Democrazia e Costituzione. Flick: “Tutelare i più fragili, detenuti e migranti”

La sua attenzione ai luoghi della “marginalità” è corroborata da un gesto di grande significato simbolico: il presidente emerito della Consulta, Giovanni Maria Flick, ha messo la sua biblioteca privata professionale a disposizione dell’amministrazione penitenziaria ed è ora allocata nel carcere di Rebibbia

Foto Calvarese/SIR

(Trieste) “La centralità della persona fissata nella nostra Costituzione, per garantire un’eguaglianza effettiva, deve tener conto della diversità e della pari dignità sociale di ciascuno, e tutelare i più fragili, quali sono i detenuti e i migranti”. Fissa il punto Giovanni Maria Flick. Il presidente emerito della Consulta interverrà stamattina a Trieste alla tavola rotonda promossa dai giuristi cattolici su “Democrazia e Costituzione”, a confronto con altri tre ex presidenti della Consulta – Ugo De Siervo, Cesare Mirabelli e Giuliano Amato – e con Cesare Pinelli, ordinario di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma. E la tutela dei fragili è una sfida davanti alla quale occorre volare alti. Per questo, ricorrendo a una metafora sportiva “pre-olimpica”, Flick aggiunge: “Proporrò di far riferimento al salto con l’asta e non al lancio del martello”. La sua attenzione ai luoghi della “marginalità” è corroborata da un gesto di grande significato simbolico: Flick ha messo la sua biblioteca privata professionale a disposizione dell’amministrazione penitenziaria, ed è ora allocata nel carcere di Rebibbia.

Che messaggio ha voluto dare?

Che gli istituti di pena in una democrazia degna di tal nome – a maggior ragione come la nostra che mette al centro la persona e punta sull’umanità della pena – non sono lo “sgabuzzino” in cui tenere lo scarto della società. Allo stesso modo il destino finale dei libri non può essere il macero; la cultura è essenziale per contribuire a tenere aperta la finestra tra il “fuori” e il “dentro” e viceversa. Se il fine è rieducare chi ha sbagliato, gli istituti di pena non possono essere considerati il “toccasana” della sicurezza o – come si dice talvolta con infondato sarcasmo – un “albergo a 5 stelle”, e neanche un’alternativa ai servizi sociali. Sono invece un luogo qualificante del livello di democrazia di un Paese e non possiamo dimenticare che l’Italia, a dispetto di quanto scritto nella Costituzione, è stata condannata per il trattamento degradante inflitto ai detenuti, che diviene di frequente purtroppo concausa del diffuso clima di violenza e dei troppi casi di suicidio che si registrano in carcere.

La democrazia deve fare i conti con il modello autoritario dell’uomo forte che si impone anche al vertice delle superpotenze.

La strada è quella indicata dagli articoli 2 e 3 della Carta, che stabiliscono l’uguaglianza per tutti e la diversità di ciascuno. Esse sono la premessa di ogni democrazia e dei meccanismi per la sua realizzazione. Si traducono per tutti – cattolici e laici – nella consapevolezza dei valori e dei limiti della condizione umana e della responsabilità di ciascuno per contribuire sia al dialogo nel rispetto degli altri, sia al rifiuto dell’autoritarismo e “dell’uomo o donna forte”. Del resto il degrado delle relazioni che si manifesta nel carcere è diffuso anche nella vita quotidiana: dall’evasione scolastica all’astensionismo elettorale.

L’articolo 3, che chiede di rimuovere gli ostacoli per una vera uguaglianza dei diritti, è quanto mai attuale.

L’uguaglianza sui diritti inviolabili e sui doveri inderogabili di solidarietà sul terreno politico, economico e sociale impone nuove sfide per rendere effettivo e duraturo il godimento dei diritti, e per configurare nuovi doveri alla luce soprattutto della riforma dell’articolo 9, che nella tutela del patrimonio paesaggistico e del patrimonio storico e artistico della nazione ha inserito l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e le specie animali. La centralità della persona deve dar luogo, per un dovere di solidarietà fra i popoli e con le future generazioni, a un nuovo rapporto fra uomo e natura.

La riforma approvata dell’articolo 41 sulla libertà di impresa che orizzonti apre?

Queste nuove sfide impongono limiti più marcati anche per le imprese, in relazione alla transizione ecologica, ma anche per la transizione tecnologica. Una riflessione specifica si impone sull’intelligenza artificiale. Non può certo essere bloccata la ricerca, ma ci sono preoccupazioni di cui tener conto, indicate di recente anche dal Papa, per non mettere in pericolo la fruizione dei diritti.

La democrazia dell’uguaglianza fa i conti anche con il tema delle migrazioni. Che doveri indica la nostra Costituzione?

Si parla della tutela dei migranti in relazione allo status di rifugiati da riconoscere a chi fugge da guerre o persecuzioni. Ma il diritto di asilo non può limitarsi a questi casi, deve estendersi anche a chi non ha la possibilità di esercitare le sue libertà fondamentali nel suo Paese, prima fra esse la libertà di non morire di fame. Non basta manifestare l’intenzione di aiutarli a casa loro. Se gli aiuti tardano ad arrivare o vengono deviati, per lo straniero valgono, alla luce dell’articolo 10, gli stessi diritti del cittadino italiano, a partire dal suo diritto a sopravvivere alla fame.

Che valore ha per i cattolici impegnati il concetto di laicità?

A Trieste porterò gli esempi di due grandi protagonisti che hanno aperto la strada alla modernità: Federico II e San Francesco. Il primo arrivò al trono imperiale sostenuto dal Papa e fu in seguito scomunicato, ma noi possiamo ricordarlo come il fondatore dell’università di Napoli, un grande ateneo laico che favorì – in un’epoca di crociate – la crescita culturale e il pluralismo religioso in un proficuo dialogo con l’Islam in grande anticipo sui tempi. Il secondo, il “giullare di Dio”, con il Cantico delle creature ha portato la rivoluzione nella Chiesa e introdotto con largo anticipo il tema dell’eco-sostenibilità. Ma lo ha fatto sempre agendo in sintonia con il suo vescovo e con la Chiesa. Inoltre fu anche un grande operatore di pace, basti ricordare il suo l’incontro con il sultano Al-Malik. Sono due grandi figure contemporanee, vicine e attuali; hanno saputo interpretare ciascuno a suo modo il loro tempo con grande anticipo, e con una laicità che non ha niente a che vedere con il laicismo. Laicità vuol dire rispetto del pluralismo e saper agire nel rispetto della realtà. Due sfide, il pluralismo e il rapporto con la realtà, che sono di grande attualità per l’impegno dei cattolici, oggi.

(*) Avvenire

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