“In tutta la sessione pomeridiana di ieri ci sono state alcune testimonianze molto forti, appassionate e profonde dai luoghi di guerra o di sofferenza nel mondo, tra cui il Medio Oriente, l’Ucraina e l’Amazzonia: tutti i partecipanti al Sinodo hanno risposto con applausi sinceri”. Lo ha riferito ai giornalisti Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede e presidente della Commissione per l’informazione, durante il briefing odierno in sala stampa vaticana. “C’è stato un appello ad aiutare i giovani in un Medio Oriente che sta sanguinando, ad aiutarli a non perdere la speranza o ad aver come unica prospettiva il dolore e quindi lasciare il Paese”, ha proseguito Ruffini, ricordando che il Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, arrivato alla fine della terza settimana, ha concluso stamattina l’esame della sezione B3 dell’Instrumentum laboris e sono state consegnate le relazioni di tutti i 35 Circoli Minori. Ieri pomeriggio, alla 15ª Congregazione generale, erano presenti 310 membri (su 365 membri con diritto di voto), un risultato inferiore rispetto al solito perché in contemporanea c’è stata la riunione della Commissione per la relazione di sintesi. Stamattina erano presenti in Aula Paolo VI 329 persone. Stasera, alle 21, c’è la preghiera del Rosario in piazza San Pietro, con una speciale intenzione di preghiera per la pace.
“Il Papa non c’era ieri, ma sono chiari i suoi appelli e preghiere per la pace”, ha reso noto Ruffini, specificando che le testimonianze sulla guerra “sono venute da vescovi, non vescovi, uomini e donne di diverse fasce d’età. Tanti membri del Sinodo stanno vivendo questa condizione o sono appena usciti da processi di pace che faticano a progredire”.
“Non ho vissuto qualcosa che finisce qui a Roma, ma un processo permanente in cui coinvolgere le persone a tutti i livelli della società”. Così suor Nirmala Alex Maria Nazareth, superiora Generale delle Suore del Carmelo Apostolico, ha descritto la sua esperienza al Sinodo. “È un viaggio – ha proseguito – che mi ha rinnovato dall’interno e porterà un entusiasmo sempre maggiore alle oltre 130mila religiose che in India lavorano in ogni ambito. Ciascuno di noi si può sentire libero, senza nessun timore o pressione, e questo clima di preghiera e di silenzio ha permesso un approfondimento del mio ruolo come leader di una Congregazione”.
“Non stiamo inventando nulla, stiamo raccogliendo ciò che lo Spirito Santo ha detto alla Chiesa”,
ha affermato il card. Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo (Perù), a proposito del percorso sinodale che ha coinvolto in questi due anni le parrocchie, le diocesi, di diversi paesi e continenti. “Il nuovo metodo sta dando a tutti noi non solo l’opportunità di condividere le esperienze, ma anche di vivere in piccolo l’esperienza della Chiesa universale. Esistono tensioni, come in ogni famiglia, ma c’è qualcosa che ci entusiasma.
Dopo quasi 52 anni di sacerdozio, di cui 23 come vescovo, sto vedendo come la Chiesa, in mezzo alle difficoltà che vive sia all’interno che all’esterno, si mette in movimento in cammino per servire Cristo e l’umanità”.
“Corresponsabilità”: è questa, per mons. Jean-Marc Eychenne, vescovo di Grenoble-Vienne (Francia), la parola più ricorrente al Sinodo e, nello stesso tempo, la sfida da raccogliere, chiedendosi “come si può andare verso una Chiesa dove il concetto di corresponsabilità sia più presente, passando da una Chiesa in cui ci sono pochi responsabili ad una Chiesa dove tutti sono corresponsabili nell’annuncio di Cristo e del Vangelo: tutti membri del Popolo di Dio, con pari dignità e la capacità di esprimere le proprie opinioni e di partecipare alle decisioni. Quello che riguarda tutti deve essere deciso da tutti. Tutti i membri devono poter decidere, non solo piccola élite. La verità può arrivare anche dal più piccolo, dal più modesto”.
“Le risposte nel terzo millennio, davanti a queste questioni, sono altre rispetto al secondo millennio”.
Così mons. Franz Josef Overbeck, vescovo di Essen, ha risposto alle domande dei giornalisti su una possibile apertura del Sinodo in merito alla questione dei preti sposati. “Adesso viviamo una realtà molto severa”, ha detto il vescovo riguardo alla situazione della Chiesa in Germania: “Quasi non abbiamo più seminaristi: in questi anni ho seppellito quasi 300 sacerdoti e ne ho ordinati solo 15. Qui al Sinodo siamo insieme con tutte le Chiese orientali e ortodosse, dove si vede che anche il sacerdozio con i preti uniti in matrimonio è normale. Oggi per noi è molto dura. Vediamo cosa accadrà, un passo dopo l’altro. È una domanda anche teologica: dobbiamo chiederci non solo come salvare, ma anche come vivere la dimensione sacramentale della Chiesa. Ci troviamo di fronte ad una nuova tappa della vita della Chiesa nel terzo millennio: le risposte per me sono chiare, e sono altre rispetto a quelle del secondo millennio”. Overbeck, riferendo sul Sinodo della Chiesa tedesca, che vedrà un’altra tappa nelle prossime settimane, ha insistito sulla diversità del contesto germanico rispetto a quello romano: “La nostra è una società post-secolare: molta gente non ha alcuna idea della trascendenza, né di cosa significhi nella vita quotidiana di un cristiano, di un protestante o di un appartenente ad altre religioni. E questo cambia tutto il quadro. Nel nostro cammino sinodale, ad esempio, ci sono state grandi domande su come integrare le donne nella Chiesa cattolica. La Germania è un Paese con il 30% di protestanti, in cui metà pastori sono donne”.