Quando Dio semina il fuoco nel cuore del mondo. Balthasar e Ratzinger, o la fedeltà a Dio, all’uomo e al Creato

Una lunga e profonda amicizia legava Hans Urs von Balthasar e Joseph Ratzinger, un’amicizia che trae origine dai maestri comuni dei tempi dei loro studi, da prese di posizione condivise nei decenni successivi al Vaticano II e, soprattutto, da una comune fedeltà a Dio, all’uomo e a tutto il Creato, redento e incendiato dal seme infuocato dell’amore di Dio. Riportiamo il testo della conferenza tenutasi a Basilea il 16 giugno 2018 su invito della Balthasarstiftung e della Johannesgemeinschaft in occasione della celebrazione annuale in memoria di padre Balthasar

(Foto archivio)

Una lunga e profonda amicizia legava Hans Urs von Balthasar e Joseph Ratzinger, un’amicizia che trae origine dai maestri comuni dei tempi dei loro studi, da prese di posizione condivise nei decenni successivi al Vaticano II e, soprattutto, da una comune fedeltà a Dio, all’uomo e a tutto il Creato, redento e incendiato dal seme infuocato dell’amore di Dio. Cercherò di dimostrare questa affermazione sviluppando brevemente i tre punti che ho appena delineato.

  1. I maestri comuni

1.1 Romano Guardini (1885-1968)

Negli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso, il teologo italo-tedesco divenne un maestro per tutta la Germania, contribuendo con decisione al rinnovamento della teologia cattolica nel suo Paese adottivo e in tutta Europa. I suoi due contributi più significativi riguardano la vita liturgica e, più in generale, la vita della Chiesa. Nel campo della liturgia, Guardini debuttò con Lo Spirito della Liturgia (1918), il cui successo superò le sue aspettative. Con un linguaggio semplice e accessibile a tutti, Guardini spiegò il senso e l’essenza dell’azione liturgica, sottolineando la gratuità della liturgia (un’azione non finalizzata a uno scopo), la priorità della scienza rispetto agli usi e, infine, il suo legame con la vita della Chiesa. Pochi anni dopo pubblicò un’altra opera Sul senso della Chiesa (1922), che si apriva con una frase che divenne presto celebre e che accompagnò la vita della Chiesa fino al Vaticano II: “Un evento di incalcolabile portata è iniziato: la Chiesa si risveglia nelle anime”[1].

Entrambi i teologi subirono l’influenza di Romano Guardini.

Per preparare il dottorato in germanistica, Balthasar si era recato a Berlino dove, tra le altre cose, aveva avuto l’opportunità di ascoltare per un semestre gli insegnamenti di Guardini sulla sua Weltanschauung cattolica: imparò da lui ad avvicinarsi alle “grandi figure della storia moderna del pensiero tedesco nel loro sentimento religioso più profondo, spesso nascosto[2]”. Proprio a Guardini, infine, Balthasar dedicò un volume con il sottotitolo Réformer depuis la source[3], un avvertimento per tutti coloro che, dopo il Concilio, volevano riformare la Chiesa a partire dallo spirito del tempo e non dall’origine, dal cuore trafitto di Gesù sulla Croce.

Joseph Ratzinger, da parte sua, subì l’influenza di Guardini sulla liturgia sin dai primi anni della sua vita. Scrisse nella sua autobiografia: “L’anno liturgico (a cui i miei genitori mi hanno iniziato) dava al tempo il suo ritmo e io ho percepito questo fatto fin da bambino. […] Era un’avventura avvincente entrare a poco a poco nel misterioso mondo della liturgia, che si svolgeva là, sull’altare, davanti a noi e per noi”[4].

Questi furono i contributi alla liturgia resi celebri da Guardini che furono trasmessi al piccolo Joseph dai suoi genitori. Molto più tardi, nel 2001, Ratzinger scrisse un’Introduzione allo Spirito della Liturgia[5], il cui titolo richiamava quello di Guardini, per sottolineare che, nonostante i profondi cambiamenti degli anni passati e la celebrazione del Vaticano II, non c’era nessuna soluzione di continuità nell’ispirazione. Va infine ricordato che, congedandosi dai cardinali dopo aver letto la sua rinuncia, Benedetto XVI mostrò loro L’Église du Seigneur, una copia autografata che Guardini, divenuto suo amico, gli aveva regalato durante il Concilio. Un libro, spiegava, in cui l’essenza e la missione della Chiesa erano giustificate dal loro esclusivo riferimento a Cristo. E concludeva: “Rimaniamo uniti, cari Fratelli, in questo Mistero: nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia quotidiana, e così serviamo la Chiesa e l’intera umanità”[6].

