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Papa in Indonesia: “Uniti nella diversità contro guerre e fondamentalismi”

Papa Francesco ha concluso la prima tappa del suo viaggio in Asia e Oceania esortando gli abitanti dell'Indonesia ad essere "seminatori di pace e di speranza" e a "fare chiasso".  L'incontro interreligioso nella più grande moschea asiatica e la firma della Dichiarazione congiunta di Istiqlal, per “sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza che affligge il nostro mondo”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Uniti nella diversità”. È il segreto del popolo indonesiano e nello stesso tempo l’indicazione di rotta al mondo per “contrastare l’estremismo e l’intolleranza”, “isolare le rigidità, i fondamentalismi e gli estremismi” e scongiurare conflitti e guerre, “alimentati anche dalle strumentalizzazioni religiose”. Nella prima tappa del suo viaggio apostolico in Asia e Oceania, il più lungo del pontificato, Papa Francesco ha tracciato un ritratto dell’Indonesia, arcipelago di 17.508 isole dove vive la maggioranza della popolazione musulmana mondiale, all’insegna dell’armonia delle differenze. Essere fratelli, ha spiegato durante l’incontro con il clero, citando la poetessa Wanda Szymborska, vuol dire essere “diversi come due gocce d’acqua”. “Come l’oceano è l’elemento naturale che unisce tutte le isole indonesiane, così il mutuo rispetto per le specifiche caratteristiche culturali, etniche, linguistiche e religiose di tutti i gruppi umani di cui si compone l’Indonesia è il tessuto connettivo indispensabile a rendere unito e fiero il popolo indonesiano”, l’omaggio del Papa ai “popoli diversi ma saldamente uniti in una sola nazione”, nel suo primo discorso pronunciato nel palazzo presidenziale di Giacarta e rivolto alle autorità. Al centro delle due giornate pubbliche indonesiane, la visita alla moschea Istiqlal, la più grande dell’Asia, dove si è svolto l’incontro interreligioso ed è stata firmata una Dichiarazione congiunta, cinque anni dopo l’analoga firma della Documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana, in cui si citano due gravi crisi – la disumanizzazione e il cambiamento climatico – e si evidenzia la responsabilità dei leader religiosi nella “promozione di una cultura di rispetto, dignità, compassione, riconciliazione e solidarietà fraterna” per “sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza che affligge il nostro mondo”. Subito prima, Papa Francesco e il grande imam, Nasaruddin Umar, hanno raggiunto insieme il “tunnel dell’amicizia”, che collega la cattedrale di Nostra Signora dell’assunzione e la Moschea Istiqlal, offrendo così un’immagine plastica di dialogo.

“Per favorire una pacifica e costruttiva armonia, che assicuri la pace e unisca le forze per sconfiggere gli squilibri e le sacche di miseria, che ancora persistono in alcune zone del Paese, la Chiesa cattolica desidera incrementare il dialogo interreligioso”,

ha assicurato Francesco nel suo primo discorso a Giacarta: “Si potranno eliminare in questo modo i pregiudizi e far crescere un clima di rispetto e fiducia reciproca, indispensabile per affrontare le sfide comuni, tra le quali quella di contrastare l’estremismo e l’intolleranza, i quali – distorcendo la religione – tentano di imporsi servendosi dell’inganno e della violenza”. La politica, per il Papa, deve avere come obiettivo l’armonia, “l’equità, il rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano, uno sviluppo sostenibile, la solidarietà e il perseguimento della pace, sia all’interno della società sia con gli altri popoli e nazioni”.

“Nel mondo attuale alcune tendenze che ostacolano lo sviluppo della fraternità universale”,

l’analisi di Francesco: “In diverse regioni constatiamo il sorgere di violenti conflitti, che sono spesso il risultato di una mancanza di rispetto reciproco, della volontà intollerante di far prevalere a tutti i costi i propri interessi, la propria posizione, o la propria parziale narrazione storica, anche quando ciò comporta sofferenze senza fine per intere collettività e sfocia in vere e proprie guerre sanguinose”. A volte poi, “si sviluppano violente tensioni all’interno degli Stati, per la ragione che chi detiene il potere vorrebbe tutto uniformare, imponendo la propria visione anche in questioni che dovrebbero essere lasciate all’autonomia dei singoli o dei gruppi associati”. Senza contare i casi in cui

“la fede in Dio viene continuamente posta in primo piano, ma spesso per essere purtroppo manipolata e per servire non a costruire pace, comunione, dialogo, rispetto, collaborazione, fraternità, ma per fomentare divisioni e accrescere l’odio”.

“L’esperienza religiosa sia punto di riferimento di una società fraterna e pacifica e mai motivo di chiusura e di scontro”, l’auspicio espresso  nel discorso pronunciato nella moschea Istiqlal: “Che tutti, tutti insieme, ciascuno coltivando la propria spiritualità e praticando la propria religione, possiamo camminare alla ricerca di Dio e contribuire a costruire società aperte, fondate sul rispetto reciproco e sull’amore vicendevole, capaci di isolare le rigidità, i fondamentalismi e gli estremismi, che sono sempre pericolosi e mai giustificabili”, l’esortazione del Papa, che ha chiesto inoltre ai presenti di “coltivare legami di amicizia, di attenzione, di reciprocità” e  di “marciare uniti nel perseguire qualche obiettivo, nella difesa della dignità dell’uomo, nella lotta alla povertà, nella promozione della pace”.

Le guerre e i conflitti sono “alimentati anche dalle strumentalizzazioni religiose”,

il grido d’allarme di Francesco, secondo il quale le religioni sono invece chiamate a

“sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza e a promuovere la riconciliazione e la pace”.

“Che nessuno ceda al fascino dell’integralismo e della violenza, che tutti siano invece affascinati dal sogno di una società e di un’umanità libera, fraterna e pacifica!”, il monito.

“Siate costruttori di pace e di speranza”,

la consegna dallo stadio di Giacarta durante la messa di congedo dall’Indonesia, in cui il Papa ha citato Madre Teresa di Calcutta: “Quando non abbiamo nulla da dare, diamogli quel nulla. E ricorda: anche se non dovessi raccogliere niente, non stancarti mai di seminare”. Infine, a braccio, l’invito a “fare chiasso”.

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