Papa Francesco ha concluso l’udienza di oggi in piazza San Pietro, dedicata a Santa Giuseppina Bakhita, con un appello per la pace in Medio Oriente. “Continuo a seguire con dolore e apprensione quanto sta succedendo in Israele e Palestina”, ha rivelato durante i saluti ai fedeli di lingua italiana: “Tante persone uccise e altre anche ferite. Prego per quelle famiglie che hanno visto trasformare un giorno di festa in un giorno di lutto e chiedo che gli ostaggi vengano subito rilasciati”.
“È diritto di chi è attaccato difendersi – ha argomentato Francesco – ma sono molto preoccupato per l’assedio totale in cui vivono i palestinesi a Gaza, dove pure ci sono state molte vittime innocenti”. “Il terrorismo e gli estremismi non aiutano a raggiungere una soluzione al conflitto tra israeliani e palestinesi – il monito del Papa – ma alimentano l’odio, la violenza, la vendetta e fanno solo soffrire gli uni e gli altri. Il Medio Oriente non ha bisogno di guerra, ma di pace, di una pace costruita sulla giustizia, sul dialogo e sul coraggio della fraternità”.
Poi “un pensiero speciale alla popolazione dell’Afghanistan, che sta soffrendo a seguito di un devastante terremoto che l’ha colpita provocando migliaia di vittime, tra cui molte donne, bambini e sfollati”. “Aiutare questo popolo già così tanto provato, contribuendo in spirito di fraternità ad alleviare le sofferenze della gente e a sostenere la necessaria ricostruzione”, l’esortazione a “tutte le persone di buona volontà”. All’inizio della catechesi, l’appello per il Sudan, “lacerato da un terribile conflitto armato di cui oggi si parla poco”: “preghiamo per il popolo sudanese, perché possa vivere in pace!”. Il riferimento è alla santa sudanese al centro dell’udienza, Santa Giuseppina Bakhita, la cui fama – ha sottolineato Francesco – “ha superato ogni confine e ha raggiunto tutti coloro a cui viene rifiutata identità e dignità”.
“Quando noi entriamo nella logica della lotta, della divisione tra noi, dei sentimenti cattivi l’uno contro l’ altro, perdiamo umanità: abbiamo bisogno di umanità, di essere più umani!”, il grido d’allarme a braccio: “Umanizzare, umanizzare noi stessi e umanizzare gli altri”.
“Com-patire significa sia patire con le vittime di tanta disumanità presente nel mondo, e anche compatire chi commette errori e ingiustizie, non giustificando, ma umanizzando: questa è la carezza che ci insegna lei, umanizzare”, ha sottolineato il Papa a proposito del “segreto” di Santa Bakhita, che “è stata capace di perdonare sempre: anzi, la sua vita è diventata una parabola esistenziale del perdono”. “Perdonare perché noi saremo perdonati”, ha proseguito a braccio: “Non dimenticare questo: il perdono, che è la carezza di Dio a tutti noi. Il perdono l’ha resa libera. Il perdono prima ricevuto attraverso l’amore misericordioso di Dio, e poi il perdono dato l’ha resa una donna libera, gioiosa, capace di amare”. “Bakhita ha potuto vivere il servizio non come una schiavitù, ma come espressione del dono libero di sé”, ha spiegato Francesco: “Questo è molto importante: fatta serva forzatamente, è stata venduta come schiava, ha poi scelto liberamente di farsi serva, di portare sulle sue spalle i fardelli degli altri”. “Santa Giuseppina Bakhita, con il suo esempio, ci indica la via per essere finalmente liberi dalle nostre schiavitù e paure”, ha commentato il Papa: “Ci aiuta a smascherare le nostre ipocrisie e i nostri egoismi, a superare risentimenti e conflittualità. Ci incoraggia a riconciliarci con noi stessi e trovare pace nelle nostre famiglie e comunità. E ci incoraggia sempre”.
“Il perdono non toglie nulla ma aggiunge dignità alla persona,
fa levare lo sguardo da se stessi verso gli altri, per vederli sì fragili quanto noi, ma sempre fratelli e sorelle nel Signore”, ha concluso Francesco: “Il perdono è sorgente di uno zelo che si fa misericordia e chiama a una santità umile e gioiosa, come quella di Santa Bakhita”.