Gesù, dopo la condanna a morte, è condotto dai soldati verso il Golgota. Lungo il cammino vi è tanta gente. Molti dei presenti lo insultano, alcuni rimangono in silenzio, altri piangono, perché hanno visto in Lui l’opera di salvezza attraverso il perdono, la guarigione, la commozione, la compassione, l’incoraggiamento.
Cammina sulla strada percosso e schernito e non si difende: “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca” (cfr. Is 53,7). Lo deridono e lo insultano con il titolo di “Re dei Giudei” ed Egli non proferisce parola.
Tra coloro che lo accompagnano, oggi a volte ci siamo anche noi, spesso sfidandolo, perché vorremo che le nostre storie andassero in modo diverso, a tal punto da mettere in dubbio che il Signore esista veramente.
Durante il tragitto dona uno sguardo di misericordia. Da mite risponde ai detrattori con il silenzio, per portare fino in fondo la missione affidata dal Padre, lasciandosi crocifiggere per puro amore gratuito per l’umanità.
Maria, la madre del Figlio di Dio, è sotto la croce, insieme con Maria di Cleofa, con Maria di Magdala e con Giovanni, il discepolo che Egli amava, al quale affida sua madre. Ella come Gesù aderisce al progetto del Padre senza condizioni. Il dono di sé senza fine si conclude per il Figlio sulla croce, nel momento in cui, chinato il capo spirò, dopo aver detto a gran voce: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23,46), e per Maria nel silenzio profondo avvolta dal dolore, abbandonata solo tra le braccia di Dio.Come il Figlio non inveisce contro nessuno, rimane in contatto con il suo dolore sotto la croce di Gesù ormai morto: non parla, soffre con Lui. Mentre Giuda l’ha tradito, Pietro l’ha rinnegato, gli altri sono fuggiti, ella rimane in piedi con il cuore trafitto e con lo sguardo d’amore rivolto verso il Figlio.
Ma è proprio tutto finito?
Sembra che per Maria il momento dell’annunciazione e il momento della morte di Gesù coincidano. Tutto è opera di Dio: forse non riesce a capire l’accadimento, ma continua a fidarsi di Lui, a credere che tutto ciò che avviene è per la realizzazione di un progetto d’amore che la supera.
Maria, facendo memoria delle promesse dell’Altissimo, non può rimanere delusa, perché vive nella fede. Ella crede che il Dio della vita non può lasciare morire definitivamente il suo progetto d’amore per l’umanità, che qualcosa di grande sarebbe accaduto, che la morte non poteva avere l’ultima parola.
L’esperienza di Maria ci porta a verificare il nostro vissuto di credenti lungo il nostro cammino di ogni giorno.
Se Gesù Cristo e il Vangelo sono il senso della nostra esistenza, come viviamo la fede nel quotidiano? Quale testimonianza di fede offriamo ogni giorno alle persone che incontriamo?
Il silenzio del sabato santo ci apre nuovi orizzonti di vita. Ci immette in un cammino verso l’eternità, perché è il giorno in cui siamo invitati a scegliere se vivere ogni momento per noi stessi o per Cristo.
Il silenzio di Gesù nel sepolcro ancora oggi ci interroga e attende delle risposte personali e comunitarie. Crediamo che il Figlio di Dio ha vinto la morte?
Dalla risposta capiamo se le nostre morti quotidiane sono senza vita o sono illuminate dalla speranza donata da Cristo.
Durante il sabato santo da cristiani siamo chiamati a vivere il tempo dell’attesa. Mentre Gesù aspetta il nostro sì per affidarci la sua missione, per diffondere ovunque con le opere l’amore di Dio, noi nelle ore più buie possiamo sperimentare che il Figlio di Dio ci ama come siamo, ha fiducia in noi, conta su ciascuno, nonostante le nostre fragilità. Nella fede Egli ci invia, dopo il nostro sì, ad essere testimoni della sua Risurrezione.
Forse in questo tempo stiamo facendo delle cose per Dio: incontri, convegni, rappresentazioni…ma pare, a volte, che il grande assente nelle nostre storie è il Signore!
Che cosa ci impedisce e che cosa ci aiuta a seguire con fede Gesù nel quotidiano, per essere testimoni del Risorto?