
C’è chi ha scritto che la seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia è stata una bella pagina ecclesiale. Avendola vissuta dal primo all’ultimo momento, sottoscrivo l’affermazione perché con bellezza non si intende perfezione e, nelle pieghe di ciò che rende bella un’esperienza, ci sono anche la fatica, l’errore, l’inciampo, il rialzarsi.
Così è stato per l’Assemblea con i suoi mille delegati diocesani che, all’apertura, hanno incontrato due difficoltà: l’eccessiva stringatezza dei testi delle 50 Proposizioni da emendare e il pochissimo tempo a disposizione per studiarle e farle oggetto di discernimento e proposta. Pochissimo sarebbe stato il tempo anche per elaborare gli emendamenti proposti e porre a votazione le nuove Proposizioni.
La critica da parte di molti dei 51 intervenuti è stata espressa con senso di responsabilità, rispetto e parresia. Anche l’ammissione dello scivolone è stata dello stesso tono: è stata una prova di onestà intellettuale e di amore alla Chiesa.
L’inciampo non è il crollo: il cammino è ripreso con lo stile della conversazione nello Spirito. Il discernimento nei gruppi e nei sottogruppi, in ognuna delle tre parti del testo, ha portato ad altrettante sintesi che, presentate in Assemblea, hanno avuto unanime consenso.
Segno anche questo di una sinodalità intesa e praticata come stile di una Chiesa fatta di relazioni fraterne, una Chiesa in dialogo con il mondo, una Chiesa in ascolto della Parola e delle parole, una Chiesa che desidera dire al mondo le ragioni della speranza che non delude.
Viene alla mente lo svolgimento delle giornate dal 31 marzo al 3 aprile 2025: la preghiera quotidiana, la testimonianza, il conversare dei gruppi, l’incontro tra i volti e la conoscenza delle loro storie, la gioia di sentirsi chiamati a una gratuità unita alla competenza, il varcare orante della Porta Santa. Solo la lettura dell’insieme di quelle giornate consente una valutazione libera da preconcetti e pregiudizi, di scorgere i segni di una conversione in fedeltà al Vangelo.
Il cammino sinodale continua con un supplemento d’anima che, inaspettatamente, questa Assemblea ha stimolato proprio per quell’inciampare e per quel riprendere il passo lasciandosi guidare dallo Spirito Santo: l’appuntamento per esprimere il voto sulle Proposizioni emendate dai delegati diocesani è per il 25 ottobre.
Su alcuni momenti dell’Assemblea non sono mancati i titoli e le notizie che hanno portato a riflettere su come rispondere con dignità a un’informazione che continua a leggere e raccontare il fatto religioso con le lenti e i tasti delle ideologie, della politica, della sociologia.
Mi ritrovo a rileggere l’editoriale del primo numero del Sir, in data 13 gennaio 1989: “Riteniamo che il fatto religioso anche dal punto di vista giornalistico sia molto complesso e chi lo legge debba essere soprattutto aiutato a comprenderlo nelle sue radici e nel suo significato profondo per trarne un libero giudizio”.
Viene richiesto un supplemento di competenza professionale: in questa direzione i media cattolici, settimanali diocesani compresi, sono stati e sono in prima linea, lo sono anche nella ricerca di un’alleanza permanente tra cartaceo e digitale.
Dai giornalisti la domanda passa però ai lettori e alle comunità: perché fermarsi a un’informazione che sta in superficie? Perché non avvertire il desiderio e la responsabilità di approfondire, di documentarsi, di ascoltare o leggere il pensiero di chi ha autorevolezza?
Sono domande antiche. Il cammino sinodale può essere una grande occasione per scoprire il legame tra comunicazione, cultura e fede. Per scoprire che la profezia cammina su queste tre strade tra loro connesse.