Ciascuna persona umana ha una dignità infinita, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi. Parte da questa consapevolezza la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede “Dignitas infinita circa la dignità umana”, pubblicata l’8 aprile. Questa dignità riguarda ogni sfaccettatura della persona, ma purtroppo subisce violazioni, quando è toccata da povertà, guerra, traversie che devono affrontare i migranti, tratta, violenze contro le donne, aborto, maternità surrogata, eutanasia e suicidio assistito, scarto dei diversamente abili, teoria gender, cambio di sesso, violenza digitale. Ne parliamo con don Maurizio Patriciello, parroco a Caivano.
La dichiarazione parla di “dignità infinita”…
Un documento importantissimo, come dimostra anche il fatto che la riflessione sia stata in incubazione cinque anni. La Chiesa si pone in ascolto di tutte le sofferenze del mondo, anche di quelle che sono “fuori moda”, di cui il mondo non ama parlare. Ecco lo considero un documento importante non solo per la vita della Chiesa, perché risponde non solo a problemi all’interno della Chiesa, ma offre uno sguardo globale sull’umanità.
La Dichiarazione cita diversi tipi di violazioni…
Quando si parla delle violazioni della dignità, si parte dalla povertà: basti pensare a tutte le povertà indotte, le povertà che noi stessi abbiamo procurato per il nostro egoismo. Si parla delle guerre: noi oggi stiamo vivendo due guerre spaventose, terribili, a due ore di aereo dall’una e dall’altra guerra, quasi ci sembra di sentire fisicamente i lamenti dei bambini in Ucraina e nella Striscia di Gaza. Si parla dei migranti: sappiamo che dal punto di vista politico ci siamo schierati, quasi come se una persona che sta annegando in mare possa avere un colore politico. Si parla degli abusi sessuali e della violenza sulle donne: solo in Italia 100/120 donne vengono uccise in modo brutale dai loro partner ogni anno. Si tocca il dramma dell’aborto: nei giorni scorsi mi hanno portato una bambina, che era stata sul punto di essere gettata nella fogna. La mamma aveva già preso appuntamento per abortire, nessuno le era stato accanto. La prima parte della legge 194 non viene quasi mai osservata. Non ci sono dubbi: il corpo della donna le appartiene, ma dobbiamo avere uno sguardo più globale. Addirittura Facebook esclude le immagini sugli aborti. Io sono l’ultimo di cinque figli maschi. La mia mamma poteva dire: “Ho già quattro figli, mi bastano”. Il pensiero che sarei potuto finire in una fogna mi fa letteralmente inorridire e quindi non finirò mai di ringraziare i miei genitori anziani, poveri, che mi hanno voluto. Solo l’anno scorso nel mondo ci sono stati 42 milioni e 600mila aborti accertati, non sappiamo di quelli illegali. Sull’aborto si dicono tante bugie: le donne che lo fanno, per svariati motivi, si portano nella tomba questo dolore. E ancora altre violazioni: eutanasia, suicidi assistiti. E come dimenticare l’utero in affitto? La prima menzogna parte propria dalla terminologia. La donna non affitta un utero, quando c’è la gravidanza, è coinvolta tutta la donna, tutta la sua femminilità, la sua dignità. La maternità non è qualcosa di aggiunto, lo stesso corpo si deforma e si fa da parte per accogliere questa vita. Se anche la maternità diventa motivo di commercio siamo arrivati alla frutta. La cosa più terribile è si vuol far passare questa vergogna come atto di amore. Insomma, il documento ha messo il dito in tante piaghe.
E nessun aspetto è meno importante di un altro…
La Dichiarazione parla della dignità ontologica: il “pacchetto” o lo accogli nella sua totalità o cade tutto.
Se vai a manomettere le fondamenta della dignità ontologica, si può arrivare a fare di tutto a categorie di persone che erroneamente sono considerate senza dignità o che l’hanno persa: il feto con una malformazione, la nonna con l’Alzheimer, il vecchietto con la demenza senile, malati di patologie incurabili. L’altro giorno sono stato all’ospedale Monaldi nel reparto della Sla, dove ci sono persone che comunicano guardando un computer: non hanno dignità neppure loro? Ma allora cos’è la dignità? Il documento dice una cosa importante: la dignità non ti viene concessa da qualcuno, non è lo Stato che ti concede la dignità. No, viene riconosciuta la dignità ontologica di ciascuno, non è concessa.
Quali sono i rischi se non accogliamo questa verità?
Pensiamo a un gioco di fantasia. Prendiamo cento persone e ciascuno dica quale aspetto della dignità umana non considera importante. Come succede per i dieci comandamenti, dei quali ognuno potrebbe considerare 9 validi e un altro, che maggiormente lo scomoda, metterlo da parte, così nel nostro ipotetico gioco di fantasia, uno potrebbe non voler considerare l’aborto come un’offesa alla dignità, un altro vuole essere libero di morire nel momento che sceglie, altri hanno in odio l’immigrazione e non accettano neanche gli appelli del Papa a non lasciar morire in mare i migranti. E, man mano, ognuno toglie qualche aspetto che lede la dignità: alla fine lasciamo che cosa? Manomettiamo tutta la struttura della persona umana, passando dalla dignità umana a quella che potremmo definire una libertà personale, secondo la quale decido io che cosa è dignitoso e cosa non lo è. Ma allora sorge una domanda: tutto è così relativo? Decido io cosa è dignitoso per la mia vita? Indicare le violazioni della dignità non vuol dire non mettersi in ascolto della persona, del grido che viene dal singolo, ma ricordare che quando si comincia a manomettere la struttura non mancano i danni. Se un albero è molto alto deve avere radici profonde per non essere abbattuto dal vento, così un palazzo alto deve avere fondamenta molto solide, altrimenti diventa un pericolo. Andando a costruire presunti diritti, per esempio il diritto ad avere un figlio a tutti i costi, corriamo il rischio di ledere la dignità della persona, nella sua integrità. Ogni aspetto della dignità citato nel documento, che ha uno sguardo ampio, ha la stessa radice. Un’ultima osservazione.
Ci dica…
Ritorno alla mia visita nel reparto della Sla: una signora attraverso il computer mi ha detto pace e bene, mi ha fatto una grande tenerezza. Sono tornato dall’ospedale vergognandomi dei miei lamenti. Rimane il mistero, noi nuotiamo nel mistero: la sofferenza è un mistero, la vita è un mistero, nascere per morire è già un mistero. Dove trovare un punto d’incontro tra chi crede e non crede? Se non è la persona umana nella sua dignità il terreno comune su cui ci possiamo ritrovare credenti, miscredenti, diversamente credenti e atei, dove ci possiamo ritrovare? Non credo che esista un altro terreno comune:
la persona umana è quel terreno sacro davanti al quale ci togliamo le scarpe.
Chi crede è molto avvantaggiato perché nella persona umana vede l’immagine di Dio, ma anche per chi non crede la persona umana ha un immenso valore.