I giovani stanno cambiando la Chiesa. Ma è l’intero Paese a vivere una stagione di trasformazione, con il corollario di energie fresche e pure di incognite che questo comporta. Il cardinale José Tolentino de Mendonça vede nella Gmg di Lisbona un punto d’arrivo e insieme di partenza per il suo Portogallo. “Da dieci anni a questa parte – spiega il porporato, prefetto del Dicastero vaticano per la cultura e l’educazione – uno dei segni più vitali e positivi della vita ecclesiale è legato al rinnovamento della pastorale giovanile, che ha portato a una vera e propria ‘rinascita’ della presenza dei ragazzi, con il loro ardore, la loro gioia e la loro capacità di guardare al futuro. Nel mondo universitario, compreso quello civile, per esempio, si sono formati gruppi di studenti cattolici che hanno avviato processi di vera evangelizzazione”.
Una ventata di novità.
I vescovi portoghesi si sono trovati davanti una generazione di giovani che nel cuore portano sogni, inquietudini e il desiderio di essere una forza di Chiesa che dal presente si collega al futuro. Quando ha presentato la candidatura a ospitare la Gmg il patriarca di Lisbona è stato molto chiaro nel dire che senza questa generazione giovane che sta rinnovando le strutture ecclesiali non avrebbe avuto il coraggio di affrontare l’organizzazione di un evento simile. In questo senso la Giornata è un punto di arrivo.
E insieme di partenza, mi sembra di capire.
Sì, c’è bisogno di ripartire, perché è in corso un cambio generazionale con quasi metà dei vescovi cambiati o che stanno per cambiare. E questo porta con sé la necessità di altri rinnovamenti.
Penso al dramma degli abusi e alla consapevolezza di dover riguadagnare credibilità, ma anche alla capacità di coinvolgere i laici e di riprogrammare la Chiesa del XXI secolo, che deve avere una forte identità mariana essendo al tempo stesso samaritana, di servizio, “ospedale da campo”, presenza che sa dialogare e non ha paura di abitare la frontiera.
Il rinnovamento non riguarda solo la Chiesa.
Il Portogallo non va più pensato come il villaggio “pacato”, rurale, omogeneo, cattolico di quarant’anni fa. Oggi è una realtà cosmopolita, urbana, dalla forte mentalità secolare. Si tratta di una sfida per la Chiesa, che deve reimparare ad abitare la trasformazione come presenza discreta e profetica che sa scoprire la propria rilevanza nel servizio, nell’umiltà, nella fedeltà alla Parola di Gesù.
Questa è una Gmg che ha una particolare attenzione alla presenza africana. Sarà anche l’occasione per guardare indietro, al passato coloniale?
Si tratta di un problema aperto, nel senso che con il Brasile oggi si è arrivati a una “narrazione”, a un rapporto improntato alla fratellanza mentre con i Paesi africani la questione dev’essere ancora affrontata culturalmente.
La Gmg potrà essere l’occasione per un incontro fraterno. Però il Portogallo è ancora lontano dal porsi in profondità la domanda, dolorosa, su cosa è andato a fare e come si è comportato in Africa.In questo campo non si respira cambiamento?
Ci sono nuove generazioni di storici che insistono sulla necessità di riflettere sul colonialismo.
In occasione della Giornata dei nonni e degli anziani, lo scorso 23 luglio il Papa ha rilanciato la necessità di un patto tra le generazioni. Si prospetta come una Gmg importante anche in questo senso.
È una dimensione veramente “fulcrale”. Voglio dire che oggi una generazione di giovani preparata accademicamente, pronta ad affrontare il mondo del lavoro e un percorso esistenziale, disponibile a spostarsi, è condannata alla precarietà. Chi ha 25-30 anni non riesce a essere autonomo economicamente e quindi a pensare al suo futuro. E questi ragazzi spesso hanno come alleati proprio i nonni che li aiutano, li supportano, trasmettono coraggio, danno l’esempio, collaborano nella gestione familiare, ad esempio quando ci sono bambini piccoli. I nonni sono diventate figure assolutamente indispensabili nella vita quotidiana delle nuove generazioni.
Fin qui un patto che nasce dalla necessità. Ma esiste anche un aspetto più positivo.
Uso l’immagine della pianta che per vivere in pienezza ha bisogno di radici profonde e del coraggio dei rami che si stendono nelle foglie, nei fiori, nei frutti. Lo stesso vale per la nostra umanità, ben rappresentata nella metafora dell’albero dove si trova la successione cronologica che noi cogliamo in ogni attimo della nostra vita.
Anche noi, come le piante, senza la saggezza delle radici non possiamo continuare a vivere.
In un’intervista ha detto che la sua prima “biblioteca” è stata la nonna.
Sì , perché lei che veniva da un cultura popolare non di tradizione scritta ma orale mi ha riempito la testa, il cuore, l’intelligenza con il “sapore delle storie”. Quando vi ci immergiamo, non solo nel silenzio della lettura ma facendoci guidare dalla dolce voce di una nonna, quelle storie ci entrano dentro e non escono più, diventano una sorta di mappa del tesoro che portiamo sempre con noi.
Il suo ultimo libro è dedicato all’amicizia. La Gmg sarà l’occasione per viverla in profondità.
Nell’amicizia esiste solo futuro. Quando ci apriamo alla possibilità concreta di fratellanza con chi non conosciamo, comincia una storia di vita fatta di mutuo aiuto, di reciprocità. Una storia che cambia le condizioni del mondo, in cui si passa dall’indifferenza all’accoglienza, dall’ostilità all’ospitalità, dai muri di separazione all’incontro, alla celebrazione festiva sempre nuova, illuminante.
I giovani sono maestri di amicizia, senza gli amici non accetterebbero di partecipare alla Gmg che li collega tra loro e alla figura del Papa.
C’è un’amicizia enorme che lega questa generazione di ragazzi e ragazze al Santo Padre, visto come un amico autorevole, capace di dire le parole di cui hanno bisogno per guardare alle grandi sfide del futuro. Perché, come ricorda appunto il Papa, l’amicizia non è fatta di idee ma è vita condivisa. Sull’esempio di Gesù che ci ha detto: io vi chiamo amici.