Le apparizioni mariane ritenute credibili dalla Chiesa sono come un’attualizzazione del Vangelo dell’Annunciazione: Maria visita luoghi e, soprattutto, persone, per educarle a cogliere i segni di Dio attraverso cui il Vangelo chiede di diventare Parola creduta, vissuta, amata e testimoniata nella storia concreta dell’umanità. A Fatima, il segno di Dio che Maria viene a svelare è quell’amore del prossimo che arriva al punto tale da rifiutare la giustificazione della guerra, degli orrori, del sangue versato, della violenza che tutto travolge. Direbbe Papa Francesco che, a Fatima, la visita di Maria ha come scopo il superamento del “cainismo”: la “sindrome di Caino” che ritiene di avere i suoi giusti motivi per uccidere Abele e per costruire la storia sulle fondamenta di questo omicidio, in quell’isolamento mortale che si gloria delle proprie azioni, della propria potenza e delle proprie ragioni.
Stando al racconto degli eventi, a Fatima, Maria affida questo segno dell’amore del prossimo che non teme e non si vergogna di farsi amore del nemico ai giovani: se Francisco e Giacinta oggi sono stati canonizzati dalla Chiesa – e di Lucia è iniziato il percorso con l’apertura della causa di beatificazione – non è perché hanno visto la Madre di Gesù. Il vedere, da solo non basta. Francisco e Giacinta sono stati riconosciuti santi dalla Chiesa perché il segno affidato loro dalla Signora del rosario lo hanno fatto proprio: lo hanno fatto scendere fin nel più profondo di loro stessi, perché desse forma al loro sentire, al loro pensare, al loro vivere. In tale segno essi hanno trovato la vita: non quella disegnata dalle ideologie del loro tempo, ma quella che sgorga dal Cristo risorto. Infatti, come dice ancora Papa Francesco nella sua esortazione apostolica indirizzata ai giovani, “Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!” (Christus vivit, 1).
Molti continuano oggi a chiedersi perché Maria sia così “popolare” tra i giovani cristiani e che cosa essi cerchino in lei. La risposta che viene oggi da Fatima, così come da tanti altri luoghi impregnati di storia e di spiritualità mariani, è semplice e trasparente. Maria è “popolare” (è influencer) perché è una “Signora” e non una “Maschera”: è una donna autorevole, perché è in grado di indicare la via dell’essenziale avendola lei stessa percorsa fino in fondo. Quel che viene da lei non è la pubblicità momentanea dell’“uomo/donna di superficie” (V. Andreoli), ma la proposta dell’“uomo/donna” interioreche sa chi e che cosa lo rende vivo e chi e che cosa no. Quanto a quel che i giovani della Gmg cercano in Maria, la risposta è altrettanto semplice e trasparente: cercano l’alternativa alla banalità del male e all’inganno della violenza, quell’alternativa che in Cristo trasforma da utopia in speranza la possibilità che il mondo diventi una “casa comune” abitata da “fratelli tutti”.
Così facendo, i giovani che in questi giorni colorano il Portogallo e visitano devoti il santuario di Fatima trovano in Maria una Madre e nei giovani pastorelli testimoni credibili. Elevata al cielo, Maria è Madre e Regina di tutto il creato. Lei non solo conserva nel suo cuore tutta la vita di Gesù, che “custodiva” con cura (cfr. Lc2,19.51), ma ora anche comprende il senso di tutte le cose. Perciò possiamo chiederle che ci aiuti a guardare questo mondo con occhi più sapienti (Laudato si’, 241).
Santuario di Fatima: Maria è una “Signora” e non una “Maschera”
Le apparizioni mariane ritenute credibili dalla Chiesa sono come un’attualizzazione del Vangelo dell’Annunciazione: Maria visita luoghi e, soprattutto, persone, per educarle a cogliere i segni di Dio attraverso cui il Vangelo chiede di diventare Parola creduta, vissuta, amata e testimoniata nella storia concreta dell’umanità. A Fatima, il segno di Dio che Maria viene a svelare è quell’amore del prossimo che arriva al punto tale da rifiutare la giustificazione della guerra, degli orrori, del sangue versato, della violenza che tutto travolge.