Ritessere fiducia

Del valore della fiducia e della sua custodia ce ne rendiamo conto, forse, solo quando viene infranta, specie se ciò assume la forma di abuso e violenza. È come uno strappo che fa passare da una relazione definita, apparentemente di benessere, a dei brandelli. Tale lacerazione nell’abuso investe non solo vittima e autore, ma il contesto nel quale ciò si consuma. Negli ultimi anni come Chiesa abbiamo preso coscienza che tale strappo ha attraversato e attraversa anche noi.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ogni uomo e donna che viene al mondo ha bisogno di sicurezza e reciprocità. Cosa consente di rispondere a questi bisogni fondamentali dell’umano, confermati anche dalle ricerche e dagli studi delle neuroscienze? La fiducia, come apertura all’altro e come essere degni dell’apertura dell’altro.

Essa è la qualità più delicata a cui educare le nostre relazioni, comprese quelle ecclesiali. Quanto siamo consapevoli nel quotidiano della fiducia che viene in noi riposta dagli altri, in ogni ambiente familiare, lavorativo, sociale ed ecclesiale? Del valore della fiducia e della sua custodia ce ne rendiamo conto, forse, solo quando viene infranta, specie se ciò assume la forma di abuso e violenza. È come uno strappo che fa passare da una relazione definita, apparentemente di benessere, a dei brandelli. Tale lacerazione nell’abuso investe non solo vittima e autore, ma il contesto nel quale ciò si consuma. Negli ultimi anni come Chiesa abbiamo preso coscienza che tale strappo ha attraversato e attraversa anche noi. È lacerazione di tutti e di ciascuno, è lo strappo che recide alla radice ciò a cui la fiducia porta noi credenti, la fede, e con essa il senso stesso della comunità, che si spacca inesorabilmente.

Ce lo aveva ben ricordato Benedetto XVI nella lettera ai cattolici d’Irlanda.

Ce lo ricordano le riflessioni offerte da vittime e loro familiari proposte per la prossima Giornata nazionale di preghiera e sensibilizzazione in programma per il 18 novembre.

Solo ascoltando chi porta su di sé la lacerazione possiamo con loro pregare e operare per una comunità che metta davvero al centro la persona, la sua tutela, così come quella della comunità medesima a cui tutti appartengono, vittima e abusatore.
Un ascolto che ci chiede di continuare a cercare di ritessere fiducia con il filo della prossimità e della cura. È ciò che vogliono offrire i Centri di ascolto, istituiti nelle Diocesi italiane per accogliere la persona e curarne la ferita, come Chiesa che cerca di fare tutto quanto le è possibile per ricercare verità e ripristinare giustizia. È la missione dei servizi diocesani: generare relazioni educative affidabili e fare della stessa comunità una casa sicura, fedele al Vangelo e all’uomo.

Ritessere fiducia quindi non come slogan celebrativo, ma impegno di una Chiesa che fa della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili una missione ordinaria, e non più emergenziale.

*Presidente Servizio Nazionale tutela minori e adulti vulnerabili Cei

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