Messa per la pace. Card. Zuppi: “Facciamo nostro il grido di Rachele”

La terza e penultima giornata dell'Assemblea della Cei ad Assisi è stata un'implorazione per il dono della pace, a partire dalla "preoccupazione per l'escalation di violenza e odio di questi giorni, che sta assumendo proporzioni sempre più tragiche". In mattinata la dichiarazione dei vescovi per la pace, poi i Vespri, la processione da San Francesco a Santa Chiara e la Messa nella basilica inferiore con la preghiera sulla tomba del santo. Il card. Zuppi: "la guerra è una lebbra terribile"

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

(da Assisi) Da Santa Chiara a San Francesco, nel cuore di Assisi, in processione con le fiaccole accese per implorare la pace in ogni angolo del mondo. È l’immagine-simbolo della 78ª Assemblea generale dei vescovi italiani, che ha conosciuto il suo momento culminante al termine della terza giornata di lavori. Prima i Vespri recitati nella basilica di Santa Chiara, poi la processione dei vescovi verso la Chiesa inferiore della basilica di San Francesco, per la celebrazione della Messa presieduta dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, con la preghiera sulla tomba del santo. A guidare il Vespro e la processione è stato mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo-vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e arcivescovo-vescovo di Foligno. “Il cuore di tutti noi – la preghiera prima della processione – è colmo di dolore per le guerre che lacerano il nostro tempo. Questa sera, unendoci all’anelito di pace che si innalza da tutti gli angoli della terra, ci mettiamo in cammino per sostare in preghiera presso la tomba di san Francesco, uomo di riconciliazione e fraternità. Affidandoci alla sua intercessione, supplichiamo Dio Padre, che in Cristo Gesù ha pacificato il cielo e la terra, di allontanare gli orrori della violenza e di donarci giorni di pace”. Un’invocazione, questa, che evoca la dichiarazione dei vescovi per la pace diffusa al termine della sessione mattutina di oggi, in cui i presuli riuniti in assemblea hanno espresso la loro

“preoccupazione per l’escalation di violenza e odio di questi giorni, che sta assumendo proporzioni sempre più tragiche”,

facendo proprio – come ha fatto poi in serata il cardinale presidente dalla basilica di San Francesco – l’appello al cessate il fuoco in Terra Santa rivolto dal Papa durante l’Angelus di domenica scorsa, insieme a quello per la liberazione degli ostaggi.

 “Insieme al Medio Oriente, il nostro pensiero va anche all’Ucraina, al Sud Sudan e ai tanti altri luoghi segnati da conflitti spesso dimenticati”,

la portata universale della dichiarazione di pace dei vescovi italiani: “non possiamo rassegnarci al silenzio. La costruzione della pace è responsabilità di tutti. Non vogliamo che la cultura dell’odio e del pregiudizio continui a seminare divisione, distruzione e morte”.

“Nella confusione e nell’incertezza della nostra vita il Signore ci chiede di non restare inerti davanti alla violenza, di non di farci mai irretire dalla sua logica, ma di essere con convinzione artigiani di pace”, l’invito del presidente della Cei davanti alla tomba di San Francesco. A “chi ha tra le mani il destino di interi popoli”, Zuppi ha ricordato che “niente è perduto con la pace”.

La guerra, invece, “è una lebbra terribile,

che consuma il corpo delle persone e dei popoli, ne fa perdere l’anima, tanto che non si è più capaci di amare, segnati dall’odio, dalle ferite della violenza”.

“Oggi facciamo nostro il grido di Rachele, di tutte le madri da cui viene un pianto e un lamento grande e non vogliono essere consolate perché ‘i suoi figli non sono più’”, ha assicurato il cardinale: “Sono le lacrime di tutte le Rachele, di intere città e popolazioni, della Terra Santa, dell’Ucraina, di milioni di persone. Sono le nostre lacrime, che diventano preghiera insistente e ispirano azioni e scelte”.

“San Francesco ci ricorda che l’impegno per la pace non è di qualcuno, non c’è mai la pace se il fratello è in guerra”, il monito di Zuppi, secondo il quale “ogni cristiano ha una straordinaria forza di pace. Anche quando la sua parola sembra non generare nulla. La pace e l’amore, il bene, producono sempre pace e bene, quando non lo vediamo. Ed è sempre umile e possibile a tutti”.

“Liberiamoci da pericolose polarizzazioni che nutrono lo scontro e scegliamo con convinzione, intelligenza e forza l’unica parte che è quella della pace”,

l’appello: “Non si resta a guardare”, perché “l’odio produce solo odio e non darà mai sicurezza e pace”, come non si stanca di ripetere Papa Francesco. Da Assisi, terra e spazio di pace, dove Giovanni Paolo II ha scelto di convocare lo storico incontro interreligioso del 27 ottobre 1986, il presidente della Cei ha scelto di concludere l’implorazione corale dei vescovi italiani per la pace citando integralmente la preghiera di “un grande vescovo italiano, don Tonino Bello, fino alla fine artigiano di pace e cantore dell’amore di Dio”: “Spirito Santo, dono del Cristo morente, fa’ che la Chiesa dimostri di averti ereditato davvero. Trattienila ai piedi di tutte le croci. Quelle dei singoli e quelle dei popoli. Ispirale parole e silenzi, perché sappia dare significato al dolore degli uomini. Così che ogni povero comprenda che non è vano il suo pianto, e ripeta con il salmo: ‘le mie lacrime, Signore, nell’otre tuo raccogli’. Rendila protagonista infaticabile di deposizione dal patibolo, perché i corpi schiodati dei sofferenti trovino pace sulle sue ginocchia di madre. In quei momenti poni sulle sue labbra canzoni di speranza. E donale di non arrossire mai della Croce, ma di guardare ad essa come all’antenna della sua nave, le cui vele tu gonfi di brezza e spingi con fiducia lontano”.

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