Nel 150° anniversario della nascita di Teresa del Bambino Gesù, papa Francesco consegna alla Chiesa l’Esortazione Apostolica C’est la confiance che – ripercorrendo le opere principali della santa – gli offre l’opportunità per una nuova riflessione sulla fiducia nell’amore misericordioso di Dio.
Famosa per la sua “piccola via”, la Santa di Lisieux insegna ancora una volta ad apprezzare quella che Paolo definiva la strada migliore di tutte, quella della carità (n. 14). Essa, scrive Teresa, è “madre e radice di ogni virtù”, perché è il più grande dono dello Spirito Santo (n. 30). “La Storia di un’anima è una testimonianza di carità, in cui Teresina ci offre un commentario circa il comandamento nuovo di Gesù: Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati ( Gv 15,12). Gesù ha sete di questa risposta al suo amore” (n. 31).
La giovane carmelitana è tra i santi più conosciuti del mondo e il suo messaggio è parte del tesoro spirituale della Chiesa (n. 4); ritenuta una grande esperta della scientia amoris è guida per tutti, soprattutto per i teologi (n. 7) e rappresenta una figura tra le più significative per l’umanità contemporanea, come la definì l’Unesco (n. 4). Talvolta però le espressioni tratte dai testi del “Dottore della Sintesi”, come la chiama il Papa, sono citazioni secondarie del suo pensiero, temi che Teresa ha in comune anche con qualunque altro santo. Si trascura che “ella ha la capacità di portarci al centro, a ciò che è essenziale, a ciò che è indispensabile”, perché possiede un genio piuttosto sintetico (n. 49). Così l’Esortazione Apostolica focalizza il suo insegnamento sul tema dell’amore, che – come scrive Teresa stessa – fa agire le membra della Chiesa, perché “alla fine conta solo l’Amore” (n. 48). In quell’amore, che è misericordioso e infinito (n. 29), deve essere riposta ogni fiducia.
Sono temi molto cari a papa Francesco, che già in Misericordia et misera, a conclusione del Giubileo straordinario del 2016 scriveva: “Teniamo aperto il cuore alla fiducia di essere amati da Dio. Il suo amore ci precede sempre, ci accompagna e rimane accanto a noi nonostante il nostro peccato” (MM, 5).
E anche in Evangelii Gaudium – di cui celebriamo quest’anno il decimo anniversario – il Papa aveva scritto che la Chiesa “in uscita” quale comunità evangelizzatrice, comunità di discepoli missionari, quotidianamente sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10). Per questo ogni comunità ecclesiale sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, sa andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. La Chiesa vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, perché per prima ha sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva (cfr. EG 24).
L’insegnamento di Teresa mostra come lungo la sua breve vita abbia compreso che ogni incontro autentico con Cristo suscita e chiama alla missione (n. 9). La giovane santa francese, infatti, non concepiva la sua consacrazione a Dio senza la ricerca del bene dei fratelli. Per Teresa Dio risplende prima di tutto attraverso la sua misericordia, chiave di comprensione di qualunque altra cosa che si dica di Lui (n. 27). E scrive: «A me Egli ha donato la sua misericordia infinita ed è attraverso essa che contemplo e adoro le altre perfezioni Divine». Più volte nei suoi scritti racconta di condividere l’amore misericordioso del Padre per il figlio peccatore e quello del buon pastore per le pecore perdute, lontane, ferite.
Da questa profonda comprensione per la misericordia divina ha attinto la luce della sua illimitata speranza (n. 27), perché “La fiducia deve condurci all’Amore”. Solo chi si affida al Signore può vivere anche nell’oscurità la fiducia totale del bambino che si abbandona senza paura tra le braccia del padre e della madre.
Il prossimo Giubileo a cui la Chiesa si sta preparando, scriveva il Papa lo scorso anno “potrà favorire molto la ricomposizione di un clima di speranza e di fiducia, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza” (Lettera dell’11 febbraio 2022). Il pontefice più volte ha ribadito che nella Chiesa si è diffusa un’idea pelagiana di santità, individualista ed elitaria, più ascetica che mistica, che pone l’accento principalmente sullo sforzo umano.
Perciò, in questo tempo di preparazione all’anno Santo, Francesco ripropone come modello la spiritualità di Teresa, che nelle sue opere sottolinea sempre il primato dell’azione di Dio, della sua grazia. E arrivava a scrivere alla sorella Paolina: “Sento sempre la stessa audace fiducia di diventare una grande Santa, perché non faccio affidamento sui miei meriti, visto che non ne ho nessuno, ma spero in Colui che è la Virtù, la Santità stessa: è Lui solo che, accontentandosi dei miei deboli sforzi, mi eleverà fino a Lui e, coprendomi dei suoi meriti infiniti, mi farà Santa”.