Gl 2,12-18; 2Cor 5,20 – 6,2; Mt 6,1-6.16-18
“Quando fai l’elemosina… quando pregate… quando digiunate…”. L’inizio della Quaresima ricorda i tre pilastri della religione: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Sono i fondamenti perché definiscono il nostro rapporto con gli altri, con Dio e con le cose. Queste tre relazioni dicono anche che tipo di vita viviamo, svelano la verità della nostra esistenza. Infatti, ogni nostra azione può essere compiuta o per aver gloria e riconoscimento dagli altri, oppure per piacere a Dio solo, fatta per amore e in umiltà.
In ogni attività, anche in quelle “buone”, è naturale la ricerca di riconoscimento. Ognuno vive dello sguardo dell’altro. Il punto è: da chi vogliamo essere riconosciuti, davanti a quali occhi stare, se a quelli degli altri o a quelli di Dio. Gesù ci invita non solo ad essere religiosi facendo elemosine, pregando e digiunando ma a purificare fino in fondo le intenzioni del nostro cuore e… del nostro sguardo.
“Quando fai l’elemosina”. L’elemosina, in questo modo, non è solo un gesto di bontà, ma un dovere di giustizia perché è segno di solidarietà col povero, vicino o lontano che sia. Tutti i beni della terra hanno per destinazione il “bene comune” e la solidarietà garantisce non solo la vita materiale, ma anche quella spirituale, l’amore fraterno. Fede e giustizia sono come l’anima e il corpo: non c’è l’una senza l’altro. Dal tempo di Gesù fino ad oggi gli ipocriti (letteralmente “gli attori”, quelli che indossano una maschera) non sono scomparsi e nelle loro opere, anche quando sono camuffate di perbenismo, c’è sempre nascosto lo scopo di voler primeggiare. L’apparire vince sulla realtà e la vanità avvelena ogni gesto. Troppo facile e clamoroso il confronto con i modelli e i messaggi veicolati dalla televisione e dai giornali patinati. L’invito di Gesù, per l’elemosina come per la preghiera e il digiuno, è a viverli “nel segreto”, ossia nella parte più intima che nessuno vede, nel cuore delle intenzioni. A microfoni spenti.
“Quando preghi”. Prima del Padre nostro, Gesù insegna come pregare. Anche la preghiera, infatti, può esser fatta per farsi vedere. La preghiera autentica è porsi davanti a Dio, non davanti agli uomini. Pregare è aprirsi a Dio, parlargli e ascoltarlo, non chiudersi su di sé. Si può essere ipocriti anche nella preghiera. L’ipocrita, pur di apparire, si serve di tutti, anche di Dio. Ma Dio resiste ai superbi e si apre agli umili. Se è vero, come dice il Siracide, che la preghiera dell’umile penetra le nubi, chi potrà mai calcolare il bene piovuto sulla terra grazie alle preghiere dei piccoli del Signore? Non è azzardato ritenere, come dicono alcuni maestri dello spirito, che “i concetti di persona, libertà, fraternità e giustizia, sono entrati nella cultura occidentale dalla tradizione biblica, grazie a chi ha fatto esperienza di essere interlocutore di Dio”. La preghiera cambia il mondo e fa crescere anche la cultura!
“Quando digiuni”. Il digiuno è segno di conversione perché il morso della fame volontaria ci fa capire che non di solo pane vive l’uomo. Le azioni compiute con giustizia e la condivisione dei propri beni con i poveri, sono le naturali conseguenze del digiuno cristiano. Nella nostra società consumistica ridotta a bocca che tutto divora e a tubo digerente che tutto assimila, il digiuno riacquista significato e attualità se lo si scopre come medicina per guarire dalla brama del possesso, come metodo per giungere alla virtù della sobrietà, come antidoto al veleno dell’edonismo che tutto riduce al consumo di sensazioni. Una società senza amore e senza parole fraterne, senza madri e senza padri, sarà sempre più anoressica o bulimica.
Una regola d’oro accomuna le grandi tradizioni religiose: fai all’altro quello che vorresti fosse fatto a te. In questa giornata, inizio della Quaresima, torna l’invito ai cristiani a digiunare e a pregare per la pace. Non è sconveniente pensare che questo appello possa essere raccolto anche da altri credenti per i quali il digiuno, l’elemosina e la preghiera sono pure pilastri del loro credere. A digiuno, con le tasche più povere per aver condiviso e dopo aver pregato nell’intimo, la pace è più vicina, possibile.
Angelo Sceppacerca