1.2 Henri de Lubac (1896-1991)

Per essere brevi, ci limiteremo qui a ricordare che de Lubac e Balthasar erano entrambi gesuiti e si ritrovarono insieme nello scolasticato di Lione-Fourvière. De Lubac era già famoso per la pubblicazione della sua opera Cattolicesimo. Aspetti sociali del dogma, che aveva suscitato grande interesse. Di fronte alla doppia sfida dei totalitarismi comunista e nazista, de Lubac rivendicava che la visione cattolica non è individualista, né si limita alla vita privata del credente, ma è intrinsecamente comunitaria e solidale, senza ricorrere alla forza o alla violenza. Lanciò in seguito la cosiddetta riscoperta dei Padri della Chiesa e scrisse un libro, Soprannaturale, per dimostrare che la nostalgia del soprannaturale, il desiderio di Dio, è profondamente radicato nella natura umana. Un’affermazione semplice e inconfutabile che, tuttavia, sembrava scuotere le basi di un pensiero in vigore da secoli secondo cui la natura si costituisce come un ordine delimitato e chiuso in se stesso, tanto quanto il soprannaturale, al punto che i due ordini sono fondamentalmente estranei tra loro. Aggiungiamo qui solo che Balthasar fu così influenzato dalla riscoperta dei Padri della Chiesa che progettò e pubblicò tre volumi dedicati a Origene, Gregorio di Nissa e Massimo il Confessore. A differenza di Ratzinger, più giovane, che visse da vicino l’esperienza della guerra, fu soprattutto influenzato da Cattolicesimo.

1.3 Paul Claudel (1868-1955)

Fu padre de Lubac che fece conoscere Claudel a Balthasar: quest’ultimo rimase talmente impressionato che iniziò subito a tradurre le principali opere del poeta francese. Nel 1939, mentre a Basilea si sentiva già il rombo dei cannoni proveniente dal vicino confine francese, riuscì a pubblicare in tedesco due grandi opere di Claudel: le Cinque grandi odi, con la casa editrice Herder, e La scarpetta di raso, con l’editore Otto Müller (Salisburgo). Il suo interesse per Claudel non si fermò con la guerra. Al contrario, tradusse per ben cinque volte La scarpetta di raso e, nel 1943, contribuì a portarla in scena a Zurigo, che all’epoca, secondo la testimonianza di Peter Henrici[7], era la migliore piazza teatrale in lingua tedesca, grazie alla presenza di numerosi rifugiati provenienti non solo dalla Francia ma anche dalla Germania. Anche Ratzinger lesse La scarpetta di raso (proprio la traduzione di Balthasar) e ne rimase profondamente segnato. Troviamo di fatto una lunga citazione tratta dalla prima scena della Scarpetta nell’opera forse più celebre di Ratzinger, la sua Introduzione al cristianesimo del 1968. L’interesse dei nostri due autori per l’opera di Claudel era dovuto alla sua capacità di tenere insieme nel suo teatro la realtà mondano-cosmica e il mondo spirituale. In altre parole, Balthasar parlava di fedeltà al mondo perché è questa la realtà che abbiamo ricevuto, una realtà in cui sono presenti e salvati, come sosteneva lo stesso Claudel, etiam peccata, anche i peccati e la confusione degli uomini.

1.4 Mozart

Sul musicista di Salisburgo abbiamo una confessione esplicita di Balthasar che, quando ricevette il Premio Mozart nel 1987, disse: “La mia giovinezza fu caratterizzata dalla musica”. E aggiunse: “Per quanto negli anni della maturità mi siano divenuti cari Bach e Schubert, Mozart è rimasto l’immobile stella polare intorno a cui ruotano le altre due costellazioni (l’orsa minore e maggiore)”[8].

Anche in Ratzinger riscontriamo una certa predilezione per la musica di Mozart, per la prossimità dei loro luoghi di origine a Salisburgo o per la sua partecipazione ai concerti mozartiani. L’influenza di Mozart sul pensiero e sulla teologia di questi due uomini di Chiesa è stata significativa. Il grande musicista ha permesso loro di comprendere la realtà percependone la coerenza interna. Ed è proprio partendo da questa coerenza interna che si può dedurre il principio di organizzazione di ogni essere, la sua funzione e il suo fine. Inoltre, ogni essere allude e rinvia a un mistero ancora più profondo nella misura in cui l’essere cerca di donarsi e farsi conoscere. La musica, infatti, secondo Balthasar, è l’arte che ci mette più immediatamente in contatto con l’impronta di Dio nelle creature, con il mistero della morte e della redenzione, del dono e della redenzione, con la volontà di Dio di condividere le sorti della creatura, della kenosi e dell’amore infinito.

