“Creare un tavolo internazionale sulle nuove tecnologie”. E’ una delle proposte emerse dall’assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, che si è conclusa ieri. Lo ha riferito il presidente, mons. Vincenzo Paglia, nella conferenza stampa di presentazione svoltasi presso la Sala Stampa della Santa Sede. Sul tavolo, ha spiegato, c’è la riflessione “sulle tecnologie emergenti e convergenti, come le nanotecnologie, l’intelligenza artificiale, gli algoritmi, gli interventi sul genoma, le neuroscienze: tutti temi che Papa Francesco ci aveva esortato ad affrontare già nella Lettera Humana Communitas, che ci aveva scritto per il 25° anniversario della Pontificia Accademia”. “L’Accademia aveva già affrontato la sfida che rappresenta per l’umanità la frontiera della Intelligenza Artificiale che in questi ultimi mesi occupa la cronaca di molti quotidiani”, ha sottolineato Paglia, ricordando che “nel febbraio 2020 è stata firmata a Roma la Rome Call e nello scorso gennaio vi hanno partecipato anche responsabili dell’ebraismo e dell’islam”. “Il prossimo anno andremo ad Hiroshima per la firma con le altre religioni mondiali, mentre si sono aggiunte diverse università nel mondo e chiedono anche altre istituzioni come Confindustria e lo stesso mondo della politica”, ha annunciato il relatore: “In questa Assemblea il tema si è allargato e riguarda l’interazione sistemica di queste tecnologie emergenti e convergenti che si stanno sviluppando in maniera velocissima e che mentre possono portare un contributo enorme al miglioramento dell’umanità, nello stesso tempo possono condurre ad una modificazione radicale dell’umano.
Si parla di post umanesimo, di uomo potenziato e così oltre. Alcuni anni fa nell’Assemblea Generale in cui trattavamo della robotica, lo scienziato giapponese Ishiguro Hiroshi, parlo dell’umanità di oggi come dell’ultima generazione organica, la prossima sarebbe stata sintetica. Ci troveremmo di fronte alla radicale trasformazione dell’umano”.
La Pontificia Accademia per la Vita, quindi, “ha sentito la responsabilità di affrontare questa nuova frontiera che coinvolge radicalmente l’umano consapevole che la dimensione etica è indispensabile per salvare, appunto, l’umano che è comune”. Tra i temi di un auspicato tavolo internazionale sulle nuove tecnologie emergenti, rispondendo alle domande dei giornalisti Paglia ha ha citato quello del possesso dei dati, all’interno del quale “gli stessi governi sono chiamati in prima persona, perché ci sono network che rischiano di essere più potenti degli Stati stessi”. “Non possiamo lasciare un mondo globale ad un atteggiamento selvaggio”, il monito del vescovo, che ha menzionato inoltre
“la nuova frontiera dello spazio, in cui agiscono scienziati cinesi, americani, russi. Mi auguro che ci siano conquiste spaziali: reggerà questa fraternità nello spazio, mentre in terra ci stiamo facendo la guerra?”.
“Il riconoscimento facciale, se non c’è una regolamentazione giuridica, rischia di creare degli squilibri”, altro tema citato in conferenza stampa. Tutto questo, per Paglia, “è materia di riflessione per un nuovo umanesimo:
vogliamo rimanere umani,
il transumano non ci manda in gloria”. Dei rischi di una deriva sui temi bioetici aveva parlato anche il Papa, nell’udienza concessa proprio alla Pav il 20 febbraio. “È paradossale parlare di uomo ‘aumentato’ se si dimentica che il corpo umano rinvia al bene integrale della persona e che dunque non può essere identificato con il solo organismo biologico”, la denuncia di Francesco, secondo il quale “un approccio sbagliato in questo campo finisce in realtà non con l’’aumentare’, ma con il ‘comprimere’ l’uomo”. Di qui “l’importanza di una conoscenza a misura d’uomo, organica”, anche in ambito teologico. “È bene che la teologia prosegua nel superamento di impostazioni eminentemente apologetiche, per contribuire alla definizione di un nuovo umanesimo e favorire il reciproco ascolto e la mutua comprensione tra scienza, tecnologia e società”, la raccomandazione del Papa, secondo il quale “la mancanza di un dialogo costruttivo tra queste realtà, impoverisce la fiducia reciproca che sta alla base di ogni convivenza umana e di ogni forma di amicizia sociale”.