Ezechiele 37,12-14; Romani 8,8-11; Giovanni 11,1-45 Non è facile far credere alla gente di oggi, persino se cattolica, che i morti risorgeranno. Eppure si tratta di un fermissimo articolo del Credo, che noi professiamo ogni domenica. Ci sono cristiani che credono persino alla reincarnazione o si lasciano convincere da altre idee del tutto fantasiose. IO VI RISUSCITERÒ. Sappiamo bene che la vita è un dono di Dio, sacro e prezioso. Ma quella terrena non è la sola né la più importante. L’idea di risurrezione si trova già nei testi sacri che precedono la venuta di Cristo. Tra gli altri quello del profeta Ezechiele è molto esplicito: “Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio”. Il Signore parlava ad Israele in vista della fine dell’esilio babilonese. Ma la prospettiva profetica andava oltre. Anche Isaia aspetta da Dio che sopprima la morte, per sempre, che asciughi le lacrime su tutti i volti. A questi si aggiunge Daniele: il profeta prevede che i morti si risveglino, alcuni per la vita eterna, altri per l’orrore eterno. Il Vangelo però va oltre questa speranza, poiché con Gesù abbiamo una dichiarazione più esplicita e sicura. Egli dice di se stesso: “Io sono la risurrezione e la vita”. Chi crede in Gesù, in forza del battesimo, ha già in sé quella vita, che durerà oltre la morte, per fissarsi nell’eternità. DALLA MORTE ALLA VITA. Gesù nel Vangelo non chiede a nessuno di credergli in forza delle sue parole. Anzi afferma: credete alle mie opere. Tra le altre la risurrezione del suo amico Lazzaro è tra le più convincenti, tanto da far maturare nei suoi avversari la delittuosa decisione di progettarne la morte. Si dicono infatti tra loro: ora la gente gli crederà. O uccidiamo Lazzaro, il risorto, oppure facciamo fuori Gesù. Lazzaro da quattro giorni era nel sepolcro, tanto che Gesù viene avvertito del fatto che “mandava già cattivo odore”. Gesù non si ferma. Fa rimuovere la pietra che chiude il sepolcro e comanda, autorevolmente: “Lazzaro, vieni fuori”. “Il morto uscì, scrive Giovanni, con le mani e i piedi avvolti in bende e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: “Scioglietelo e lasciatelo andare!”. Lo stesso evangelista commenta: “Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quello che aveva compiuto, credettero in lui”. Molti, ma non tutti. Neppure davanti ad un morto che risorge si può giungere alla fede, se non sono favorevoli le disposizioni interiori. Ancora una volta, la fede è un dono di Dio che chiede di essere accolto liberamente. VITA E RISURREZIONE. Marta la sorella del morto risuscitato, prima del miracolo, si era lamentata con Gesù dicendo: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Gesù le promette: tuo fratello risusciterà. Poi aggiunge: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore vivrà, chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”. Marta non esita ad accogliere quelle parole ed aggiunge soltanto. “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”. Alla sua professione di fede, c’è ben motivo di aggiungere anche la nostra, mentre ci avviciniamo alla Pasqua di risurrezione. Noi non siamo soltanto i credenti in un uomo eccezionale che è andato a morire sulla croce per la nostra salvezza. Come con la risurrezione di Lazzaro, Gesù ha voluto aiutare o confermare la fede dei presenti nella sua divinità, così dopo la morte in croce, la sua risurrezione, è stata la prova certa della sua divinità, poiché Egli si è rivelato autore e padrone della vita. A questa vita partecipano tutti coloro che credono in Lui e non conosceranno la morte in eterno. È la promessa che alimenta la nostra speranza. Anche tra le difficoltà di questa vita, ci conforta la certezza dell’immortalità. Carlo Caviglione