 

  1. Il Vaticano II

2.1 Gesù Cristo e la rivelazione cristiana

L’amicizia tra Balthasar e Ratzinger ha potuto rafforzarsi in occasione del Concilio a cui hanno partecipato entrambi in modo molto diverso. Il teologo svizzero anticipò e ispirò in parte i padri conciliari con il suo libro programmatico Abbattere i bastioni[9], nel quale proponeva una nuova visione della Chiesa, non più con un approccio apologetico di distanziamento, ma di comunione e contemporaneità. E se l’oggi della liturgia è sempre valido, era giunto il momento, per Balthasar, di far valere anche l’oggi dell’esistenza, del riavvicinamento e della contemporaneità con Gesù. Così la Chiesa diventa più giovane, più agile, più aperta alle nuove generazioni. Balthasar non fu però invitato al Vaticano II, e Lubac definì la sua esclusione scandalosa. Il percorso di Ratzinger invece fu diverso. Chiamato in giovane età a Bonn per insegnare teologia fondamentale, attirò presto l’attenzione degli specialisti e degli uomini di Chiesa, a tal punto che il cardinale di Colonia, Josef Frings, allora presidente dei vescovi tedeschi, lo scelse come suo esperto, come peritus, durante il Concilio. Svolse un ruolo significativo sin dalla vigilia dell’apertura: il 10 ottobre 1962 tenne una conferenza davanti ai vescovi tedeschi in cui mostrò con severità i limiti del documento preparatorio, il De fontibus (Sulle fonti: Scrittura e Tradizione), da cui, secondo gli autori romani, i padri conciliari avrebbero dovuto partire per elaborare la futura costituzione sulla Rivelazione divina. Portò così i vescovi tedeschi a respingere questo documento e costruì indirettamente una nuova maggioranza conciliare che avrebbe determinato il corso dell’assemblea[10]. Di fatto, il principale apporto di Ratzinger al Vaticano II fu il suo contributo alla Costituzione sulla Rivelazione. In linea con le sue opere precedenti, in particolare la sua tesi di abilitazione su san Bonaventura, Ratzinger proponeva un concetto di Rivelazione non statico, non metafisico, ma legato agli interventi di Dio nella storia di Israele e dell’umanità. Più precisamente, non parlava di una Rivelazione già ben definita sin dall’inizio, ma di vari interventi nei quali Dio si rivelava, l’ultimo dei quali, centrale e definitivo, legato alla figura di Gesù Cristo. Il rapporto Scrittura-tradizione non è quindi statico, ma è sempre legato al dono della grazia, alla presenza di Gesù e del suo Spirito, alla capacità di comprensione degli esegeti, ma anche dei santi sotto la guida dei dirigenti ecclesiastici, dei vescovi e del papa.

2.2 Il caso serio

Dono della grazia, l’evento conciliare portava con sé anche trappole che non tardarono a manifestarsi. Balthasar lo vide da lontano, dall’esterno, e diede un primo avvertimento in una serie di piccoli volumi che fecero grande scalpore e guadagnarono al teologo (che negli anni Cinquanta era stato quasi condannato per presunto progressivismo) la reputazione di essere passato alla reazione. Basti solo citare le più famose opere polemiche di Balthasar, Cordula ovverosia il caso serio[11]. L’opera era una critica dello spirito del tempo, di una teologia troppo accomodante. Balthasar, al contrario, voleva preservare il centro cristiano che è la forza della croce e la necessità di una decisione personale che implichi la testimonianza e il martirio, il caso serio a cui nessun cristiano può sottrarsi. Né l’apertura al mondo né la volontà di dialogo possono fare a meno dello scandalo di Colui che per amore è stato innalzato sulla Croce. E se, parafrasando il titolo di un’altra opera polemica di Balthasar[12], il mondo è come una grande orchestra, esso diventa tale solo all’arrivo del direttore d’orchestra, quando dal suono discordante di ogni musicista si passa alla sinfonia che nasce dal suono armonioso di tutti gli strumenti.

