“Chi va ad annunciare si deve muovere, deve camminare!”. Lo ha detto Papa Francesco, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata ancora una volta allo zelo apostolico così come lo descrive San Paolo, che usa la metafora della calzatura, a sua volta ripresa dal profeta Isaia. Paolo, ha spiegato Francesco, “parla della calzatura come parte di un’armatura, secondo l’analogia dell’equipaggiamento di un soldato che va in battaglia: nei combattimenti era fondamentale avere stabilità di appoggio, per evitare le insidie del terreno, perché spesso l’avversario disseminava di trappole il campo di battaglia, e per avere la forza necessaria per correre e muoversi nella direzione giusta”. “Lo zelo evangelico è l’appoggio su cui si basa l’annuncio, e gli annunciatori sono un po’ come i piedi del corpo di Cristo che è la Chiesa”, ha attualizzato il Papa.
“Non c’è annuncio senza movimento, senza uscita, senza iniziativa”,
ha ribadito Francesco:
“Non si annuncia il Vangelo da fermi, chiusi in un ufficio, alla scrivania o al computer facendo polemiche come leoni da tastiera e surrogando la creatività dell’annuncio con il copia-e-incolla di idee prese qua e là”,
il monito: “il Vangelo si annuncia muovendosi, camminando, andando”. Il termine usato da Paolo, per indicare la calzatura di chi porta il Vangelo, “è una parola greca che denota prontezza, preparazione, alacrità”, ha spiegato il Papa: “È il contrario della trasandatezza, incompatibile con l’amore”. “Un annunciatore è pronto a partire, e sa che il Signore passa in modo sorprendente; deve quindi essere libero da schemi e predisposto ad un’azione inaspettata e nuova, preparato per le sorprese”, l’identikit tracciato da Bergoglio. “Chi annuncia il Vangelo non può essere fossilizzato in gabbie di plausibilità o nel ‘si è sempre fatto così’, ma è pronto a seguire una sapienza che non è di questo mondo”, ha osservato Francesco, secondo il quale “è importante avere questa prontezza alla novità del Vangelo, questo atteggiamento che è uno slancio, un prendere l’iniziativa, un ‘primerear’. È un non lasciarsi sfuggire le occasioni per promulgare l’annuncio del Vangelo di pace, quella pace che Cristo sa dare più e meglio di come la dà il mondo”.
“Vi esorto ad essere evangelizzatori che si muovono, senza paura, che vanno avanti per portare la bellezza di Gesù, la novità di Gesù, che cambia tutto”,
ha concluso il Papa a braccio: “Sei disposto ad annunciare Gesù che ti cambia nel cuore, o sei un cristiano che sta lì, che non si muove? Sei un cristiano entusiasta, che va avanti?”, gli interrogativi che Francesco ha esortato ciascuno di noi a porsi. Salutando, come di consueto al termine dell’appuntamento del mercoledì, i fedeli di lingua italiana, Francesco ha esortato “i fedeli e gli uomini e le donne di buona volontà a leggere la Pacem in terris, pregando affinché
“i capi delle nazioni se ne lascino ispirare nei progetti e nelle decisioni”.
“Ieri ricorreva il sessantesimo della Pacem in terris che san Giovanni XXIII indirizzò alla Chiesa e al mondo nel pieno della tensione tra due blocchi contrapposti nella cosiddetta guerra fredda”, ha ricordato Francesco: “Il Papa aprì davanti a tutti l’orizzonte ampio in cui poter parlare di pace e costruire la pace. Nel disegno di Dio sul mondo e sulla famiglia umana, quell’enciclica fu una vera benedizione, come uno squarcio di sereno in mezzo a nubi oscure. Il suo messaggio è attualissimo”. Poi la citazione di un passo della Pacem in terris, prima dell’invito collettivo alla lettura: “I rapporti tra le comunità politiche come quelli tra i singoli esseri umani vanno regolati non facendo ricorso alla forza delle armi, ma nella luce della ragione, e cioè nella verità, nella giustizia e nella solidarietà operante”.
“Perseveriamo nella preghiera per la martoriata Ucraina. Preghiamo per quanto soffre l’Ucraina”,
l’appello finale: “Oggi che il mondo è sempre più provato dalle guerre e si allontana da Dio, abbiamo ancora più bisogno della Misericordia del Padre”, le parole di Francesco nei saluti ai fedeli di lingua polacca. “La prossima domenica celebriamo la misericordia di Dio, la domenica della Divina misericordia”, ha ricordato infine il Papa salutando i fedeli di lingua italiana. “Il Signore mai lascia di essere misericordioso”, ha proseguito: “pensiamo alla misericordia di Dio, che sempre ci accoglie sempre ci accompagna, mai ci lascia da soli”.