
“La misericordia cambia, la misericordia cambia il cuore”. Lo ha detto, a braccio, Papa Francesco, nella catechesi dell’udienza giubilare in Aula Paolo VI, gremita di fedeli al punto che si è dovuta svolgere contemporaneamente anche nella basilica di San Pietro, grazie ai maxischermi. E al termine dell’udienza, Francesco si è recato proprio in basilica per salutare i fedeli che hanno partecipato da lì alla seconda udienza giubilare dell’anno. Tra i saluti, un destinatario particolare è stato il pastore Giovanni Traettino, “grande amico”.
“Il Giubileo è per le persone e per la Terra un nuovo inizio; tutto va ripensato dentro il sogno di Dio”,
ha spiegato il Papa: “E sappiamo che la parola conversione indica un cambiamento di direzione. Tutto si può vedere, finalmente, da un’altra prospettiva e così anche i nostri passi vanno verso mete nuove. Così sorge la speranza, che mai delude”. “La Bibbia racconta questo in molti modi”, ha proseguito Francesco: “E anche per noi l’esperienza della fede è stata stimolata dall’incontro con persone che nella vita hanno saputo cambiare e sono, per così dire, entrate nei sogni Dio”. “Anche se nel mondo c’è tanto male, noi possiamo distinguere chi è diverso: la sua grandezza, che coincide spesso con la piccolezza, ci conquista”, ha osservato il Papa, secondo il quale “nei Vangeli,
la figura di Maria Maddalena emerge per questo su tutte le altre. Gesù l’ha guarita con la misericordia e lei è cambiata”.
“Quando noi sentiamo che lo Spirito Santo agisce nel nostro cuore, sentiamo che il Signore ci chiama per nome. Sappiamo distinguere la voce del maestro?”, ha chiesto Francesco nella catechesi, al centro della quale c’è stata la figura di Maria Maddalena. “Il Vangelo di Giovanni racconta il suo incontro col Risorto in un modo che ci fa pensare”, ha sottolineato il Papa: “Più volte è ripetuto che Maria si voltò. L’evangelista sceglie bene le parole! In lacrime, Maria guarda dapprima dentro il sepolcro, quindi si volta: il Risorto non è dalla parte della morte, ma dalla parte della vita. Può essere scambiato per una delle persone che incontriamo ogni giorno. Poi, quando sente pronunciare il proprio nome, il Vangelo dice che di nuovo Maria si volta”. “È così che cresce la sua speranza: ora vede il sepolcro, ma non più come prima”, ha commentato Francesco: “Può asciugare le sue lacrime, perché ha ascoltato il proprio nome: solo il suo Maestro lo pronuncia così. Il mondo vecchio sembra ci sia ancora, ma non c’è più”.
“Da Maria Maddalena, che la tradizione chiamò apostola degli apostoli, impariamo la speranza”,
perché “si entra nel mondo nuovo convertendosi più di una volta”: “Il nostro cammino è un costante invito a cambiare prospettiva. Il Risorto ci porta nel suo mondo, passo dopo passo, a condizione che non pretendiamo di sapere già tutto”. “Chiediamoci: io so voltarmi a guardare le cose diversamente? Ho uno sguardo diverso? Ho il desiderio di conversione?”, le domande del Papa, secondo il quale “un io troppo sicuro, un io troppo orgoglioso ci impedisce di riconoscere Gesù Risorto: anche oggi, infatti, il suo aspetto è quello di persone comuni che rimangono facilmente alle nostre spalle. Persino quando piangiamo e ci disperiamo, lo lasciamo alle spalle”.
“Invece di guardare nel buio del passato, nel vuoto di un sepolcro, da Maria Maddalena impariamo a voltarci verso la vita”,
la proposta: “Lì il nostro Maestro ci attende. Lì il nostro nome è pronunciato. Perché nella vita reale c’è un posto per noi, sempre e ovunque. C’è un posto per te, per me, per ciascuno. Nessuno può prenderlo, perché è stato pensato da sempre per noi”. “È brutto, come si dice nel parlato volgare, lasciare la sedia vuota”, ha aggiunto Francesco a braccio: “Ognuno può dire: io ho un posto, io sono una missione!”. “Pensate: qual è il mio posto? Qual è la missione che il Signore ci dà?”, l’invito ancora fuori testo ai presenti: “Ci aiuta a prendere un atteggiamento coraggioso nella vita”.
Al termine dell’udienza in Aula Paolo VI, il Papa ha salutato i pellegrini presenti e quelli collegati dalla basilica vaticana. “Oggi sono tanti, dobbiamo farlo in due posti diversi”, ha detto a braccio. Poi il saluto ai fedeli delle diocesi di Capua e di Caserta, venuti a Roma, con il loro pastore, mons. Pietro Lagnese, “anche per ricambiare la visita che ho avuto la gioia di compiere a Caserta il 26 luglio del 2014”. “Saluto con affetto il pastore Giovanni Traettino, grande amico”, ha aggiunto Francesco ancora a braccio: “Saluto i sacerdoti, le persone consacrate, gli operatori pastorali, le famiglie e tutti voi, con un deferente pensiero per le autorità civili. Desidero rinnovare il mio ringraziamento per la calorosa accoglienza che mi avete riservato in quella circostanza. Il ricordo di quell’evento, carico di significato ecclesiale e spirituale, ravvivi in ciascuno la volontà di approfondire la vita di fede e di essere sempre testimoni di speranza e operatori di pace”.