“Roma è unica”. Lo ha ripetuto Papa Francesco, nella sua seconda visita in Campidoglio, dopo quella del 26 marzo 2019. Roma, “città dallo spirito universale”, che deve continuare ad essere “faro di civiltà e promotrice di pace”, forte della sua millenaria tradizione di carità, ospitalità e accoglienza. Soprattutto alla vigilia del Giubileo, che “potrà avere una ricaduta positiva sul volto stesso della città, migliorandone il decoro e rendendo più efficienti i servizi pubblici, non solamente nel centro ma favorendo l’avvicinamento tra centro e periferie”.
“Vengo a incontrare voi e, tramite voi, l’intera città, che pressoché dalla sua nascita, circa 2.800 anni fa, ha avuto una chiara e costante vocazione di universalità”,
l’esordio del discorso nell’Aula Giulio Cesare, che da oggi ospita una targa intitolata alla seconda visita del quarto papa nella storia a salire sul Colle capitolino. “Per i fedeli cristiani questo ruolo non è stato frutto del caso, ma è corrisposto a un disegno provvidenziale”, ha sottolineato Francesco, tratteggiando il ritratto della Roma antica che incopntra il messaggio cristiano, grazie alla “fulgida testimonianza dei martiri” e al “dinamismo di carità delle prime comunità di credenti: l’Olimpo non bastava più, bisognava andare sul Golgota e presso la tomba vuota del Risorto per trovare le risposte all’anelito di verità, di giustizia, di amore”. “Anche raffinate civiltà possono presentare elementi culturali così radicati nella mentalità delle persone e dell’intera società da non essere più avvertiti come contrari alla dignità dell’essere umano”, il riferimento alla schiavitù:
“Fatto che si verifica anche ai nostri giorni, quando, quasi inconsapevolmente, si rischia a volte di essere selettivi e parziali nella difesa della dignità umana, emarginando o scartando alcune categorie di persone, che finiscono per ritrovarsi senza adeguata protezione”,
il monito. Alla Roma dei Cesari è così succeduta la Roma dei Papi, successori dell’Apostolo Pietro, “che presiedono nella carità a tutta la Chiesa e che, in alcuni secoli, dovettero anche svolgere un ruolo di supplenza dei poteri civili nel progressivo disfacimento del mondo antico”. “E alcune volte con comportamenti non felici”, la denuncia a braccio. Nei secoli, “molte cose cambiarono, ma la vocazione all’universalità di Roma venne confermata ed esaltata”. Il Concordato “ha riaffermato che Stato italiano e Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti e alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”, ha ricordato il Papa menzionando la questione romana.
Al cuore del discorso, il Giubileo del 2025 , un evento “di carattere religioso, un pellegrinaggio orante e penitente” che però “non può non coinvolgere anche la città sotto il profilo delle attenzioni e delle opere necessarie ad accogliere i tanti pellegrini che la visiteranno, aggiungendosi ai turisti che vengono ad ammirare il suo immenso tesoro di opere d’arte e le grandiose tracce dei secoli passati”.
L’appuntamento del prossimo anno, per Francesco,
“potrà avere una ricaduta positiva sul volto stesso della città”,
migliorandone il decoro e rendendo più efficienti i servizi pubblici, non solamente nel centro ma favorendo l’avvicinamento tra centro e periferie”. “Questo è molto importante, perché la città cresce, e per questo mi piace andare a periferie, perché sentano che il vescovo è vicino”, ha spiegato a braccio, ringraziando poi le autorità comunali e il governo italiano per l’impegno finalizzato alla buona riuscita dell’evento giubilare, “confermando la volontà di amichevole collaborazione che caratterizza i reciproci rapporti tra Italia e Santa Sede”. “Che sono rapporti umani”, la sottolineatura a braccio: “Tante volte la meschinità umana può portarci a pensare che i rapporti sono solo dei soldi: no, questo è secondario”.
Per il Giubileo, l’auspicio è che “pellegrini, turisti, migranti, quanti si trovano in gravi difficoltà, i più poveri, le persone sole, quelle malate, i carcerati, gli esclusi siano i più veritieri testimoni di questo spirito”. “Per questo ho deciso di aprire una Porta Santa in un carcere”, ha aggiunto il Papa a braccio: “l’autorità è pienamente tale quando si pone al servizio di tutti, quando usa il suo legittimo potere per venire incontro alle esigenze della cittadinanza e, in modo particolare, dei più deboli, degli ultimi”, l’auspicio a partire dalla necessità della “vicinanza al popolo di Dio”.
“Continui Roma a manifestare il suo vero volto, un volto accogliente, ospitale, generoso, nobile”,
l’appello in vista del Giubileo: “L’enorme afflusso nell’Urbe di pellegrini, turisti e migranti, con tutto ciò che significa in termini di organizzazione, potrebbe essere visto come un aggravio, un peso che frena e intralcia lo scorrere normale delle cose. In realtà, tutto questo è Roma, la sua specificità, unica al mondo, il suo onore, la sua grande attrattiva e la sua responsabilità verso l’Italia, verso la Chiesa, verso la famiglia umana. Ogni suo problema è il ‘rovescio’ della sua grandezza e, da fattore di crisi, può diventare opportunità di sviluppo: civile, sociale, economico, culturale. L’immenso tesoro di cultura e di storia adagiato sui colli di Roma è l’onore e l’onere della sua cittadinanza e dei suoi governanti, e attende di essere adeguatamente valorizzato e rispettato”. “Non dimentichiamo che l’origine di Roma è un rinascimento tra le rovine di Troia”, il monito a braccio.
“Rinasca in ciascuno la consapevolezza del valore di Roma, del simbolo che essa rappresenta in tutti i continenti”,
l’appello finale: “la Salus Populi Romani vegli sulla città e sul popolo di Roma, infonda la speranza e susciti la carità, affinché, confermando le sue più nobili tradizioni, continui ad essere, anche nel nostro tempo, faro di civiltà e promotrice di pace”.