Quale Natale ci prepariamo a vivere? E quale anno nuovo? E quale Giubileo? Travolti da una spirale di guerra a tutti i livelli: economico, politico e anche culturale siamo spinti a considerare la guerra più accettabile, quasi normale, inevitabile, un pochino brutta, ma sicuramente un grande affare! Ma tutto questo non è compatibile con il Natale, con la nascita del principe della pace!
“È ora di passare a una mentalità di guerra”, ha affermato il segretario generale della Nato, Mark Rutte, lo scorso 12 dicembre, aggiungendo che è necessario aumentare la percentuale del Pil per le spese militari almeno al 3%, recuperando le risorse da pensioni, sanità e previdenza sociale.
Come non ricordare le parole di Papa Benedetto, la notte del Natale 2011, a commento della Lettura di Isaia, cap.9: “In questo nostro tempo, in questo nostro mondo, fa’ che i bastoni dell’aguzzino, i mantelli intrisi di sangue e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati, così che la Tua pace vinca in questo nostro mondo”.
E noi ci prepariamo a cantare “gloria a Dio… e pace in terra”. Ma quale pace?Forse dovremmo chiederci anche “quale Dio” aspettiamo? Quel Bambino che nasce nella stalla, (perché non c’era posto per loro) non risponde al “modello” di un Dio che a noi farebbe comodo e ci lascerebbe tranquilli e “in pace”. Ma Gesù nasce fuori dalla città e muore fuori dalla città. Rifiutato dai potenti della politica e della religione. Una religione che non apriva il cuore ma che alimentava la paura. A volte a catechismo si dice che Erode era un “Re fifone”. I sacerdoti, i sapienti leggono le scritture ma non hanno il cuore per accogliere quel Bambino… e alla fine stanno dalla parte del potente… e saranno loro a portarlo alla croce accusandolo di aver bestemmiato. L’apertura della Porta Santa, stasera per “entrare” nel Giubileo, ci chiede di sognare, volere, costruire lavorare per un mondo nuovo. “È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte?”, scrive Papa Francesco al n.8, della Bolla di indizione del Giubileo ordinario dell’Anno 2025, “Spes non confundit”.
Come prepararci allora a vivere un Giubileo senza ridurlo ad una questione di “turismo romano”? Ritornando alle origini. Ritornando al Vangelo. Riscoprendo il nostro Battesimo, abbattendo porte e muri che stanno invece crescendo anche nei nostri cuori oltre che sui confini tra Nazioni. Muri che ci chiudono nelle nostre pericolose paure, invece che aprirci all’incontro.
Nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2025, Papa Francesco scrive: “Il Giubileo ristabiliva la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita: nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia… Anche oggi, il Giubileo è un evento che ci spinge a ricercare la giustizia liberante di Dio su tutta la terra… ci sentiamo chiamati a farci voce di tante situazioni di sfruttamento della terra e di oppressione del prossimo. Tali ingiustizie assumono a volte l’aspetto di quelle che S. Giovanni Paolo II definì ‘strutture di peccato’”.
Sì, la guerra è una struttura di peccato!
Sempre nella notte di Natale il Vangelo di Luca riporta nomi e luoghi concreti, per ricordarci che Dio si è incarnato ed è entrato nella nostra storia: Cesare Augusto, Quirinio, Siria, Giuseppe, Galilea, Nàzaret, Giudea, Davide, Betlemme, Maria, pastori, gregge…
Sta a noi rendere vivo e attuale oggi quel Giubileo che parte da lontano. Sta a noi trovare oggi i nomi e i luoghi in cui vivere il Vangelo della pace e accogliere quel Bimbo che rischia di farci paura.
* consigliere nazionale di Pax Christi