Papa Francesco: “Respingere i migranti è un peccato grave”

Papa Francesco ha interrotto il consueto ciclo di catechesi per dedicare la catechesi odierna al dramma dei migranti. Al termine, un appello affinché il Signore "dia pace ai tanti paesi in guerra"

(Foto Calvarese/SIR)

“Le rotte migratorie di oggi sono spesso segnate da attraversamenti di mari e deserti, che per molte, troppe persone – troppe risultano mortali. Per questo oggi voglio soffermarmi su questo dramma, questo dolore”. A denunciarlo è stato  Papa Francesco, che ha interrotto il consueto ciclo di catechesi per “pensare alle persone che – anche in questo momento – stanno attraversando mari e deserti per raggiungere una terra dove vivere in pace e sicurezza”. Due le parole al centro dell’appuntamento del mercoledì in piazza San Pietro: mare e deserto, due parole che “ritornano in tante testimonianze che ricevo, sia da parte di migranti, sia da persone che si impegnano per soccorrerli”, ha rivelato Francesco.

“C’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave”,

la denuncia: “il mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati”.

“Pensiamo ai paesi in guerra, ai tanti paesi in guerra”,

l’invito a braccio al termine dell’udienza: “Pensiamo alla Palestina, a Israele, alla martoriata Ucraina, pensiamo al Myanmar, a Nord Kivu e a tanti paesi in guerra”, ha proseguito Francesco: “che il Signore gli dia il dono della pace”.

“Il Signore oggi è con i nostri migranti nel Mare nostrum. Il Signore è con loro, non con quelli che li respingono”,

ha garantito il Papa a braccio. “Nell’epoca dei satelliti e dei droni, ci sono uomini, donne e bambini migranti che nessuno deve vedere”, il monito: “Li nascondono. Solo Dio li vede e ascolta il loro grido. E questa è una crudeltà della nostra civiltà”. Dio, invece, “attraversa il mare e il deserto; non rimane a distanza, condivide il dramma dei migranti. Dio è con loro, con i migranti, è lì con loro, soffre con loro, piange e spera con loro”.

“In quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci, e ce ne sono purtroppo”, il riferimento all’attualità. “Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato”, il grido d’allarme di Francesco: “Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, violenze, persecuzioni e da tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui. ”Pensate a tante tragedie dei migranti, a quanti muoiono nel Mediterraneo”, l’esortazione a braccio: “pensate a Lampedusa, a Crotone, quante cose brutte e tristi”.

Alla fine, l’omaggio ai “tanti buoni samaritani, che si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle rotte di disperata speranza, nei cinque continenti. Questi uomini e donne coraggiosi sono segno di una umanità che non si lascia contagiare dalla cattiva cultura dell’indifferenza e dello scarto, che uccide i migranti”. ”E chi non può stare come loro in prima linea”, ha detto Francesco citando Mediterranea Saving Humans e tante altre associazioni, “non per questo è escluso da tale lotta di civiltà: non possiamo stare in prima linea ma non siamo esclusi. Ci sono tanti modi di dare il proprio contributo, primo fra tutti la preghiera”. “Voi pregate per i migranti? Per questi che vengono nella nostra terra per salvare la vita? E voi volete cacciarli via?”, ha chiesto il Papa a braccio ai fedeli. “Uniamo i cuori e le forze, perché i mari e i deserti non siano cimiteri, ma spazi dove Dio possa aprire strade di libertà e di fraternità”, l’appello finale.

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