Anche Ratzinger, che aveva partecipato a tutte le sessioni conciliari, cominciò rapidamente ad alzare la voce contro i fautori dell’ermeneutica conciliare che, a forza di interpretazioni, correvano il rischio di svuotare la fede dei suoi contenuti. In particolare, invitato a presentare la situazione dei cattolici dopo il Concilio al Katholikentag di Bamberga del 1966, parlò di un certo malessere, di un clima di freddezza e anche della disillusione che si osservava in particolare nel campo liturgico, nel rapporto tra la Chiesa e il mondo, e nell’ecumenismo. Ratzinger fu ancora più severo nel suo libro Foi chrétienne d’hier et d’aujourd’hui, pubblicato nel 1968. Partendo ancora una volta dalla questione ermeneutica, l’esempio di Gianni[13], felice e beato, prototipo del teologo sempre ottimista, divenne presto famoso. Quest’ultimo baratta le verità di fede con le opinioni del momento, sempre meno convincenti. E alla fine, come Gianni, che lungo il cammino scambia il lingotto d’oro ricevuto con prodotti di sempre minor valore, fino a ritrovarsi in mano una pietra qualunque che poi butta via, così anche il teologo finisce per farsi portatore di opinioni che non servono a nessuno. L’avvertimento ai teologi e agli uomini di Chiesa in Ratzinger è accompagnato dal desiderio di proteggere la fede dei semplici, dalla consapevolezza che la fede non è un foro protetto dal quale sono esclusi i deboli e i peccatori, bensì un solido sostegno alla fraternità universale. A tutti coloro che, dopo il ‘68, stavano per lasciare la Chiesa perché non volevano appartenere a una comunità che, a causa del suo passato storico nonché di concezioni teologiche riduttive, sembrava escludere i poveri, i deboli, gli esclusi e i dannati, Ratzinger mostrava una fratellanza inclusiva che si estendeva a tutti i figli di Adamo. A questo proposito è sufficiente citare il volume La fraternità cristiana[14], in cui il giovane autore affermava che la fratellanza non si basava soltanto sulla comune origine carnale dell’uomo, ma sulla sua comune elezione da parte di Dio. Di fatto, il Dio di Israele è il Dio di tutti i popoli. Dio, attraverso Israele, vuole salvare tutti gli uomini. E se ciò non è possibile attraverso il popolo delle dodici tribù, la redenzione diventa efficace attraverso Gesù Cristo e il popolo che riposa sulle fondamenta dei dodici apostoli. Il concetto è stato poi ripreso con forza nella seconda parte di Foi chrétienne d’hier et d’aujourd’hui, a partire dal versetto conclusivo della Divina Commedia: “L’amore che muove il sole e le altre stelle[15]”. Ratzinger spiegava: “secondo san Giovanni, Gesù è il Logos, il Verbo, la Parola. La sua esistenza, che culmina con la morte sulla croce, è anche la sua parola d’amore. Non è dunque un frammento perso per caso nell’universo, ma la parola d’amore che viene dal Padre per amore dell’umanità. Attraverso la Croce si rivela dunque l’amore che è la natura di Dio, il senso del mondo e della storia, il cammino attraverso il quale ogni uomo può raggiungere Dio”. Come si vede, i due amici teologi, sebbene per strade diverse, sono giunti alla stessa conclusione, ossia, il fermo richiamo ai dogmi centrali del cristianesimo: l’incarnazione e la morte in croce di Gesù, il suo invio da parte del Padre e il mistero della Trinità.

2.3 La rivista Communio

Come è noto, Balthasar e Ratzinger furono tra i fondatori della rivista Communio, che, nel pensiero balthasariano, doveva essere scritta e pensata non solo dai teologi d’ufficio, ma anche da persone di Chiesa dedicate alla preghiera e impegnate nella vita cristiana. Con questa nuova pubblicazione volevano dare il proprio sostegno al papa e a tutti coloro che lavoravano alla difficile opera di purificazione e rinnovamento della Chiesa e riconoscevano altresì l’urgenza di alzare la voce, di difendere la fede dei semplici, dei laici immersi nell’incertezza di fronte ai tanti cambiamenti di cui non capivano il senso. Balthasar, che sin dall’inizio aveva ricevuto il compito di coordinare il lavoro della nuova rivista, era convinto che il suo programma di abbattere i bastioni fosse stato frainteso. Non voleva promuovere una sorta di imitazione, di adattamento dei cristiani allo spirito del tempo, ma spianare il terreno affinché si potesse vedere più chiaramente l’amore ardente di Gesù Cristo che era all’origine della sua venuta nel mondo, della sua morte e della sua discesa agli inferi. Il teologo della Gloria [Herrlichkeit] concluse: oggi, come sempre, non si tratta di eroismo, ma del coraggio di vivere seguendo Cristo [sequela Christi], di mettere in pratica le sue beatitudini, di seguire la via dell’amore che lo ha condotto alla morte e alla risurrezione. Il programma di “communio” dette forma alla struttura stessa della rivista. Doveva essere composta da teologi e laici insieme, non doveva avere un’unica direzione, ma le diverse redazioni nazionali erano chiamate a tener conto delle esigenze delle loro rispettive comunità ecclesiali. Inoltre, la parte teologica, dottrinale, doveva essere completata da testimonianze, legate alla vita della comunità cristiana, in cui, accanto al magistero dei pastori e dei teologi, bisognava dare spazio anche al magistero dei santi.

  1. La fedeltà al mondo

 Giungo ora a ciò che mi permette di definire il tratto distintivo del pensiero e dell’azione dei due amici teologi: la loro fedeltà a Dio e alla Chiesa, agli uomini, ai semplici, e perfino all’intero cosmo, perché, per usare le parole di Balthasar, è questo il mondo in cui Gesù è venuto, per il quale si è incarnato, ha portato il suo Vangelo e ha dato la sua vita.

