Non è certo inutile – anche se c’è chi potrebbe ritenerlo stucchevole, se non addirittura fastidioso -, anzi è da riconoscere come necessario e davvero benefico, il richiamo che i vescovi italiani rivolgono annualmente non solo ai cristiani, ma a tutta la società e ad ogni realtà operante in essa, sul compito di accogliere, promuovere, difendere la vita, nella giornata dedicata a questo tema fondamentale, che quest’anno coincide esattamente con il giorno e la festa di calendario da cui trae ispirazione, cioè il 2 febbraio, Presentazione di Gesù al tempio. Nel testo, intitolato chiaramente “Trasmettere la vita, speranza per il mondo” – facendo eco all’anno giubilare dedicato alla speranza e ispirato alla relativa Bolla di indizione “Spes non confundit” citata più volte -, reso noto alla vigilia dell’Avvento 2024, cioè nell’ultimo mese d’attesa per una nascita speciale, quella del Figlio di Dio fatto uomo, viene proposta una riflessione mirata, questa volta (a differenza di altri anni in cui si affrontavano anche altre problematiche connesse), quasi esclusivamente sull’accoglienza della vita nascente. Anzi, non solo sull’accoglienza del nascituro, sul dovere di promuoverne, custodire e difenderne l’esistenza fin dagli inizi e di crescerlo ed educarlo con amore; bensì, ancor prima, sulla valenza del compito stesso affidato da Dio all’uomo e alla donna di “trasmettere la vita”. Sembra infatti che proprio questo sia “in crisi” ed abbia bisogno di una specifica sollecitazione, in tempi nei quali – come ricordano con realismo i vescovi – si arriva a pensare che “sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli”, si registra “un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli”. Tempi nei quali – insistono, senza infingimenti – si rileva “un preoccupante processo di ‘sostituzione'” con “l’aumento esponenziale degli animali domestici, che richiedono impegno e risorse economiche, e a volte vengono vissuti come un surrogato affettivo”. Ebbene, anche questo è un preoccupante segnale di perdita di orizzonte, di una “mancanza di fiducia”, cui subentrano “l’angoscia per il futuro” e la “diffidenza” verso persone e istituzioni. Eppure, a ben pensare, tutti potremmo e dovremmo “condividere la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo dinanzi all’energia delle nuove generazioni”. Dunque, è urgente “rianimare la speranza”, le giovani coppie vanno incoraggiate “a non aver paura di mettere al mondo dei figli” che sono “speranza fatta carne”. E come stride la pretesa addirittura di un “diritto” all’aborto – si tratta, a mio avviso, di una delle più incomprensibili e antitetiche conquiste della “civiltà odierna”, esito che definirei giuridicamente blasfemo -, quando invece “la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano”. Per converso – anche questo affronta il messaggio – emerge in altri casi “il desiderio di diventare genitori a qualsiasi costo”, dimenticando che generatività e genitorialità non sono limitate alla procreazione. Appello, dunque, alla comunità cristiana e a tutti a diffondere una “cultura della vita” (non manca l’esplicita riconoscenza ai Centri di Aiuto alla Vita “che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini”!), a siglare una sorta di “alleanza sociale per la speranza” in un futuro segnato dal sorriso dei bambini che ispiri anche un impegno legislativo favorevole alla maternità, senza alcuna bandiera contrapposta. Tra i problemi più gravi che l’umanità deve affrontare per la sua sopravvivenza – mi viene da pensare -, se al primo posto si può collocare la minaccia nucleare e magari al secondo l’incombenza della crisi climatica, sicuramente va annoverato anche il cosiddetto “inverno demografico” che sta soffiando ormai un po’ in tutte le culture. La “speranza per il mondo” sta, infatti, anche e proprio nel “trasmettere la vita”. Non è perciò fuori luogo l’invocazione finale dell’aiuto di Dio “amante della vita”.
Vita è speranza
Non è certo inutile - anche se c'è chi potrebbe ritenerlo stucchevole, se non addirittura fastidioso -, anzi è da riconoscere come necessario e davvero benefico, il richiamo che i vescovi italiani rivolgono annualmente non solo ai cristiani, ma a tutta la società e ad ogni realtà operante in essa, sul compito di accogliere, promuovere, difendere la vita, nella giornata dedicata a questo tema fondamentale, che quest'anno coincide esattamente con il giorno e la festa di calendario da cui trae ispirazione, cioè il 2 febbraio, Presentazione di Gesù al tempio.