Battesimo del Signore – 8 gennaio

Isaia 55,1-11; 1Giovanni 5,1-9; Marco 1,7-11 Tre sono le manifestazioni nelle quali Gesù rivela la sua natura divina: la rivelazione di sé ai magi, il miracolo alle nozze di Cana e il momento del Battesimo nel Giordano. Si ode la voce del Padre che dice: “Tu sei il Figlio mio prediletto”. PIU’ FORTE DI ME. Giovanni il Battista ebbe la missione di preparare la venuta del Messia. Egli la annunciava con le parole, ma anche con un segno particolare: il battesimo di conversione. Chiunque voleva purificarsi andava alle acque del Giordano per compiere quel rito penitenziale.

Il penitente non conseguiva il perdono delle colpe, ma intendeva pentirsi dei peccati e prepararsi così alla venuta di Colui che il Battista annunciava.

Quanto poi all’identità del venturo Messia, Giovanni soleva dire: “Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale non sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo”.

Ecco la profonda distinzione tra i due battesimi, che producevano effetti ben differenti. Anche nel battesimo di Gesù, che abbiamo ricevuto, resta il segno dell’acqua come purificazione.

Vi si aggiunge però l’effetto più importante, che non si vede, quello prodotto dallo Spirito Santo che al neofita dà la vita nuova. Non c’è soltanto il perdono dei peccati, ma un nuovo stato di vita, rinascendo per opera dello Spirito come figli di Dio. BATTEZZATO DA GIOVANNI. “In quei giorni –scrive Marco – Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni”.

Il Figlio di Dio aveva trascorso circa trenta anni di nascondimento in uno sconosciuto villaggio della Galilea. Era giunta l’ora di inaugurare la sua missione in pubblico e sceglie le acque del Giordano. Davanti a Giovanni, in fila come gli altri, per un atto penitenziale, di cui non ha assolutamente bisogno.

Perché allora questa scelta, questo suo atteggiamento? San Paolo scrive che si fece in tutto simile a noi tranne che nel peccato. Ha voluto condividere sino in fondo la nostra natura umana, la fatica, la fragilità, la morte.

Vuole confondersi con la folla e condividere il loro desiderio, sincero, di purificazione. L’umanità di Gesù si esprimerà pienamente nei vari momenti della sua vita terrena. Abbiamo un Dio che non solo ci conosce, ma è venuto a vivere e a soffrire come uno di noi. È nostro fratello nel cammino della vita. UNA VOCE DAL CIELO. La natura divina di Gesù non è stata compresa da molti, che pure hanno visto i miracoli, le opere che davano conferma alle sue parole. Il suo vero essere Figlio di Dio è stato dichiarato espressamente, due volte, dalla voce del Padre.

L’hanno sentita le folle al momento del battesimo e Pietro, Giacomo e Giovanni dopo la trasfigurazione. Finalmente ci sarà la dichiarazione di un pagano: il centurione ai piedi della croce, vedendo morire Gesù esclama: “Veramente costui era il Figlio di Dio”.

Oggi è la professione della nostra fede in lui. Una fede che non può e non deve confondersi con nessun’altra. Da cristiani siamo rispettosi delle altre religioni. Ci sentiamo vicini ai fratelli monoteisti, che si riconoscono nell’unico Dio di Abramo.

Ci distinguiamo però nel fatto che in Gesù noi conosciamo e riconosciamo un Dio che si è fatto uomo e, per amore di noi uomini e per la nostra salvezza, ha scelto di morire sulla croce. Solo lui è risuscitato vivo dai morti, solo lui ci ha dato la dignità di essere figli di Dio.

Carlo Caviglione