(da Salerno) – “Sulla strada sei un prodotto da consumare, come un cibo qualsiasi. Lì non vieni considerata come un essere umano”. A parlare è Blessing Okoedion, nigeriana, una delle ragazze che ha avuto il coraggio di denunciare per sottrarsi alla rete della tratta. Blessing era stata accolta a Casa Rut a Caserta, il centro di accoglienza promosso e gestito dalle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria di Breganze (Vicenza) nato 25 anni fa. Nel frattempo ha scritto un libro, ha un compagno e un bambino e oggi racconta con rabbia e passione la sua terribile esperienza di schiavitù. Stavolta ha portato la sua testimonianza al 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso dal 17 al 20 aprile a Salerno.
Ingannate e intrappolate dai trafficanti. Inizia raccontando un episodio accaduto nel 2013. Aveva 26 anni, era stata appena gettata sulla strada dai trafficanti, che vincolano le ragazze, con riti oscuri e ricatti, a restituire il debito contratto per il viaggio. Lei prima di partire era ignara di quanto le sarebbe accaduto: “Una ragazza che era come me sulla strada ci ha detto che il fratello era stato ucciso perché non era riuscita a portare la somma stabilita per quella settimana. Una volta ingannate e intrappolate nel circuito della tratta viene coinvolta tutta la famiglia, specie se debole. Noi piangevamo e ci chiedevamo: che vita è questa? Quando è arrivata una macchina i trafficanti ci hanno detto: ‘Sorridete, c’è un cliente’. Ma non ero abituata a far sparire subito le lacrime e ad una vita di schiavitù e di umiliazione”. Quel giorno ha deciso di denunciare, nonostante la paura.
“Le ragazze mi dicevano: ‘Ci si abitua a tutto’. Ma non ci si può abituare a vivere una vita di schiavitù e morte.
Ringrazio mio padre che mi ha permesso di avere una istruzione e di capire cosa stesse succedendo”.
A chi dice che la prostituzione va legalizzata Blessing risponde con parole nette: “Vogliono legalizzare la vulnerabilità delle persone, in particolare delle donne. Nessuno considera che la vittima è stata ingannata perché c’è chi è pronto a pagare per le prestazioni sessuali”. Dopo la denuncia Blessing è stata portata a casa Rut: “Essendo stata ingannata in Nigeria da una donna cristiana ero spaventata perché erano suore. Non ci volevo andare, ero traumatizzata. Avevo molta paura delle persone”.
E invece oggi Blessing “è una missionaria – ha detto subito dopo suor Rita Giaretta, tra le responsabili di Casa Rut -. Loro sono le donne della Resurrezione, sono inviate a portare una testimonianza e un annuncio. Loro ci invitano a tornare alle periferie, ai crocicchi, dove finiscono le strade e iniziano i pensieri”. Oltre a Casa Rut le suore orsoline hanno fondato 20 anni fa la cooperativa sociale newHope, un laboratorio di sartoria etnica che promuove dignità, diritti e integrazione attraverso la formazione e il lavoro. Da tre anni le religiose sono presenti anche a Roma, nel quartiere Tuscolana/Don Bosco con Casa del Magnificat.
“Le ragazze ci hanno insegnato a non sentirci noi i buoni”. “Sono state queste giovani donne prostituite, nostre sorelle, a scuotere la mia vita di donna e di consacrata, a risvegliare la mia umanità e a tenere viva e appassionata la mia fede”, ha proseguito suor Rita:
“Sono loro che ci hanno insegnato a non sentirci noi le salvatrici, i salvatori,
a non sentirci noi i buoni, i migliori, quelle e quelli che stanno dalla parte giusta. Magari con la scusa di essere di Dio perché battezzati, o perché praticanti, magari religiose o operatori Caritas, illudendoci così di poter essere cristiani senza essere umani. Non è possibile, ci stiamo illudendo”.
“Siamo parte di una sistema che mercifica tutto”. Suor Rita ha scandito: “Dobbiamo aprire gli occhi per riconoscere che anche noi, in qualche misura, con più o meno consapevolezza, siamo parte e solidali nel male. Siamo parte di un sistema che rischia di mercificare tutto in nome del profitto, anche i corpi delle persone, dei poveri, dei migranti, di chi scappa da guerre, da carestie, da disastri ambientali.
Siamo parte di un sistema che sacrifica tutto al dio denaro. Perciò bisogna avere il coraggio della verità e dell’autenticità”.
Il punto chiave su cui è necessario insistere è la domanda, i troppi clienti. “Penso che quando un uomo chiede ad una giovane donna, che potrebbe essere sua figlia, sua sorella, sua nipote, la sua fidanzata: quanto costi? Dando unicamente valore e potere al denaro, non solo sfigura l’umanità della donna, insultando la sua libertà e dignità, ma disumanizza anche sé stesso. Ci stiamo disumanizzando”. Perciò bisogna chiedersi “perché c’è così tanta domanda? Perché tanti maschi hanno bisogno di comprare il corpo di una ragazza, a volte ancora bambina? Ho accolto anche ragazzine di 15 anni ed erano sulla strada da un anno”.
Attivare processi per formare l’uomo al rispetto della donna. “E’ giusto fare di tutto per aiutare queste ragazze a ritrovate dignità e libertà, attivare posti di lavoro – ha detto – ma sono convinta che è ancor più necessario attivare processi che formano l’uomo a relazioni nuove, al rispetto, alla gestione serena e costruttiva della sessualità, dell’affettività, per sé e per la donna. C’è qualcosa di nuovo che deve nascere”. “Non è più rimandabile un forte impegno formativo, educativo, umano e di sensibilizzazione da parte di tutti – ha aggiunto -. Al fondo di tutto ci deve essere il riconoscimento dell’altro come persona con la stessa dignità e gli stessi diritti. Non un oggetto o, peggio, una merce che si compra, si usa e si getta”.
“Troppo maschilismo e patriarcato anche nella Chiesa”. Purtroppo, ha sottolineato, “devo riconoscere che la Chiesa, in tutto questo, è ancora troppo silente. Forse perché ancora tanto maschilista e patriarcale e pertanto fa fatica a mettersi in gioco, in maniera libera e liberante, su questa realtà. Basta essere maestri! Bisogna essere testimoni e camminare uno accanto all’altra. Quanto sarebbe auspicabile ed evangelicamente profetico, anche per poter incidere in modo trasformante a livello di mentalità, di cultura, che la Chiesa non avesse paura di toccare e vivere le sue povertà, oserei dire la sua nudità, e trovasse il coraggio di
assumere un volto più femminile e meno clericale”.