3.1 La collaborazione con Adrienne von Speyr (1902-1967)

Seguire i consigli di Gesù, senza abbandonare il proprio posto, nel cuore del mondo[16]. È così che Balthasar ha riassunto il suo programma di vita in uno dei suoi bilanci periodici, che sono guide preziose per comprendere l’evoluzione del suo pensiero. Il punto di svolta nella direzione della fedeltà al mondo è legato all’incontro con Adrienne von Speyr e con le sue esperienze mistiche che hanno permesso al suo confessore e padre spirituale di sviluppare la teologia del sabato santo. Nella sua discesa agli inferi, Gesù non aveva solo vinto il peccato, ma aveva anche manifestato il movimento originario dell’amore di Dio. Questo movimento non era tanto rivolto verso l’alto come era stato pensato istintivamente per secoli, ma era una kenosi, una discesa che segue il primo sguardo d’amore del Padre che genera il Figlio, donandogli la sua natura e la sua libertà nello Spirito d’amore. Da parte sua, il Figlio non mantiene per sé la sua natura come proprietà esclusiva, ma la restituisce nella sua interezza al Padre sempre nello Spirito d’amore. La kenosi dell’amore trinitario continua nella creazione del mondo e dell’uomo a immagine del Figlio. E quando l’uomo si allontanò dalla casa del Padre, il Figlio non mantenne come inalienabile privilegio l’essere come Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, diventando simile agli uomini per riportarli con il suo amore alla casa del Padre (inno ai Filippesi). Per Adrienne e Balthasar, la kenosi dell’amore è il nuovo punto di partenza, la leva di Archimede che permette di sollevare il mondo. Partecipando a questa discesa dell’amore, il cristiano può offrire ai suoi fratelli e a tutti gli uomini la sua testimonianza d’amore. Balthasar scriveva con forza in uno dei suoi più famosi scritti ecclesiologici: “Non si può scegliere Dio ed escludere il mondo. […] Il Figlio dell’eterno Padre si fa uomo e ‘uno di noi’”[17].

E se nella visione teologica di Balthasar i monasteri di vita contemplativa conservano tutta la loro rilevanza teologica, è altrettanto vero che l’impegno dei cristiani nel mondo, il loro legame con i fratelli umani, non deve diminuire.

3.2 La Comunità di San Giovanni

La collaborazione tra Adrienne von Speyr e Balthasar non si limitò alla riflessione teologica. Si tradusse rapidamente nella decisione di fondare la Johannesgemeinschaft, Comunità di San Giovanni. Furono invitati a farne parte giovani ragazzi e ragazze, per servire la Chiesa vivendo nel mondo, esercitando la loro professione e vivendo la loro vita come silenziosa testimonianza del Vangelo. Secondo il modello già proposto dai fondatori più o meno anziani, essi non hanno bisogno di difendere la loro regola di vita, perché la loro vita silenziosa e caritativa parla per loro e costituisce la più convincente apologia dell’amore cristiano. La specificità della Comunità di San Giovanni è proprio questa fedeltà al mondo, agli uomini per i quali Gesù è venuto, ha annunciato il Vangelo e ha dato la vita.

3.3 I laici e i consigli evangelici

Un pensiero particolarmente caro a Balthasar fu quello del rapporto tra i laici e i consigli evangelici. Nella tradizione cristiana, la vita secondo i consigli di povertà, castità e obbedienza è sempre stata legata alla vita religiosa. Balthasar, al contrario, riteneva ugualmente possibile e fecondo il legame tra la vita laica e la vita secondo i consigli, che implicano una sequela radicale, la purezza della vita cristiana. La bellezza di questa testimonianza, sostiene Balthasar, non dovrebbe interessare soltanto un numero limitato di persone, ma dovrebbe dissolversi, come il sale nella pasta, in tutto il corpo della Chiesa. Un altro fatto attestato dalla tradizione è che i consigli praticati nella vita religiosa sono segno della dimensione escatologica della vita cristiana. Questa caratteristica intrinseca, secondo Balthasar, è tuttavia completata e bilanciata dalla testimonianza della dimensione incarnata. È proprio questa la specificità dei cristiani che vivono i consigli evangelici nel cuore del mondo. Essi rendono in qualche modo visibile la promessa del Signore: “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del Vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. (Marco 10, 29)”.

