“La comunicazione e l’informazione hanno sempre bisogno di quel di più che sfugge a qualsiasi tecnica. Tutti sono chiamati a essere protagonisti e mai spettatori di ciò che avviene, soprattutto se c’è un forte impatto sulla vita sociale”. Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei, presenta il volume “Meravigliose invenzioni. Inter mirifica sessant’anni dopo” che ha curato per Scholé (Editrice Morcelliana).
Perché, dopo 60 anni, è ancora attuale il decreto Inter mirifica?
Ci sono eventi storici che, per la loro forza propulsiva, imprimono una discontinuità nel vissuto personale e comunitario. Sono quei passaggi che rappresentano una sorta di cesura tra ciò che è stato e ciò che sarà, prefigurazione del futuro nella ricchezza del passato. Così è stato nelle Chiese in Italia dopo la promulgazione del decreto Inter mirifica. Questo documento, alla luce degli sviluppi odierni, potrebbe apparire superato. Eppure, nell’ambito comunicativo ecclesiale, tutti i progressi raggiunti sono figli proprio di quel testo e si intrecciano, nel mondo intero, con una diversa comprensione e strutturazione ecclesiologica apportata dal Concilio Vaticano II. Questo è avvenuto anche in Italia, ad esempio, con una nuova concettualizzazione della “comunicazione”.
Con Inter mirifica si è avviato un dialogo con i media, e non più soltanto sui media, che è proseguito fino ad oggi…
C’è un cambiamento sostanziale esplicitato nella titolazione del Decreto “sugli strumenti di comunicazione sociale” che determina un’estensione più che concettuale su elementi considerati come segmenti: giornale, cinema, radio, televisione. Tutti fanno comunicazione sociale e hanno a che fare con la cultura, in quanto, impattando sulle persone, influenzano e determinano costumi e pensieri.
Inter mirifica segna il fondamentale passaggio da una concezione ludica della realtà comunicativa (fino ad allora inclusa in una dimensione ricreativa) a una comprensione che abbraccia tutte le iniziative già esistenti, in modo particolare stampa e cinema, e ne progetta di nuove.
La Chiesa è allarmata dal progredire tecnologico o vuole coglierne le opportunità?
La meraviglia suscitata dallo sviluppo tecnologico si traduce sempre in quell’attenzione educativa ormai codificata come doppia pedagogia: valorizzazione delle innovazioni e richiami morali e formativi. Questo è evidente, ad esempio, leggendo i messaggi per la Giornata mondiale che, nel corso del tempo, hanno offerto spunti importanti sulle molteplici dimensioni della comunicazione, accompagnando anche passaggi storici. Con una lettura spesso diacronica rispetto al contesto, l’invito alla comprensione diventa criterio ermeneutico per una presenza significativa che sappia coniugare fiducia e prudenza. Lo slancio verso le nuove conquiste, in grado di raggiungere le persone lì dove vivono, è sempre unito alla questione etica, per favorire il loro corretto utilizzo. È un filo rosso che, dai primissimi anni del XX secolo, attraversando anche il Concilio Vaticano II, arriva fino a oggi.
Nell’ultimo messaggio per la Giornata mondiale, il Papa spiega che l’uso dell’intelligenza artificiale potrà contribuire positivamente nel campo della comunicazione “se restituirà ad ogni essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, della comunicazione stessa”…
Il Papa ci ricorda che la comunicazione e l’informazione hanno sempre bisogno di quel di più che sfugge a qualsiasi tecnica e che tutti, nessuno escluso, sono chiamati a essere protagonisti e mai spettatori di ciò che avviene, soprattutto se c’è un forte impatto sulla vita sociale e, ancora prima, sulla stessa umanità. Lo sottolineava anche il decreto Inter mirifica, il cui titolo – Tra le meraviglie -, oltre che una constatazione, esprime anche una collocazione ben precisa, una sorta di personalizzazione: ciascuno, con il proprio impegno, può porsi tra le meravigliose invenzioni tecniche. Ma perché esse siano tali, cioè meravigliose, servono il proprio contributo specifico e la propria testimonianza
Il dibattito incivile, cui spesso si assiste, volto a demonizzare e screditare l’altro, è la contro-comunicazione, negazione della meraviglia.
Servono invece quelle connessioni che sono ponti attraverso cui snodare la storia nell’oggi. In quest’ottica, entrare in contatto, al di là delle piattaforme, significa trasmettere la propria narrazione all’altro.