Domenica 25 giugno

Giobbe 38,1.8-11; 2Corinzi 5,14-17; Marco 4,35-41 Spesso, in diverse circostanze, ci siamo lamentati, come credenti, dell’apparente indifferenza di Dio verso di noi. Le situazioni più dolorose della vita ci fanno sentire Dio distante, quasi assente . Può essere mai che ci abbia abbandonati a noi stessi? Una gran tempesta. Non tutti, ma alcuni discepoli di Gesù, come Pietro erano pescatori. Logico dunque che continuassero la loro attività sul lago, correndo tutti i pericoli del caso. Avevano superato altre volte tempeste e onde minacciose, ma in quella notte “si sollevò una gran tempesta di vento e gettava onde nella barca tanto che ormai era piena. Gesù se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che noi moriamo?”. Domanda che, in grandi difficoltà, abbiamo fatto anche noi e che Benedetto XVI ha rivolto a Dio dai campi di sterminio. Dio vedeva o dormiva? Aveva forse disatteso in quegli anni il nostro grido di dolore? O dovevamo gridare come lo stesso Gesù sulla croce , con le parole del profeta: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Dio però non dormiva ed era lui stesso presente in quelle povere persone, torturate e costrette a morire. Lui di nuovo insultato, flagellato e crocifisso. Lui stesso, figlio di quel popolo che, senza colpa, doveva soccombere allo sterminio. “Di fronte all’orrore di Auschwitz – ha detto il Papa – non c’è altra risposta che la croce di Cristo: l’Amore sceso sino in fondo all’abisso del male, per salvare l’uomo alla radice, dove la libertà può ribellarsi a Dio”. Il vento cessò. L’intervento richiesto fu immediato. Sgridò al vento e al lago, dicendo loro di tacere e vi fu una grande bonaccia. Poi disse però ai suoi discepoli: “Perché siete così paurosi. Non avete ancora fede?”. Il rimprovero di Gesù era giusto, anche se i discepoli non avevano del tutto perduto la fede in Lui, altrimenti non l’avrebbero svegliato per esser salvi. Ma una fede che teme il sonno di Dio non è sufficiente. Una fede cioè che dubita o mette in forse la presenza di Dio nella storia, la nostra personale e quella universale. Una presenza poi che ha garantito in modo speciale alla sua Chiesa, raffigurata spesso in quella barca di Pietro che affronta e supera ogni tempesta. La storia ci ha già dato questa conferma. Anche per questo noi, cristiani di oggi, dovremmo aver più fede e più fiducia nelle difficoltà. Dio non dorme, certamente. Chiede piuttosto a noi tutti di non esser dei cristiani paurosi o dormienti. Sapendo che anche questa è l’ora di vendere il mantello per comprare una spada. Non si vuol far guerra a nessuno, ma vigilare e combattere perché la fede non venga corrosa dal relativismo o dal consumismo imperante. Chi è costui? Una domanda che nei confronti di Gesù attraversa i secoli, sino alla nostra generazione. Piazza San Pietro è piena, il mercoledì e la domenica di folle, che vogliono sapere dal Papa chi era Gesù. I discepoli, sconvolti dopo il miracolo, si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare gli obbediscono?”. Questo è appunto l’assurdo: che gli obbediscano venti e mari, ma non tanti uomini di questo mondo che dicono: nelle nostre leggi, nella nostra società, Dio non c’entra. Non vogliamo che Dio regni sopra di noi. Le conseguenze disastrose sono evidenti, sono state e sono sotto gli occhi di tutti. Guerre, violenze, terrorismo, aborti, massacri. L’ostracismo, dato a Dio, è stato pagato a caro prezzo dagli uomini, amati da lui.

Carlo Caviglione