2Cronache 36,14-16.19-23; Efesini 2,4-10; Giovanni 3,14-21 Si avvicinano i giorni della passione e della morte di Gesù. Con le letture di queste domeniche, la Chiesa vuole aiutarci a penetrare il mistero della nostra salvezza, perché lo “scandalo della croce” sia illuminato dalla luce della fede nel Risorto. Bisogna che sia innalzato. Avviene nella notte un singolare dialogo tra Gesù e Nicodemo, un esperto della legge e dei profeti. Lo scriba vuol capire la persona e la missione di Gesù che non corrisponde alle sue attese, trionfalistiche. Gesù è diverso, come può essere il Messia?
Egli annuncia una sua fine tragica, la sua morte di croce. Perché tutto questo? Ed ecco la risposta: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.
In queste parole misteriose, dov’è la spiegazione richiesta? Tutto è in quel “bisogna” che sia innalzato. Bisogno di chi? Bisogno perché? Il serpente innalzato nel deserto doveva guarire quanti erano colpiti dalla malattia. Ora il Figlio che viene issato sulla croce è la causa e il frutto di una guarigione ben più profonda. L’umanità intera potrà essere guarita dal peccato e dalla morte. Ad una condizione però: che ci sia la risposta positiva e libera dell’uomo, la risposta della fede. Chiunque crede in lui, avrà la vita eterna. Non per giudicare, ma per salvare. Questo che viviamo, non è il tempo del giudizio, ma della salvezza. Benedetto XVI, riferendosi a quanti usano del nome di Dio per uccidere il proprio fratello, ha ricordato che le loro azioni malvagie avranno una severa condanna divina. “Avranno”, cioè in futuro come frutto dei loro delitti. Ma oggi è il tempo del perdono e della misericordia.
“Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”. È questa la missione che Gesù sta per compiere sulla terra e che non è ancora compiuta. La sua morte di croce è la prova che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”.
La morte in croce è la testimonianza più alta e convincente dell’amore che Dio ha per ciascuno di noi, buoni e cattivi, santi o peccatori. Egli non guarda ai nostri meriti, ma alla fede in Lui. Ci chiederà infatti se abbiamo creduto nell’amore e l’abbiamo praticato verso Dio e verso i nostri fratelli. Le tenebre e la luce. La passione e la croce di Gesù hanno una causa ben precisa. Il rifiuto di quanti non hanno accolto la sua luce e hanno scelto di restare nelle tenebre. “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie”.
Ecco il motivo del loro rifiuto. “Chiunque fa il male, odia la luce e non viene alla luce, perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte da Dio”. Quale criterio migliore per giudicare le nostre azioni, se siano buone o cattive, conformi o difformi dalla verità?
Dobbiamo infatti lasciarci illuminare dalla verità che promana dalla Parola di Dio. È la luce di cui noi abbiamo bisogno per evitare il male e operare il bene. La luce che è la voce della nostra coscienza, quando si lasci penetrare dalla verità che viene dall’Alto, e non sia inquinata dalle nostre cattive passioni.
Carlo Caviglione