Domenica 10 luglio 2005

Isaia 55,10-11; Romani 8,18-23; Matteo 13,1-23

Da cristiani ci lamentiamo spesso di vivere in piena crisi di fede. Attorno a noi la desolazione dei non credenti o di coloro, pur battezzati, che si sono allontanati dalla Chiesa. Forse non teniamo in considerazione la parabola di questa domenica, nella quale un seminatore vede l’esito negativo di buona parte del suo seme. Come se l’avesse sprecato. Quel seme, che nella parabola è la parola di Dio non accolta, rifiutata o disattesa da molti.   IL SEME GETTATO. Più volte è stato rilevato il fatto, che Gesù è un eccellente, efficace predicatore. La sua parola è semplice ma penetrante, parte dal vissuto della gente e riesce comprensibile a tutti. Un modello per tanti predicatori che spesso non hanno la stessa sensibilità. Per farsi capire, Gesù parte da quella natura di cui i suoi ascoltatori fanno esperienza. Ama ricorrere spesso alla semplicità del lavoro palestinese: gli uccelli del cielo, i gigli del campo, i passeri, il sole e la pioggia, le nubi, il tramonto, il balenio dei lampi, il fico rigoglioso o secco, il seme, la spiga o l’albero, la vite, i cardi, i cani randagi, il tarlo e la ruggine, gli avvoltoi, i pesci, le pecore, le volpi, le vipere e persino lo scorpione bianco palestinese. Anche qui abbiamo l’immagine familiare di un seminatore che, come usava al tempo di Gesù, prima di arare, getta la semente un po’ dovunque. Non tutta cade sul terreno buono. Una parte va a finire sulla strada, un’altra sui sassi e una parte ancora tra le spine.   IL SEME È LA PAROLA. Non ci sono dubbi sull’interpretazione. Il seme indica la parola di Dio che Gesù stesso, il seminatore, è venuto a far conoscere nel mondo. A tutti, senza distinzione. Dove non è arrivato lui, ha voluto che fosse la sua Chiesa, missionaria e seminatrice. Il terreno, però, non si presenta tutto uguale. Ci sono situazioni e difficoltà diverse. Il seme gettato sulla strada non è giunto a maturazione, perché il maligno ha rubato ciò che era entrato nel cuore. Il seme caduto sul terreno sassoso ha subito la stessa sorte, perché chi aveva ascoltato la parola e l’ha accolta con gioia, non ha poi avuto costanza, appena giunta qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, se n’è scandalizzato. Anche il seme caduto tra le spine era stato accolto, “ma le preoccupazioni del mondo e l’inganno della ricchezza, hanno soffocato la parola, ed essa non ha dato frutto”. Non possiamo illuderci. Di fronte al seme – la parola di Dio –  si pone la nostra volontà, invitata a scegliere: accogliere o rifiutare. Quale la nostra scelta?   UN TERRENO DIFFICILE. Non possiamo certo illuderci sulle difficoltà del nostro tempo. È stato detto più volte che sul cammino della Chiesa, il problema più grave oggi è quello della evangelizzazione, che Giovanni Paolo II chiamava “nuova”, per la forma e per i contenuti. Ci sono forme che sono già cambiate e, quanto al contenuto, potrebbe essere molto efficace la conoscenza del recente “Compendio” del Catechismo della Chiesa Cattolica. Il Compendio, ha ricordato Benedetto XVI, consente “di cogliere la straordinaria unità del mistero di Dio, del suo mistero salvifico per l’intera umanità, la centralità di Gesù. l’Unigenito Figlio di Dio, fatto uomo nel seno della Vergine Maria”. Il Papa ha aggiunto: “All’auspicato rinnovamento dell’evangelizzazione possa contribuire questo Compendio, perché tutti i cristiani – ragazzi, giovani e adulti, famiglie e comunità – docili all’azione dello Spirito Santo, diventino, in ogni ambiente, catechisti ed evangelizzatori, aiutando gli altri ad incontrare Cristo”.   Carlo Caviglione