Nei volti di chi riesce a raggiungere le nostre coste leggiamo sofferenza e morte, umiliazioni, ma anche sogni, desiderio di futuro. Ogni singola storia ci ricorda che
troppo spesso a molti è negato il diritto di rimanere nella loro terra.
Guerre, fame, disuguaglianze crescenti, sfruttamento indiscriminato delle risorse, effetti devastanti dei cambiamenti climatici. Tutto questo ci impone di ripensare il modello di sviluppo e di ascoltare molto di più il grido di aiuto che i poveri e la terra ci lanciano.
Come accompagnare queste persone “in cammino”? Come tutelare la loro libertà di partire e di restare? Papa Francesco nel Messaggio per la 109ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato ha rilanciato queste domande, ricordando la campagna “Liberi di partire, liberi di restare”, promossa nel 2017 dalla Chiesa italiana grazie ai fondi dell’8×1000. Ha poi sottolineato ancora una volta i quattro verbi per affrontare il tema della mobilità: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.Serve una strategia organica, condivisa, che coinvolga anche i governi dei Paesi di provenienza dei migranti in modo che diventino partner affidabili, capaci di porre la dignità di ogni persona, i diritti umani e lo sviluppo al centro del loro operato. La decisione di emigrare dovrebbe essere volontaria e avvenire in maniera sicura e legale.
Ognuno deve essere realmente libero di partire, ma anche di restare o di ritornare nella propria terra.
Trovando ovunque comunità pronte a valorizzare le storie di vita, le esperienze, la cultura di ognuno, per trarre linfa nuova dalle differenze. Una sfida che sui territori si scontra con le complessità del nostro tempo ma che possiamo affrontare attraverso l’ascolto e l’incontro con l’altro.
(*) direttore di Caritas Italiana