Il Salmo 18 invita con perentorietà ad innalzare lo sguardo perché lassù, in quello che sembra nero o color inquinamento, i cieli narrano la gloria di Dio.Ignorare la Scrittura è ignorare Cristo, possiamo dire che ignorare il cielo è ignorare Cristo? Forse è troppo, ma se una bellezza salverà il mondo allora c’è bellezza oltre questo mondo che non aspetta altro che collaborare alla nostra salvezza. Kosmos in greco significa tanto universo quanto ornamento, cogliamo l’ornamento dunque per comprendere meglio l’universo, il nostro posto, la nostra chiamata. Cogliamo l’amore che ci predilige così tanto da lasciarsi sfigurare, ma che nello stesso tempo balza per colline e dirupi dello spazio profondo per dipingere miliardi di anni luce di colori e forme di ogni sorta. Per dirsi Creatore, della terra perché del Cielo. Per dirsi Padre perché sta nei cieli. Fede e astronomia, per guardare con occhio più consapevole al di là di una finestra, dopo un tramonto, magari con un binocolo. Un giorno forse con un telescopio. In ogni caso in ascolto di Colui che fece le Pleiadi ed Orione, Colui che ha dato alla Vergine Madre che celebriamo in agosto un trono ed un manto di stelle.
In queste notti il cielo si adorna con uno dei più celebri asterismi: il triangolo estivo. Questo insieme è formato da tre stelle di primo piano, ciascuna residente in una costellazione distinta: Vega, Deneb e Altair. La brillante Vega troneggia nella costellazione della Lira, evidenziata da un parallelogramma di stelle di luminosità notevole che ne facilita l’identificazione. Scendendo nel cielo si incontra Deneb, il cui nome arabo significa “coda” e che segna la terminazione del Cigno. Infine, Altair si trova nell’Aquila, posizionandosi bassa sull’orizzonte nelle prime ore di buio dopo il crepuscolo.
L’apparizione di questo triangolo sul lato orientale del cielo segnala l’arrivo dell’estate astronomica. Man mano che le notti avanzano, l’asterismo sale sempre più alto nel firmamento, raggiungendo il punto più elevato durante il culmine dell’estate, in questi giorni dunque, per poi scendere verso l’orizzonte occidentale con l’approssimarsi della fine dell’autunno.
In verità, quelle stelle, la luce di quelle e di tutte le stelle, non esiste. Esistono delle onde elettromagnetiche, delle particelle che abbiamo chiamato fotoni e viaggiano alla velocità della luce. Ma il firmamento è avvolto in un’oscurità totale, è un universo immerso nel buio. L’esistenza della luce è condizionata dalla presenza di occhi e di un cervello capaci di convertire quelle onde elettromagnetiche in percezioni di luce. Il cervello umano fa questo. Le onde elettromagnetiche, per loro conto, non sono sinonimo di luce: il cosmo è immerso nelle tenebre e nel silenzio, poiché l’assenza di atmosfera equivale all’assenza di suoni. È solo con l’emergere dell’essere umano, capace non solo di vedere ma anche di interpretare queste luci attraverso le generazioni, che il cosmo si “illumina” e “parla”.
Esiste il firmamento perché esiste l’essere umano. I cieli narrano la gloria di Dio perché l’essere umano vivente – come scriveva sant’Ireneo di Lione – è la gloria di Dio.
Sì, siamo meglio di quello che raccontano le cronache, più di una medaglia e delle sue polemiche.
Articolo pubblicato originariamente su “Avvenire”