“Oggi è in corso la terza guerra mondiale di un mondo globalizzato, dove i conflitti interessano direttamente solo alcune aree del pianeta, ma nella sostanza coinvolgono tutti”. Lo ha ribadito Papa Francesco, nel tradizionale discorso di inizio d’anno al Corpo diplomatico, durato circa un’ora e al centro del quale c’è la “lezione” della Pacem in terris di San Giovanni XXIII. “L’esempio più vicino e recente è proprio la guerra in Ucraina”, il riferimento al tragico scenario odierno, con il rinnovo dell’appello a
“far cessare immediatamente questo conflitto insensato,
i cui effetti interessano intere regioni, anche fuori dall’Europa a causa delle ripercussioni che esso ha in campo energetico e nell’ambito della produzione alimentare, soprattutto in Africa ed in Medio Oriente”. La via da seguire, per il Papa, è quella del disarmo integrale: “il possesso di armi atomiche è immorale, sotto la minaccia di armi nucleari siamo tutti sempre perdenti”. Passando in rassegna i numerosi focolai di guerra nel mondo – a partire dalla Siria e dal conflitto tra israeliani e palestinesi – con l’auspicio della “soluzione dei due Stati” – il Santo Padre ha citato il suo imminente viaggio in Congo e Sud Sudan, all’insegna di parole chiave come dialogo, pace e riconciliazione.
“Nonostante gli impegni assunti da tutti gli Stati di rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali di ogni persona, ancor oggi, in molti Paesi, le donne sono considerate come cittadini di seconda classe” ,
il riferimento al tema dei diritti umani e alla condizione delle donne iraniane e afgane: “sono oggetto di violenze e di abusi e viene loro negata la possibilità di studiare, di lavorare, di esprimere i propri talenti, l’accesso alle cure sanitarie e persino al cibo”. Al contrario, dove i diritti umani sono riconosciuti pienamente per tutti, le donne possono offrire il proprio contributo insostituibile alla vita sociale ed essere prime alleate della pace”. “La pace esige anzitutto che si difenda la vita, un bene che oggi è messo a repentaglio non solo da conflitti, fame e malattie, ma fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando
un presunto diritto all’aborto”,
l‘altra denuncia di Francesco: “nessuno può vantare diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa”. Di qui l’ennesimo invito a debellare la “cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani” e a
“garantire l’assistenza dei cittadini in ogni fase della vita umana, fino alla morte naturale, facendo in modo che ciascuno si senta accompagnato e curato anche nei momenti più delicati della propria esistenza”.
Il diritto alla vita, inoltre, “è minacciato anche laddove si continua a praticare la pena di morte, come sta accadendo in questi giorni in Iran”. “La pena di morte non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta”, il monito, insieme all’appello perché la pena di morte “sia abolita nelle legislazioni di tutti i Paesi del mondo”.
Nel suo discorso, il Papa ha inoltre stigmatizzato la ”paura” della vita “che si traduce in molti luoghi nel timore dell’avvenire e nella difficoltà a formare una famiglia e mettere al mondo dei figli” e si rivolto in particolare all’Italia, dove “è in atto un pericoloso calo della natalità, un vero e proprio inverno demografico, che mette in pericolo il futuro stesso della società”. “Al caro popolo italiano, desidero rinnovare il mio incoraggiamento ad affrontare con tenacia e speranza le sfide del tempo presente, forte delle proprie radici religiose e culturali”.
“E’ inaccettabile che parte della popolazione possa essere esclusa dall’educazione, come sta accadendo alle donne afgane”, il grido di Francesco, secondo il quale per contrastare la “catastrofe educativa”, gli Stati dovrebbero avere “il coraggio di invertire l’imbarazzante e asimmetrico rapporto tra la spesa pubblica riservata all’educazione e i fondi destinati agli armamenti!”. Non sono mancati precisi riferimenti alla libertà religiosa e ai Paesi dove questa è limitata, pari ad un terzo della popolazione mondiale. No, inoltre, ai “tentativi deplorevoli di fare un uso strumentale della religione per finalità meramente politiche”: “è contrario alla prospettiva cristiana”.
L’attuale conflitto in Ucraina, secondo il Papa, ha reso più evidente la crisi del multilateralismo, che ha bisogno di “un ripensamento profondo” . “Non si tratta dunque di costruire blocchi di alleanze, ma di creare opportunità perché tutti possano dialogare”, ha spiegato il Papa, mettendo in guardia dalla deriva del “totalitarismo ideologico” e dalle “forme di colonizzazione ideologica” ed auspicando un ritorno al dialogo, all’ascolto reciproco e al negoziato”.
In tema di migrazione, “procedere in ordine sparso’ non è ammissibile: le “vite spezzate” nel Mediterraneo “sono l’emblema del naufragio della nostra civiltà”. In Europa, è urgente approvare il Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo; nello stesso tempo, “la solidarietà esige che le doverose operazioni di assistenza e cura dei naufraghi non gravino interamente sulle popolazioni dei principali punti d’approdo”.
“Occorre ridare dignità all’impresa e al lavoro”, l’appello di Francesco nella parte finale del suo discorso, in cui ha auspicato passi in avanti anche quella questione dei cambiamenti climatici. Affrontando il tema della libertà, Francesco ha manifestato infine “preoccupazione” per l’affievolirsi della democrazia, come accade “in diversi Paesi del continente americano”.