“L’ira è un vizio dilagante, un vizio particolarmente tenebroso, un vizio distruttivo dei rapporti umani”. Lo ha detto Papa Francesco, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata all’ira, che “nella sua manifestazione più acuta è un vizio che non lascia tregua”. Al termine dell’udienza, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, il Papa ha citato la Giornata Nazionale Vittime Civili di Guerra, che si celebra domani.
“Al ricordo orante per quanti sono deceduti nei due conflitti mondiali, associamo anche i tanti – troppi – civili, vittime inermi delle guerre che purtroppo insanguinano ancora il nostro pianeta, come accade in Medio Oriente e in Ucraina”, l’appello: “Il loro grido di dolore possa toccare i cuori dei responsabili delle nazioni e suscitare progetti di pace”. “Quando si leggono storie di questi giorni, c’è tanta crudeltà, tanta”, ha aggiunto a braccio: “chiediamo al Signore la pace, che è sempre mite, non è crudele”.
“La persona dominata dall’ira difficilmente riesce a nascondere questo impeto”, la descrizione di Francesco: “lo riconosci dalle mosse del suo corpo, dall’aggressività, dal respiro affannoso, dallo sguardo torvo e corrucciato. Nella sua manifestazione più acuta l’ira è un vizio che non lascia tregua. Se nasce da un’ingiustizia patita, o ritenuta tale, spesso non si scatena contro il colpevole, ma contro il primo malcapitato. Ci sono uomini che trattengono l’ira sul posto di lavoro, dimostrandosi calmi e compassati, ma che una volta a casa diventano insopportabili per la moglie e i figli”.
“L’ira è un vizio distruttivo dei rapporti umani”,
ha spiegato il Papa: “Esprime l’incapacità di accettare la diversità dell’altro, specialmente quando le sue scelte di vita divergono dalle nostre. Non si arresta ai comportamenti sbagliati di una persona, ma getta tutto nel calderone: è l’altro, l’altro così com’è, l’altro in quanto tale a provocare la rabbia e il risentimento. Si comincia a detestare il tono della sua voce, i banali gesti quotidiani, i suoi modi di ragionare e di sentire”. “Quando la relazione arriva a questo livello di degenerazione, ormai si è smarrita la lucidità”, il monito di Francesco: “L’ira fa perdere la lucidità. Perché una delle caratteristiche dell’ira, a volte, è quella di non riuscire a mitigarsi con il tempo. In quei casi, anche la distanza e il silenzio, anziché quietare il peso degli equivoci, lo ingigantiscono. È per questo motivo che l’apostolo Paolo raccomanda ai suoi cristiani di affrontare subito il problema e di tentare la riconciliazione: ‘Non tramonti il sole sopra la vostra ira‘”.
“Siamo tutti peccatori, tutti, e tutti abbiamo i conti in rosso”,
ha affermato il Papa: “perciò abbiamo bisogno di imparare a perdonare”. “È importante che tutto si sciolga subito, prima del tramonto del sole”, la raccomandazione a proposito dell’insorgere dell’ira: “Se durante il giorno può nascere qualche equivoco, e due persone possono non comprendersi più, percependosi improvvisamente lontane,
la notte non va consegnata al diavolo.
Il vizio ci terrebbe svegli al buio, a rimuginare le nostre ragioni e gli sbagli inqualificabili che non sono mai nostri e sempre dell’altro”. “E’ così”, ha commentato Francesco a braccio: “quando una persona è sotto l’ira, sempre dice che il problema è dell’altro, mai è capace di riconoscere i propri difetti, le proprie mancanze”. “Nel Padre nostro Gesù ci fa pregare per le nostre relazioni umane che sono un terreno minato: un piano che non sta mai in equilibrio perfetto”, ha ricordato il Papa: “Nella vita abbiamo a che fare con debitori che sono inadempienti nei nostri confronti; come certamente anche noi non abbiamo sempre amato tutti nella giusta misura. A qualcuno non abbiamo restituito l’amore che gli spettava”. “Gli uomini non stanno insieme se non si esercitano anche nell’arte del perdono, per quanto questo sia umanamente possibile”, ha assicurato Francesco, secondo il quale “ciò che contrasta l’ira è la benevolenza, la larghezza di cuore, la mansuetudine, la pazienza”.
“Non tutto ciò che nasce dall’ira è sbagliato”,
ha concluso il Papa:
“Se una persona non si arrabbiasse mai, se una persona non si indignasse davanti a un’ingiustizia, se davanti all’oppressione di un debole non sentisse fremere qualcosa nelle sue viscere, allora vorrebbe dire che non è umana, e tantomeno cristiana”. .
L’ira “è un vizio terribile, sta all’origine di guerre e di violenze”, ha ribadito Francesco, citando il proemio dell’Iliade, che descrive “l’ira di Achille” che sarà causa di “infiniti lutti”. Ma gli antichi “erano ben consapevoli che in noi sussiste una parte irascibile che non può e non deve essere negata”: “Le passioni in qualche misura sono inconsapevoli: capitano, sono esperienze della vita. Non siamo responsabili dell’ira nel suo sorgere, ma sempre nel suo sviluppo. E qualche volta è bene che l’ira si sfoghi nella giusta maniera”.
“Esiste una santa indignazione, che non è l’ira, ma è un movimento dell’intimo”,
ha osservato il Papa: “Gesù l’ha conosciuta diverse volte nella sua vita: non ha mai risposto al male con il male, ma nel suo animo ha provato questo sentimento e, nel caso dei mercanti nel tempio, ha compiuto un’azione forte e profetica, dettata non dall’ira, ma dallo zelo per la casa del Signore”. “Dobbiamo distinguere”, ha concluso il Papa a braccio: “una cosa è lo zelo, la santa indignazione, che è buona, un’altra cosa è l’ira, che è cattiva. Sta a noi, con l’aiuto dello Spirito Santo, trovare la giusta misura delle passioni. A educarle bene, perché si volgano al bene e non al male”.