alla grande festa del Natale quando i nostri occhi contempleranno, nel bimbo di Betlemme, il Verbo fatto carne.
In questo nuovo anno della liturgia sarà proclamato, domenica dopo domenica, il Vangelo di Marco, che offre un ritratto attendibile del Gesù storico e che è alla base (in questo senso si dice che esso è una fonte decisiva) di tutti i Vangeli “sinottici” (Marco, Matteo e Luca). In questo senso si può dire che Marco è il più originale tra gli evangelisti: tutto incentrato sul “segreto messianico”, alla luce della Pasqua (morte e risurrezione di Gesù) svela progressivamente il mistero dell’uomo Gesù, il Cristo atteso, ma anche l’inatteso Figlio di Dio. Da una parte, il Vangelo di Marco c’introduce nel mistero di Gesù; dall’altra ci ricorda che questo mistero (Gesù Figlio di Dio) rimane pur sempre tale poiché non risponde a nessuna domanda dell’uomo, ma è sempre il libero dono che Dio fa di se stesso nel Figlio crocifisso.
L’Avvento, all’inizio dell’anno liturgico, è tutto pervaso di gioia e di speranza. Mettiamo lo sguardo fisso sul Signore Gesù che è venuto, viene e verrà e porterà a compimento il mondo creato nella sua totalità. La nostra certezza poggia su un fondamento incrollabile, la promessa di Dio, la sua fedeltà.
Tempo di attesa, l’Avvento è tempo di gioia perché ogni venuta di Cristo è dono di grazia e di salvezza, ma è anche tempo d’impegno perché ci spinge a vivere il presente come tempo di responsabilità e di vigilanza. La “vigilanza” è la parola chiave di questo Vangelo; ripetuta ben quattro volte, sta a dire la necessità l’urgenza! di un’attesa viva ed operosa.
Vigilanza attenta e fedeltà responsabile ci aiutano a non cadere nelle tentazioni di chi “aspetta” passivamente e si lascia vincere dalla noia e dalla stanchezza. Invece dobbiamo stare svegli e scrutare nella notte! L’altra tentazione, all’opposto, è di chi si lascia talmente assorbire dal futuro da dimenticare il significato e il valore del tempo presente. Nell’attesa non si può restare oziosi: alla fine, nel giudizio futuro, saremo giudicati proprio in base al nostro comportamento, alle nostre opere, al nostro “fare”. Il tempo della vigilia è tempo dell’azione: fare e vivere come Gesù ha fatto e vissuto. Il suo comandamento si riassume nel precetto della carità, dell’amore disinteressato, del servizio concreto ai fratelli.
Nelle nostre mani, così fragili, è lasciata la stessa credibilità e visibilità di Dio. Se viviamo nella carità, ogni giorno è quello della presenza e della venuta del Signore: a sera, a mezzanotte, al canto del gallo, a mattino inoltrato. In ogni istante è nascosto l’attimo dell’incontro.
Vegliare per cogliere il senso delle cose… Vegliare sul senso del tempo… Vegliare sui tempi della vita… perché è l’Avvento, il tempo in cui Dio irrompe e viene.
La poesia coglie in profondità il senso dell’Avvento. Mario Luzi, ad esempio, il grande poeta fiorentino scomparso nel 2005, è stato testimone di una speranza più forte di ogni dramma e di ogni caducità. È stato profeta di un umanesimo aperto al Mistero divino. E quando la poesia, invocazione o grido, si accosta al mistero, allora diviene antidoto alla vertigine e all’angoscia del nulla, che serpeggia nella cultura del nostro tempo. In questo inizio d’Avvento, Mario Luzi dà voce alla speranza che, malgrado tutto, abita in ognuno di noi: “Tutti noi attendiamo / l’avvento della luce / che ci unifica e ci assolve”.
Angelo Sceppacerca