3.4 L’amicizia con i movimenti

Sacerdote, teologo e uomo di Chiesa, Balthasar non limitò la sua attenzione alla Comunità di San Giovanni. Per tutta la sua vita, infatti, è sempre andato alla ricerca di nuovi germogli di vita cristiana, di forme ecclesiali di presenza cristiana nel mondo: dai cosiddetti istituti secolari ai movimenti che hanno rappresentato la vera e propria novità della vita della Chiesa nel XX secolo[18]. Balthasar ha subito mostrato interesse per l’Opus Dei, il primo istituto secolare riconosciuto dalla Chiesa. In seguito, tuttavia, rivolse delle severe critiche all’Opus e tirò un sospiro di sollievo quando apprese che la fondazione di don Josemaria Escriva de Balaguer non sarebbe più stata considerata un istituto secolare[19]. Un’altra amicizia cara a Balthasar fu quella con don Divo Barsotti (1914-2006), al quale lo univa la passione per la letteratura, ma anche la ricerca di forme di vita cristiana non tentate dalla fuga dal mondo, ma pronte a raccogliere la sfida della presenza cristiana nel mondo. Don Barsotti scrisse in una pagina del suo diario nel 1964: “La ragion d’essere della Comunità è il primato della vita di preghiera e dell’unione a Dio – primato che fino ad ora sembrava essere il fine della vita monastica e che oggi deve essere il fine di tutti i figli di Dio – fuori e dentro il matrimonio, nel mondo così come nel chiostro. Perché chi vive nella solitudine e nel silenzio deve vivere senza isolarsi, ma rimanendo unito a chi vive nel mondo, e chi vive nel mondo non deve sentirsi isolato, ma essere unito a chi vive nella solitudine e nel silenzio”[20].

Non sorprende quindi che la fondazione di don Barsotti, la Comunità dei Figli di Dio, abbia alcune caratteristiche che la rendono simile alla Johannesgemeinschaft di Balthasar.

Un’altra amicizia importante fu con don Luigi Giussani (1922-2005) e con il movimento Comunione e Liberazione. Il primo e forse più importante incontro tra i due uomini di Chiesa avvenne a Einsiedeln, dove si era riunito un gruppo di ciellini delle università di Friburgo, Berna e Zurigo. Tra questi il futuro cardinal Scola, recentemente ordinato sacerdote, e il futuro vescovo di Lugano, Eugenio Corecco. Balthasar, su loro invito, tenne due conferenze che confluirono nel volume L’impegno del cristiano nel mondo[21] edito da Jaca Book con i commenti di don Luigi Giussani alle due lectio di Balthasar.

La prima affermazione di Balthasar è questa: “prima dell’impegno dell’uomo c’è l’impegno di Dio per il mondo”. Don Giussani commenta: “Il mondo in realtà attende qualcosa che non può costruire da solo. E la risposta di Dio è Cristo, ‘l’uomo Cristo’, che è ‘l’amore di Dio per noi’. Allora, cos’è il cristiano nel mondo? Uno che porta al mondo ciò che il mondo attende senza saperlo: Cristo”[22].

Un’altra osservazione importante che Balthasar fa è questa: “Non siamo noi a costruire l’unità della Chiesa, è Cristo morto e risorto l’unità”. Don Giussani commenta: “Non sono le nostre esperienze che costruiscono l’unità, ma è quell’unità che fonda le nostre esperienze”, e ancora: “La prima cosa da fare per impegnarsi nel mondo non è fare o costruire, ma accettare questo impegno che Dio ha preso nei nostri confronti[23]”.

Dopo questo primo incontro, così significativo, i contatti si sono fatti sempre più frequenti grazie alla pubblicazione della rivista Communio e alle numerose traduzioni di Balthasar per la Jaca Book, una casa editrice che per ispirazione, anche se non formalmente, era legata a Comunione e Liberazione.

3.5 Le nuove forme di vita cristiana

Da parte sua Ratzinger si interessò e partecipò a nuove forme di vita cristiana. Professore a Ratisbona, ebbe tra i suoi allievi il giovane Ludwig Weimer (nato nel 1940) che gli fece conoscere la Katholische integrierte Gemeinde, un piccolo movimento che, dopo l’orrore della Shoah, ha cercato di riscoprire le radici ebraiche della fede cristiana. Tuttavia, soprattutto agli inizi, la strada della Comunità non fu facile. L’originalità della forma di vita della Comunità, idealmente ispirata alla prima comunità cristiana di Gerusalemme e più concretamente al modello israeliano dei kibbutzim, suscitò dei sospetti. I leader della Comunità cercarono ripetutamente di incontrare i vescovi per spiegare la loro posizione, ma invano. Tra i pochi che difesero la Comunità c’era il teologo Ratzinger, che sosteneva che ogni fedele ha comunque diritto alla preghiera. Pochi anni dopo Ratzinger, divenuto arcivescovo di Monaco, approvò ufficialmente gli statuti della Comunità nella diocesi di Monaco. L’amicizia continuerà anche dopo la partenza di Ratzinger a Roma come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e come papa. Troviamo l’eco di questa amicizia nel breve volume di Ratzinger: Molte religioni, un’unica alleanza[24], in cui l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sviluppò il tema della riconciliazione tra ebrei e cristiani, senza abbandonare la loro rispettiva fede, ma sforzandosi di approfondire le radici comuni[25].

