“Padri non si nasce, lo si diventa”. Si conclude così la lettera apostolica Patris Corde, con la quale Papa Francesco – in piena pandemia, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021 – ha indetto uno speciale anno dedicato a quello che lui definisce “il custode della Chiesa” e per il quale nutre da sempre una particolare devozione, come ha rivelato fin dalla messa di inizio del suo ministero petrino, esattamente undici anni fa. È a San Giuseppe, infatti, che il Papa argentino deve la data della sua vocazione sacerdotale: era il 19 marzo 1953 quando nella chiesa di San José di Buenos Aires il diciassettenne Jorge Mario Bergoglio scopre la vocazione al sacerdozio. Ed è con San Giuseppe che ha una consuetudine quotidiana di preghiera, anche grazie alla statuetta di San Giuseppe dormiente che è ora nel suo appartamento a Casa Santa Marta ma che risale all’epoca in cui risiedeva nel Collegio San Miguel, di cui era rettore. “Sulla mia scrivania ho un’immagine di San Giuseppe mentre dorme”, ha rivelato il Papa: “E quando ho un problema o una difficoltà io scrivo un biglietto su un pezzo di carta e lo metto sotto la statua di San Giuseppe affinché lui possa sognarlo. Ma come san Giuseppe, una volta ascoltata la voce di Dio, dobbiamo riscuoterci dal nostro sonno. Dobbiamo alzarci e agire”. Oltre alla Patris Corde, il Papa ha dedicato a San Giuseppe un ciclo di 12 catechesi, dal 17 novembre 2021 al 16 febbraio 2022.
“Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere orfani di padre”, la denuncia del Papa al termine della lettera apostolica: “Anche la Chiesa di oggi ha bisogno di padri”.
“Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà”, assicura Francesco, secondo il quale “San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in ‘seconda linea’ hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”.
Maestro di tenerezza e di obbedienza, San Giuseppe ci dimostra come la storia della salvezza si compie attraverso le nostre debolezze. “Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza”, il monito: “Giuseppe ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande”.
“In questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria”.
Così il Papa definisce la capacità di “accoglienza” di San Giuseppe nei confronti della sua futura sposa e della sua storia. “Se non ci riconciliamo con la nostra storia, non riusciremo nemmeno a fare un passo successivo, perché rimarremo sempre in ostaggio delle nostre aspettative e delle conseguenti delusioni”, il grido d’allarme: “Solo il Signore può darci la forza di accogliere la vita così com’è, di fare spazio anche a quella parte contradditoria, inaspettata, deludente dell’esistenza”, garantisce il Papa: “La venuta di Gesù in mezzo a noi è un dono del Padre, affinché ciascuno si riconcili con la carne della propria storia anche quando non la comprende fino in fondo”.
“La fede che ci ha insegnato Cristo è quella che vediamo in San Giuseppe, che non cerca scorciatoie, ma affronta ‘ad occhi aperti’ quello che gli sta capitando, assumendone in prima persona la responsabilità”.
L’accoglienza di Giuseppe ci invita “ad accogliere gli altri, senza esclusione, così come sono, riservando una predilezione ai deboli”. “Occorre deporre la rabbia e la delusione e fare spazio, senza alcuna rassegnazione mondana ma con fortezza piena di speranza, a ciò che non abbiamo scelto eppure esiste”, l’invito del Papa sulla scorta di San Giuseppe:
“La vita di ciascuno di noi può ripartire miracolosamente.
E non importa se ormai tutto sembra aver preso una piega sbagliata e se alcune cose ormai sono irreversibili. Dio può far germogliare fiori tra le rocce”.
San Giuseppe è “uno speciale patrono per tutti coloro che devono lasciare la loro terra a causa delle guerre, dell’odio, della persecuzione e della miseria”,
sostiene inoltre Bergoglio: “Se certe volte Dio sembra non aiutarci, ciò non significa che ci abbia abbandonati, ma che si fida di noi, di quello che possiamo progettare, inventare, trovare”.