Isaia 56,1.6-7; Romani 11,13-15.29-32; Matteo 15,21-28
Il dialogo con le altre religioni è stato posto dal Papa nel suo programma pastorale come prioritario. La Chiesa deve dialogare con tutti, ha detto, ma specialmente con coloro che fanno derivare la loro fede da Abramo, ebrei e musulmani. Il cristianesimo, per sua natura, è universale, quindi, disponibile a incontrarsi con ogni uomo che cerca la verità. LA DONNA CANANEA. Si tratta di un episodio abbastanza singolare. Una donna “Cananea”, dalle parti di Tiro e di Sidone, quindi fuori del territorio di Israele e pagana, s’incontra con Gesù e gli chiede di guarire sua figlia. In un primo tempo Gesù non le rivolge neppure la parola, poi risponde di essere stato inviato “solo alle pecore perdute della casa di Israele”. Ed aggiunge: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”.
La risposta della donna, che continuava a supplicarlo, è stupefacente. Gesù stesso ne resta meravigliato. “È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Logica e imbattibile. Come si poteva resistere al cuore di una madre? Gesù la elogia e dice: “Donna, davvero grande è la tua fede. Ti sia fatto come desideri”. Il cuore di Dio non ha limiti e il suo amore si estende a tutti, senza distinzione. Tuttavia può trovare più fede in un pagano che in un cristiano. E questa è la misura della corrispondenza all’amore di Dio. UN DIALOGO TRA DUE. Dopo una prima apparente resistenza, Gesù accetta di dialogare con la donna Cananea, fissando però alcuni paletti. Anzitutto la priorità della sua missione nei confronti delle “pecore perdute della casa di Israele”. Allo stesso modo, oggi si potrebbe dire che la Chiesa, mentre ha il dovere di dialogare con tutti, dovrebbe prima o nello stesso tempo occuparsi delle “sue” molte pecore che sono andate perdute. E ancora lo sono. Pensiamo alla scristianizzazione della vecchia Europa e in genere dell’Occidente.
In questo senso da tempo si parla di “nuova evangelizzazione” proprio perché molti, anche se battezzati, non conoscono e non vivono la fede cristiana. In secondo luogo, Gesù fa presente il suo compito di “non prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”, che può significare oggi non ridurre o alterare il pane della verità, per compiacere coloro che non sono disposti ad accettare la dottrina e la morale cristiana sino in fondo. Il dialogo non può mai significare un compromesso, né un venire meno alle proprie convinzioni. SUPERARE LE BARRIERE. Ricordiamo la Chiesa prima del Concilio Vaticano II. Si presentava come una cittadella assediata, pronta alla difesa della sua identità, ma in dissidio con le altre Chiese, pressoché muta nei loro confronti. Ovviamente ricambiata con lo stesso silenzio e, persino, con ostilità. Molto è cambiato da quegli anni lontani. Si cominciò con il nuovo stile di Giovanni XXIII, che fece togliere dalla preghiera del Venerdì Santo, l’espressione “perfidi” ebrei. Si continuò con i documenti del Vaticano II e con la visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma. Vennero gli incontri fraterni con gli ortodossi e gli anglicani.
Ora si tratta di superare tutte le altre barriere. Il vero Israele passa solo nell’ambito della fede. È anche indispensabile essere più sensibili ai valori disseminati nelle varie religioni, culture, mondi sociali differenti da quelli cristiani. È necessario superare le anguste barriere delle comunità ristrette, per annunciare a tutte le genti l’Evangelo, invitando quelli di Oriente e di Occidente a sedersi a mensa nel regno di Dio, nell’unica casa del Padre.
Carlo Caviglione