Prosegue il cammino verso il Giubileo del 2025 e, come detto anche da Papa Francesco durante la celebrazione dei Vespri e Te Deum del 31 dicembre scorso, ci si deve domandare “Roma si sta preparando a diventare nell’Anno Santo ‘città della speranza’?”. Un discorso nel quale pone l’accento sull’importanza della convivenza, per la quale la città deve offrire l’opportunità di godere delle bellezze e delle opportunità, parimenti a tutti, anche alle persone anziane o con qualche disabilità motoria. “Perché una città più vivibile per i suoi cittadini è anche più accogliente per tutti”, ha aggiunto Bergoglio che tra le commissioni interessate all’organizzazione del prossimo Giubileo, ha previsto anche quella per le persone con disabilità.
“Dal 28 al 30 Aprile 2025, ci saranno tre giorni dedicati al mondo della disabilità, con un focus grande.
Però già durante l’anno si sta pensando ad un’accoglienza nei vari luoghi, sia nella formazione dei volontari che nell’accessibilità del sito stesso, ad esempio in varie lingue ma anche in varie lingue dei segni, in modo tale che diventi partecipativo”. Sono le parole di suor Veronica Amata Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei e membro della commissione specifica della Santa Sede. “Un sogno che ho nel cuore è che il Giubileo diventi il pretesto, l’occasione per lavorare sulla partecipazione loro e sulla appartenenza loro. Credo che forse sarebbe bello che alla fine del grande Giubileo, nei piccoli luoghi dell’ordinarietà, pian piano, sempre più, loro entrino a far parte normalmente, cioè che diventi normale”. Questo il desiderio, il sogno di lei che guarda a questo evento straordinario come una possibilità concreta che tutti i luoghi diventino sempre più per tutti, evitando ai disabili, ai loro genitori, mogli, mariti o qualsiasi altro, infinite domande, telefonate, email per accertarsi preventivamente se il luogo è accessibile, se c’è il bagno per disabili, se c’è la lingua dei segni ed altro ancora. “Oggi come oggi, con i nuovi strumenti, veramente si può fare tanto. Allora la speranza è che diventi un’occasione per far sì che i nostri luoghi, nati belli per vivere un cammino di fede di spiritualità, diventino normalmente luoghi per tutti, dove tu puoi entrare e sai che è casa”. Proprio in questo senso esistono già esempi virtuosi tra le diocesi italiane, che verranno presentati il 17 gennaio a Roma alla Pontificia Università Urbaniana, dai quali si evince l’effettiva possibilità di quanto sperato e palesato pubblicamente da molti e, non ultimo, anche da Papa Francesco nel discorso di fine anno. “Partendo dall’idea madre ‘oltre lo scivolo’, cioè che a volte non basta pensare di mettere solo uno scivolo, hanno creato dei cammini accessibili, partendo dall’accessibilità dei luoghi, dal valorizzare gli stessi luoghi, ma anche pensando che la persona con disabilità, che ribadisco sempre è il 15% della popolazione e quindi attorno a lui c’è un marito, una moglie, un padre, una madre, perché non ci si muove mai soli, forse vuole andare anche in un ristorante, vuole fermarsi in un bar”. Proprio per questo motivo sarebbe indispensabile realizzare un cammino che accompagni la persona disabile, descritto da suor Donatello “un itinerario di bellezza e di fede, perché sempre più credo che la sfida grande sia, come dice il titolo del grande Giubileo ‘Pellegrini di speranza’, riscoprirsi pellegrini anche loro con gli altri, quindi in cammino”. Un impegno per il quale non si può evitare di parlare di finanziamenti, indispensabili per la realizzazione di opere utili al superamento delle barriere architettoniche, ma anche di progetti per l’inclusione e la convivenza. Un elemento che la responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei non vede come un limite insuperabile, portando l’esempio di alcune diocesi che hanno intercettato fondi europei o del governo italiano, muovendosi anche in modo sinergico con regioni e comuni di appartenenza, oltre che con le associazioni, i movimenti e gli enti laici, decidendo magari di suddividere il progetto in modo da renderlo più facilmente sostenibile nel tempo.
“Credo che il costo diventa un alibi. A volte la fatica grande è quella di trovarsi insieme, perché oggi come oggi, se vuoi, si può fare, perché esistono tanti bandi che supportano l’accessibilità”.
Un movimento virtuoso che, seppur lentamente, sembra procedere nella giusta direzione. “Le chiese e tanti luoghi, già da anni iniziano a mettersi in moto, specialmente le chiese storiche stanno lavorando a piccoli passi, sempre più sull’accessibilità, sulla partecipazione. Partendo si dallo scivolo, ma anche mettendo in conto che esistono le disabilità sensoriali, le disabilità comunicative”. Sono le parole di suor Veronica Amata Donatello che conclude, “La città di Roma non saprei, perché spesso il luogo è fruibile ma, sicuramente, a volte c’è le difficoltà per arrivarci dalle stazioni o dagli aeroporti. Credo che dei piccoli passi però si stanno cercando di mettere in atto”.