Mons. Sapienza: “Senza il Cuore di Gesù non si comprende la Chiesa”

Nel suo ultimo libro, mons. Sapienza raccoglie i testi dedicati da Paolo VI al Sacro Cuore di Gesù, oggetto della quarta enciclica di Papa Francesco, “Dilexit nos”, appena pubblicata

Foto Calvarese/SIR

“Alla luce del Sacro Cuore, la missione diventa una questione d’amore, e il rischio più grande in questa missione è che si dicano e si facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con l’amore di Cristo che abbraccia e che salva”. Papa Francesco, nella sua quarta enciclica appena pubblicata, “Dilexit nos”, commenta così le parole che San Paolo VI rivolgeva alle Congregazioni che diffondono la devozione al Sacro Cuore, nella lettera “Diserti interpretes” del 25 maggio 1965. Per i due pontefici, il culto al Cuore di Gesù è la “sintesi” del Vangelo e della vita cristiana, come mostra nel suo ultimo libro – “Paolo VI. Il cuore parla al cuore” (Edizioni Viverein) – mons. Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, in cui l’autore raccoglie i testi dedicati al Cuore di Gesù nel magistero di Papa Montini, eletto al soglio di Pietro il 21 giugno 1963, festa del Sacro Cuore di Gesù, e proclamato santo da Bergoglio . “Nel cuore di Cristo – scrive Sapienza nell’introduzione al volume – Paolo VI ha invitato a vedere una scuola dell’uomo interiore, per imparare la ricchezza dei sentimenti, la compassione verso gli infermi, la predilezione per i poveri, la misericordia verso i peccatori, la tenerezza verso i bambini, la fortezza nella denuncia dell’ipocrisia, dell’orgoglio, della violenza, la mansuetudine di fronte agli oppositori, lo zelo per la gloria del Padre, e la gioia per i suoi disegni di grazia. E ha esaltato soprattutto il grande amore che sgorga inarrestabile: amore infinito verso il Padre, e amore sconfinato verso l’uomo”.

“Essere devoti ed essere vicini al cuore di Cristo – spiega Paolo VI per fugare ogni equivoco – non vuol dire straniarsi dal mondo in cui si è; non vuol dire entrare in un mondo molto diverso da quello nel quale realmente si vive: vuol dire invece penetrare questo stesso mondo, andare alle radici più profonde, donde noi dobbiamo tirare la nostra legge buona di vita e le forze per essere buoni e le grazie per mantenerci bravi e cristiani”.

Accostarsi al cuore di Gesù vuol dire comprendere che per i cristiani la legge del mondo è l’amore: “In un mondo che va perdendo la capacità di amare, man mano che perde la capacità di conoscere Dio, e facendo dell’uomo il centro supremo del suo pensiero e della sia attività, e divinizza se stesso, spegne la luce della verità, vulnera i motivi dell’onestà e della gioia, noi proclameremo la legge dell’amore che si sublima, dell’amore che sale, dell’amore che osa prefiggere a suo termine l’infinita bontà”, il compito urgente anche oggi,

“in un mondo che si divora nell’egoismo individuale e collettivo, e crea così gli antagonismi, le inimicizie, le gelosie, le lotte di interessi e le lotte di classe e le guerre, l’odio in una parola”.

Senza il Cuore di Gesù non si comprende la Chiesa, il passo ulteriore da compiere, perché “la Chiesa è nata dal Cuore aperto del Redentore e da quel Cuore riceve alimento”. “Siamo inseguiti da questo ineffabile, irrefrenabile amore”, scrive Paolo VI : “Siamo così conosciuti, ricordati, assediati da questo potente e silenzioso amore, che non ci dà tregua, che vuole a noi comunicarsi, che vuole da noi essere compreso, ricevuto, ricambiato. Tutto il cristianesimo è qui. Il cristianesimo è comunione della vita divina, in Cristo, con la nostra. Il cristianesimo è appropriazione di Dio; e Dio è carità, è amore”.

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