Il grande silenzio del Sabato Santo

Il silenzio di Gesù oggi ci invita ad avere sempre un cuore di carne che fa vedere che è possibile amare secondo Dio. Ci chiede di chinarci sempre verso tutti, per lavare i piedi di chi ha bisogno, anche sporcandoci le mani, soprattutto dove è annientata la vita. Ci stimola ad operare evangelicamente dove le trasformazioni sociali non sempre mettono al centro la persona nella sua totalità concreta, soprattutto perché vengono garantite le risorse per chi ha già tanto, a scapito dei più poveri che non possono neanche mangiare o usufruire delle cure sanitarie nel tempo opportuno. Gesù con il silenzio del Sabato santo si consegna ai credenti, perché tutti coloro che sono ancora in ricerca, possano incontrare delle persone che amano la giustizia, la pace, la gioia attraverso la testimonianza di chi, come Gesù, parla oggi con il linguaggio dell’amore

(Foto Canva)

È giunta ormai l’ora, il tempo fissato per il compimento della missione del Figlio di Dio. Gesù durante il banchetto delle nozze di Cana rispose alla Madre che non era giunta la sua ora (cfr. Gv 2,4), la sera dell’ultima cena l’evangelista Giovanni afferma: “Prima della festa di Pasqua sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1).

Cristo, l’unico Figlio del Padre, porta a compimento il progetto affidatogli fino al termine della sua esistenza. In ogni istante annuncia e dimostra ai suoi e a chi incontra l’amore senza condizioni, fino a consegnare se stesso all’umanità, perché essa potesse credere che è Lui l’inviato del Padre che ama ogni vivente con amore eterno. Ogni giorno Gesù con la sua vita ha narrato ovunque e in particolare ai suoi i pensieri, i sentimenti, l’operare conforme alla volontà del Padre: ha insegnato loro a pregare e a donarsi nella gratuità solo per amore.

I discepoli di fronte alla morte e al silenzio di Gesù sono smarriti, non riescono a dare un senso all’accadimento, a fare memoria di ciò che hanno ascoltato da Lui, a ripercorrere gli eventi che hanno vissuto con il Maestro fino alle ultime ore di vita, fino a consumare insieme la “cena”. Gesù ha voluto questo momento di intimità con i suoi, per suggellare la fedeltà nell’amore, anche se Giuda l’avrebbe tradito, Pietro rinnegato e i discepoli si sarebbero dileguati nel buio della notte … Nessuno sembra più ricordare le parole del Signore, neanche Pietro che, all’annuncio della passione, osò rimproverarlo.

Di fronte al silenzio tombale di Gesù non sanno che cosa fare: hanno paura, sono tristi, vivono nella confusione, non ricordano più che ripetutamente e in tutti i modi Egli aveva detto che non li avrebbe lasciati soli. Non riescono a capire che la tomba è il sigillo di chi ha vinto veramente la morte e che garantisce con l’espressione “è compiuto” (Gv 19,30) la presenza dello Spirito di Dio nel cuore di ogni credente, chiamato a vivere personalmente l’opera di Gesù.

La reazione dei discepoli di fronte alla morte di Cristo continua ad essere oggi la nostra. Il loro smarrimento è quello che noi sperimentiamo quotidianamente quando veniamo in contatto con il vuoto di qualsiasi tomba, che ci rimanda non solo alla morte fisica, ma anche a quella che tocchiamo attraverso una perdita.

Spesso ci lasciamo rinchiudere nel buio della non vita o non ci apriamo alla speranza: facciamo fatica a fare memoria di ciò che ci ha detto il Signore. Gesù riconosce, con il silenzio del Sabato santo, la capacità e la responsabilità di ciascuno di continuare la sua opera nella storia personale e sociale, guidati dallo Spirito di Dio.

Il Sabato santo è il tempo della nostra “ora” in cui si gioca la nostra fede, perché è il tempo dell’opera di Dio in atto, anche se realizzata nel silenzio.

Allora, se il Signore è sempre presente in noi, in mezzo a noi, anche nel dolore della perdita di una persona cara possiamo credere che la vita non è tolta ma trasformata e che la creatura di Dio non termina con la morte fisica, ma continua a vivere in noi attraverso lo Spirito.

Ancora: se il silenzio di Gesù è parola eloquente della sua fiducia in noi, anche la delusione di amici per i quali abbiamo investito tante energie si può trasformare in risorsa rigenerante. Da credenti siamo chiamati a scegliere di essere fedeli anche verso coloro che ci girano le spalle, come ha fatto Gesù con noi.

Il silenzio di Gesù oggi ci invita ad avere sempre un cuore di carne che fa vedere che è possibile amare secondo Dio. Ci chiede di chinarci sempre verso tutti, per lavare i piedi di chi ha bisogno, anche sporcandoci le mani, soprattutto dove è annientata la vita. Ci stimola ad operare evangelicamente dove le trasformazioni sociali non sempre mettono al centro la persona nella sua totalità concreta, soprattutto perché vengono garantite le risorse per chi ha già tanto, a scapito dei più poveri che non possono neanche mangiare o usufruire delle cure sanitarie nel tempo opportuno.

Gesù con il silenzio del Sabato santo si consegna ai credenti, perché tutti coloro che sono ancora in ricerca, possano incontrare delle persone che amano la giustizia, la pace, la gioia attraverso la testimonianza di chi, come Gesù, parla oggi con il linguaggio dell’amore:

“Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo, […] perché la nostra gioia sia piena” (1Gv 1,1-4).

Allora il silenzio del Sabato santo può diventare per ogni vivente la porta che apre alla speranza!

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