Isaia 61,1-2.10-11; 1Tessalonicesi 5,16-24; Giovanni 1,6-8.19-28 Si avvicina il Natale. La Chiesa aiuta la nostra preparazione con la voce dell’ultimo dei profeti, Giovanni il Battista.
Egli è il testimone di Colui che deve venire, una voce che guida i nostri passi per giungere sicuri alla meta, che è Cristo, nostro Signore. MANDATO DA DIO. Prima della venuta di Gesù, Dio provvide a preparare Israele al grande incontro con suo Figlio. Furono i profeti ad assolvere a questo compito, a costo di non poche difficoltà, pagando di persona, talvolta persino con la morte. Gesù stesso ricorderà a Gerusalemme di “aver ucciso i profeti”.
L’ultimo a dare testimonianza del sangue sarà Giovanni, il Battista, definito da Gesù “il più grande dei profeti”. La sua testimonianza sarà quella di mettere la sua voce a servizio della verità e della giustizia, senza lasciarsi condizionare dagli avversari e dai potenti della terra.
Sant’Agostino scrive che alla voce sarebbe seguita la parola, Cristo. Ma una voce intanto può gridare, farsi ascoltare, dire da parte di Dio quelle verità che guidano alla salvezza. Giovanni, come gli altri profeti, era mandato da Dio.
È incaricato di una missione: quella di annunciare che il tempo è ora compiuto, la salvezza è vicina. Doveva, dice il Vangelo, “rendere testimonianza alla luce”, quella vera, che illumina ogni uomo. Cristo dirà appunto di se stesso: “Chi viene dietro a me non cammina nelle tenebre”. PREPARATE LA VIA. Alla domanda postagli dai sacerdoti e dai leviti “tu chi sei”, Giovanni non si dichiara neppure un profeta ma “voce di uno che grida nel deserto: preparate la via al Signore”. Questa è la sua missione, quella di essere il precursore, colui che va avanti per conto di uno che sta per venire.
La sua voce si farà sentire, e sarà confortata dalla sua testimonianza: dare la vita per Colui che lo aveva mandato. Dichiarando la sua identità, Giovanni nulla aggiunge al compito che gli è stato affidato.
La sua persona coincide esattamente con la sua missione, con un servizio che deve compiere. In altra misura e in diverse circostanze, è questo il ruolo di ogni credente. Nessuno può arrogarsi identità o compiti che siano al di sopra delle sue capacità, dovrà però essere in grado di compiere, nella Chiesa e nella società, la sua missione di testimone.
Come cristiani siamo chiamati a far trasparire, con le parole e con le opere, la luce di Cristo. Egli ha chiesto, infatti, ai suoi discepoli di essere “sale della terra e luce del mondo”. UNO CHE NON CONOSCETE. Mentre Giovanni fa sentire la sua voce e battezza con acqua, fa sapere ai suoi interlocutori che “in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo”.
L’annuncio del Cristo viene dato dal Battista in tutta umiltà. Neppure si ritiene degno di fargli il servizio più umile: sciogliere il legaccio del sandalo. Eppure a tanta grandezza corrisponde una situazione paradossale: sacerdoti e leviti non conoscono questo personaggio, che pure è in mezzo a loro. Una situazione che, possiamo dire con amarezza, si ripete ai nostri giorni.
Gesù è presente nel mondo, il suo Vangelo continua ad essere predicato, eppure il mondo non lo conosce. Se conoscesse lui, la sua verità e la sua vita, data per noi, certo il mondo sarebbe molto migliore. D’altra parte questa è proprio la missione della Chiesa, che Gesù ha lasciato nel mondo, come continuazione di se stesso. Il Cristo continuato e diffuso, diceva Bossuet.
Tocca oggi ai cristiani fare in mondo che il mondo giunga presto a conoscere Colui che è ogni giorno in mezzo a noi, fonte di grazia e di verità.
Carlo Caviglione