Si incontrano finalmente, dopo quattro anni, il Papa e i giovani: per rivivere quell’energia che, nelle varie Giornate mondiali della gioventù, ha attraversato fin dagli anni Ottanta i confini geografici e non solo. Quella di Lisbona è la 37ª edizione, come sempre un mosaico di espressioni, colori, culture. Ma soprattutto un mix di esperienze diverse legate dallo stesso filo: l’invito del pontefice ad alzarsi e ad andare. Ciascuno secondo le sue possibilità, anche nella fretta di riprendersi le occasioni di incontro mancate. Perché, dopo la Gmg di Panama del 2019, il mondo è stato come sospeso. Di questo cammino personale, e comunitario, di questo pellegrinaggio verso Lisbona che si rinnoverà ad agosto, racconta un servizio della rivista “Popoli e Missione” nel nuovo numero. Con un occhio di riguardo ai giovani dei vari continenti.
Missione è camminare insieme. È esattamente lo spirito di crossroads, l’esperienza itinerante del Pime dal 27 luglio al 10 agosto per entrare in contatto con alcune realtà significative della Chiesa europea. “L’idea era quella di incrociare le strade degli altri, perché la missione si genera dall’incontro”, racconta entusiasta padre Alessandro Canali, partito con 60 giovani, per lo più della diocesi di Milano, e 10 membri dell’équipe. “Le nostre tappe, a parte Lisbona, sono: Marsiglia, con visita alla Caritas e al Servizio rifugiati dei Gesuiti; Barcellona (Pastorale sociale) e Madrid, nella parte più nascosta della città, quella di una Chiesa che si impegna per i più poveri”. Più o meno nello stesso periodo, un gruppo di giovani provenienti da diverse parti d’Italia ha iniziato un viaggio al contrario: anziché dirigersi verso il Portogallo, ha volato verso la Guinea Bissau per un’esperienza missionaria a Bafatà. “Poiché la questione dei permessi è stata per molti un vincolo e un limite pesante, abbiamo creduto fosse un gesto di attenzione verso chi non poteva viaggiare con la nostra stessa facilità e libertà”, dice don Giuseppe Mirandola, direttore del Centro missionario diocesano di Verona. “È stato anche il segno di una Chiesa rivolta alle Chiese più giovani. Non solo una visita, ma una condivisione con i ragazzi del posto e i fidei donum, per conoscere meglio il contesto, compresi i nostri progetti avviati nel 2000”.
“Un mondo diverso dal mio”. Tra i nove ragazzi anche Tommaso Cavagnari, 32 anni, originario di Villafranca, educatore e studente universitario, da sempre impegnato in parrocchia e nell’Azione cattolica. “Già stato a Madrid, avrei partecipato anche a questa Gmg, ma da tempo aspettavo di fare un’esperienza missionaria, per scoprire un mondo diverso dal mio”. Questa, la giusta sintesi per sentirsi in comunione con tutti. “Una sensazione strana non essere a Lisbona, ma altrettanto bello stare con i giovani di Bafatà. Non è come dire ‘ci siamo persi la festa grande’; l’abbiamo vissuta, piuttosto, a distanza, ma uniti”. Tommaso ha già capito tutto: “in partenza, si sembra Maria, ma al ritorno si diventa Elisabetta”. Perché, come ricorda padre Stefano Camerlengo, superiore generale dei Missionari della Consolata, “bisogna riconoscersi poveri e mendicanti nell’avvicinarsi gli uni agli altri”.
Voglia di partecipare. È il messaggio della reciprocità, come quella del progetto “Giovani dalle missioni alla Gmg 2023” promosso dalla diocesi di Bergamo. “In passato, abbiamo inviato i nostri giovani in missione, ma dall’altra parte ci chiedevano di fare la stessa esperienza da noi”, dice il direttore del Centro missionario, don Massimo Rizzi. “Una cooperazione tra le Chiese di questo tipo, di missione non solo in andata, andrebbe replicata anche per le future Gmg. Noi, a parte le difficoltà legate ai visti, presa in carico e budget, abbiamo avuto una risposta eccezionale”. Dalla Bolivia, sono arrivati in 36; dalla Costa d’Avorio in 7 e da Cuba in 21.
Dopo una tappa a Roma e ad Assisi, i gruppi “hanno avuto modo di vivere le nostre realtà, anche le più impegnative, e poi si sono uniti nei pullman ai 1.000 giovani bergamaschi”. La speranza è che “l’incontro con giovani da tutto il mondo possa accendere nei nostri la voglia di sognare”, scriveva dalla diocesi ivoriana di Abengourou don Marco Giudici, prima di partire. E gli faceva eco da Cuba don Efrem Lazzaroni, missionario a Jamal-Cabacu dove la pastorale giovanile è tra le attività più importanti: “partecipare alla Gmg, per i nostri ragazzi, significa poter uscire anche solo per una volta nella vita dall’isolamento”.
Fare i conti con la crisi. Dal Libano, invece, hanno fatto i conti con la crisi economica e, quindi, con i costi elevati e le formalità amministrative. Come riferisce Roy Jreich, coordinatore del Comitato nazionale dei giovani, “sono partiti in 450, a fronte dei 1.500 che parteciparono a Cracovia, ma c’è stato ugualmente tanto entusiasmo”. Dall’altra parte dell’Asia, in Bangladesh, “dopo essersi preparati per tre anni sui temi proposti dalla Santa Sede, hanno avuto luogo eventi serrati e strutturati, come per esempio il raduno organizzato a febbraio scorso nella diocesi di Khulna, con 500 studenti cattolici, 35 sacerdoti, 30 religiosi, suore di diverse congregazioni e un buon numero di animatori e coordinatori di gruppi giovanili”. Pur avendo ottenuto solo 15 visti Schengen per Lisbona, fratel Bikash James Rebeiro, segretario esecutivo della Commissione nazionale per i giovani, riferisce la fotografia di un Paese in fermento: “celebrare la Gmg in parallelo, al di là dei problemi, è stato un modo per sentirsi una Chiesa viva”.
Dal Guatemala a Lisbona. Sulla stessa scia il Guatemala “che, con i suoi 400 pellegrini, aveva voglia non solo di condividere e rafforzare la propria fede, ma anche di mostrare al Papa e al mondo la giovane Chiesa che siamo”, commenta padre José Raúl Ruano, assistente nazionale della Pastorale giovanile guatemalteca. “E poiché la Gmg non è solo un evento e una data definita, ma soprattutto un processo di attività che rafforzano il lavoro pastorale, anche chi è rimasto a casa ha potuto vivere intensamente vari momenti, in sintonia con Lisbona”. L’elenco sarebbe ancora lungo, perché il desiderio di esserci – da Napoli ad Asti, dall’Albania al Paraguay, dalle Filippine al Gabon all’Ucraina – sfiora il cuore dei giovani a tutte le latitudini. “Ma il pensiero – conclude Popoli e Missione – va agli assenti. A quelli che vivono mondi paralleli e capovolti. A quelli che sono più lontani da tutti e che ancora dobbiamo raggiungere. In fretta”.