A Venezia, città della bellezza, Papa Francesco – il primo Pontefice a visitare una Biennale – ha voluto come prima cosa guardare con i suoi occhi, come esorta a fare il Padiglione della Santa Sede, i volti commossi e emozionati delle detenute del carcere femminile della Giudecca: “avete un posto speciale nel mio cuore”. Poi l’incontro con gli artisti, con l’invito a fare dell’arte una “città rifugio”. Dopo aver raggiunto in motovedetta la basilica di Santa Maria della Salute – la cui icona così cara ai veneziani è stata poi eccezionalmente trasportata in piazza San Marco – Bergoglio ha dialogato con i giovani, esortati ad alzarsi dal divano e ad essere generatori di novità, pensando ai padri e alle madri che saranno. L’invito finale dell’omelia ha richiamato la suggestiva immagine del ponte di barche attraversato da Francesco in golf-car per raggiungere una delle basiliche più suggestive al mondo: Venezia, città delle acque, sia “segno di bellezza accessibile a tutti, terra per fare fratelli”.
“Nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!”.
È il monito, a braccio, del Papa, nel suo primo discorso a Venezia, rivolto alle detenute del carcere femminile della Giudecca. “Il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza”, l’analisi di Francesco: “Però può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è messa in isolamento, ma promossa”. “Allora, paradossalmente, la permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo”, la proposta: “Può diventare come un cantiere di ricostruzione, in cui guardare e valutare con coraggio la propria vita, rimuoverne ciò che non serve, che è di ingombro, dannoso o pericoloso, elaborare un progetto, e poi ripartire scavando fondamenta e tornando, alla luce delle esperienze fatte, a mettere mattone su mattone, insieme, con determinazione”.
“Non isolare la dignità, ma dare nuove possibilità!”,
l’invito di Francesco, secondo il quale è “fondamentale che anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento”.
“Il mondo ha bisogno di artisti”.
Nella chiesa della Maddalena alla Giudecca, incontrando gli artisti, il Papa ha auspicato che “le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come
una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa fobia dei poveri”.
“Immaginate città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo”, la consegna per gli artisti, insieme a quello a distinguere l’arte dal mercato e a valorizzare il contributo delle donne.
“Il nostro Dio ci sorprende sempre, è molto importante essere preparate alle sorprese di Dio!”, l’esordio a braccio nel dialogo con i giovani alla Salute. “Alzarsi per stare in piedi di fronte alla vita, non seduti sul divano”, il primo invito. “Quando ti senti così, per favore, cambia inquadratura”, la ricetta per superare i momenti grigi: “non guardarti con i tuoi occhi, ma pensa allo sguardo di Dio. Dio sa che, oltre a essere belli, siamo fragili, e le due cose vanno insieme: un po’ come Venezia, che è splendida e delicata al tempo stesso, ha qualche fragilità che deve essere curata”. L’altro segreto, per Francesco, è la costanza, in un mondo in cui “si vive di emozioni veloci, di sensazioni momentanee, di istinti che durano istanti”.
“Usa il cellulare, ma incontra le persone”,
l’indicazione di rotta: “Un giovane che non sente la capacità di innamorarsi o essere amorevole con gli altri ha qualcosa che gli manca. Quando sarete sposati e avrete un figlio o una figlia, avrete fatto qualcosa che prima non c’era.
Pensate dentro di voi ai figli che avrete: non siate professionisti del digitale convulsivo, ma siate creatori di novità”.
“Venezia è un tutt’uno con le acque su cui sorge, e senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere”. E’ la fotografia del Papa, nell’omelia della Messa presieduta in piazza San Marco, davanti a quasi 11mila persone. “Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano”, il grido d’allarme di Francesco:
“i cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”.
“Portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo”, il compito affidato ai cristiani: “frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole; scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano: abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi”. “E Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune”, la consegna finale: “terra che fa fratelli”.