3.6 Il Congresso mondiale

Nel 1998 si tenne a Roma il Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. In quell’occasione il cardinal Ratzinger tenne una conferenza dal titolo: I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica[26], che fu accolta con entusiasmo dai rappresentanti dei movimenti. Nella conferenza il cardinale partì da una constatazione: mentre si parlava di “inverno” nella Chiesa, “ecco qualcosa che nessuno aveva previsto: lo Spirito Santo aveva chiesto di nuovo la parola[27]”. I giovani appartenenti al Cammino neocatecumenale, a Comunione e Liberazione, al Rinnovamento nello Spirito, ai Focolari, chiedevano di vivere il Vangelo nella sua interezza e con dedizione. Certamente, continuava il cardinale, vi erano la parzialità e gli eccessi tipici di ogni realtà umana. Ma come non riconoscere l’azione dello Spirito? E i pastori della Chiesa non potevano porsi solo come dei giudici severi, come se fossero solo i movimenti a doversi adattare alle istituzioni ecclesiali. Al contrario, sono queste ultime che devono adattarsi per accogliere le nuove irruzioni dello Spirito. Il cardinale ha poi fatto una seconda affermazione, ancora più sorprendente: non solo i movimenti non sono contrari alla Chiesa, ma anzi, appartengono a ciò che i teologi chiamano successione apostolica. A sostegno di questa sorprendente affermazione, il cardinale sosteneva che idealmente, oltre che cronologicamente, è esistita prima una Chiesa universale e solo in seguito una Chiesa locale. Gesù aveva di fatto affidato ai dodici apostoli il compito di diffondere il suo messaggio fino agli estremi confini della terra. Ed è dall’attività missionaria degli apostoli che sono nate in seguito le chiese locali. I vescovi, pertanto, non devono solo preoccuparsi di mantenere l’unità interna della Chiesa, ma devono anche mostrare sollecitudine per la diffusione del Vangelo, tendere l’orecchio e aguzzare la vista per percepire le nuove irruzioni dello Spirito. Del resto, se si guarda alla storia della Chiesa, esistono realtà ecclesiali che possono essere considerate dei precursori dei movimenti: il monachesimo, il ritorno al Vangelo difeso da san Francesco, il movimento missionario lanciato da sant’Ignazio di Loyola, e le tante iniziative sociali del XIX secolo spesso nate grazie alle donne. L’eco suscitato dalle parole del cardinale si estese fino all’anno successivo quando si riunirono a Roma vescovi e cardinali invitati a loro volta dal Pontificio Consiglio per i Laici. Questi, esternando le proprie difficoltà al cardinale, si sentirono rispondere: “i movimenti sono doni per la Chiesa che diventano fecondi solo se si accetta la sofferenza che causano”. In cambio offrono un’esperienza gioiosa e lo spirito di familiarità indispensabile alla società di massa.

Conclusione

 Il titolo di questo articolo, Quando Dio semina il fuoco nel cuore del mondo, vuole ricordare l’entusiasmo di alcune delle prime opere di Balthasar come Il chicco di grano. Aforismi[28], Il cuore del mondo[29], o ancora Il tutto nel frammento. Aspetti di teologia della storia [30]. Mi sembra anche di poter dire che in questi libri troviamo una forte eco dell’intensa collaborazione tra Adrienne von Speyr e Balthasar. È da questa collaborazione che scaturisce il coraggio che Ratzinger ha spesso ricordato con ammirazione, specialmente in occasione dei vent’anni di fondazione della rivista Communio e dei funerali di padre von Balthasar a Lucerna. Non c’è bisogno di avere paura di essere piccoli, non c’è bisogno di temere che i cristiani possano perdere la loro influenza sulla scena politica mondiale. Al contrario, è importante che continuino a testimoniare i consigli evangelici nel mondo, che non rendano insipido il sale loro affidato, e che continuino a essere “fermento della vita del Vangelo nel mondo[31]”. Il resto lo porterà a termine l’impegno di Dio nei confronti dell’umanità, il chicco di fuoco che Dio ha seminato nel mondo. È proprio questo che permette di capire l’amore di Balthasar per la bellezza che viene da Dio e riconduce a Lui, l’amore e la devozione di Balthasar e Ratzinger per i santi che sono, ogni volta, testimoni della radicalità cristiana e della gioiosa risposta dell’uomo a Dio, e anche la passione di Ratzinger per l’ecologia perché Dio ci ha donato il mondo e la terra come un giardino da coltivare e trasmettere con amore a coloro che verranno dopo di noi.

(Conferenza tenutasi a Basilea il 16 giugno 2018 su invito della Balthasarstiftung e della Johannesgemeinschaft in occasione della celebrazione annuale in memoria di padre Balthasar)

 

[1] Cfr. R. Guardini, “Il senso della Chiesa”, in La realtà della Chiesa, Morcelliana, Brescia, 31979, p. 21.

[2] Cfr. Hans Urs von Balthasar, Unser Auftrag, Johannes Verlag, Einsiedeln, 1984, p. 32.

[3] Maldestramente tradotto in francese: “Une réforme aux sources”, Fayard, 1971 (N.d.R.).

[4] J. Ratzinger, La mia vita, San Paolo, Cinisello, 1997, p. 16 ss.

[5] Introduzione allo Spirito della Liturgia, San Paolo, Cinisello, 2001.

[6] Sul sito vatican.va (“congedo cardinali”).

[7] P. Henrici, Erster Blick auf Hans Urs von Balthasar, in Hans Urs von Balthasar, Gestalt und Werk, ed. K. Lehmann e W. Kasper, Verlag der christliche Literatur Communio, Colonia, 1989, p. 28.

[8] Cfr. E. Guerriero, Hans Urs von Balthasar, Parole et Silence, Parigi, 22013, annesso, p. 365 s.v.

[9] Raser les bastions, Seuil, Parigi, 1952 (testo parziale in Dieu vivant 25, 1953, pp. 17-32).

[10] Cfr. E. Guerriero, Serviteur de Dieu et de l’humanité. La biographie de Benoît XVI, Mame, Parigi, 2017.

[11] Cordula ou l’épreuve décisive, Beauchesne, Parigi, 1969.

[12] La Vérité est symphonique, Parole et Silence, Parigi, 2000.

[13] Protagonista della novella La fortuna di Gianni dei Fratelli Grimm (N.d.T.)

[14] Die christliche Brüderlichkeit, Kösel Verlag, Monaco, 1960.

[15] Dante, La Divina Commedia, terza parte, Paradiso, canto XXIII, v. 145: L’amor che move il sole e l’altre stelle. Ratzinger è rimasto particolarmente colpito da questo versetto di Dante che citerà più volte, specialmente nella sua prima e principale enciclica, Dio è Amore.

[16] Hans-Urs von Balthasar, Kleiner Lageplan zu meinen Büchern, Johannes Verlag, Einsiedeln 1955, p. 25.

[17] Sponsa Verbi, Morcelliana, Brescia, 1985, p. 429.

[18] Per questo paragrafo, cfr. in particolare Sponsa Verbi, Saggi teologici II, Morcelliana, Brescia, 1985, pp. 290-302.

[19] Cfr. P. Henrici, Erster Blick auf Hans Urs von Balthasar, in K. Lehmann-W. Kasper, Von Balthasar, Gestalt und Werk, Verlag für christliche Literatur Communio, Colonia 1989, p. 40.

[20] D. Barsotti, Ebbi a cuore l’eterno: diario mistico, 1962-1965, Rusconi, Milano, 1981, 15 ottobre 1964.

[21] Hans Urs von Balthasar e Luigi Giussani, L’impegno del cristiano nel mondo, Jaca Book, Milano, 1971.

[22] Cfr. A. Savorana, Vita di don Giussani, Rizzoli, Milano 2013, p. 426.

[23] Cfr. A. Savorana, op. cit., p. 427.

[24] L’unique alliance de Dieu et le pluralisme des religions, Parole et Silence, Parigi, 1999.

[25] Intanto, in occasione della celebrazione del cinquantesimo anniversario di Nostra Aetate, la dichiarazione conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, il Pontificio Consiglio per il Dialogo con l’ebraismo invitava i vescovi e teologi ad approfondire e sviluppare la teologia presente nel documento conciliare. Rispondendo a questo invito, Benedetto XVI pubblicò un testo datato ottobre 2017 e firmato Joseph Ratzinger – Benedetto XVI per indicare che, probabilmente, si tratta di un documento su cui Ratzinger aveva iniziato a lavorare quando ancora era cardinale e che portò a termine dopo essere diventato papa. Il Papa emerito cerca così di dare una base teologica al trattato De Judaeis, che, come egli stesso scrive, è spesso diventato Contra Judaeos (J. Ratzinger / Benedetto XVI, L’Alliance irrévocable, Parole et Silence, Parigi, 2018).

[26] Il testo è contenuto nel volume Les Mouvements dans l’Église, edito dal Pontificio Consiglio per i Laici, LEV, Città del Vaticano, 1999, p. 23-41, o anche in J. Ratzinger, L’irruption de l’Esprit. Les nouveaux mouvements dans l’Église, Parole et Silence, Parigi 2006.

[27] J. Ratzinger, L’irruption de l’Esprit, cit., p. 14.

[28] 2 vol., Arfuyen, Parigi, 2003 e 2004.

[29] Saint-Paul, Parigi, 1956.

[30] [Das Ganze im Fragment ] DDB, 1970.

[31] J. Ratzinger, L’irruption de l’Esprit, cit., p. 96.

 

(*) Communio France

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