Oggi è Natale, mentre ancora infuria la guerra in Ucraina e in tante altre zone dimenticate. È Natale, mentre nel mondo, ma anche nella nostra Italia adulti e bambini si trovano a combattere con la povertà. È Natale, mentre ci sono persone che, pur di accumulare ricchezze, decidono per noi, svendendo la nostra salute, l’ambiente, il bene comune. È Natale, ma c’è tanta fragilità. Bisogna saperla anche riconoscere, come ha ben raccontato don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, in un suo post su Facebook, qualche giorno prima di Natale: mentre si trovava in una libreria cattolica per comprare un libro, è entrata una signora ancora giovane, ben vestita, discreta, venuta per vendere “una manciata di accendini”. Visto che a nessuno dei presenti nel negozio interessa acquistare, la povera donna implora: “Vi prego, fate la carità… fatela in suffragio dei vostri morti…”. A quelle parole il sacerdote avverte “come un pugno nello stomaco”: “Anche oggi Gesù passa per le strade delle nostre città, delle nostre contrade, dei nostri quartieri popolari. E si fa mendicante. E ci interpella. E ci sfida”. Don Maurizio le offre qualcosa, ma poi, mentre la donna sta per uscire dal negozio, le chiede l’accendino “per non mortificarla. Per non mortificarmi”. Quella sera stessa “in chiesa”, accanto al presepe, davanti all’altare, capisce che “sarà con l’accendino della signora sconosciuta e bella” che darà “luce alla lampada che brilla davanti alla mangiatoia la notte di Natale”, mentre affida “al Dio Bambino i poveri, gli immigrati, le vittime innocenti di questa guerra assurda. E tutti coloro che non riescono più a tenere il passo con questo mondo che corre tanto in fretta da dare l’impressione di essere impazzito”. A don Maurizio Patriciello chiediamo di riflettere con noi in questo Natale 2022.
Con un mondo così in affanno riusciamo a vivere un Natale più sobrio?
Spero che prendiamo sul serio le parole del Papa che ce lo ha chiesto quasi per carità di essere più essenziali e di devolvere qualche soldino per l’Ucraina, spero che i cattolici italiani lo ascoltino. Adesso far finta di niente, di fronte a tutte le povertà, sarebbe un peccato mortale: viviamo una situazione disastrosa, non solo per quello che riguarda l’Ucraina, ma anche per i risvolti che questa guerra ha su di noi. Lo vedo nel mio quartiere, dove già ci sono tanti poveri: aumentando le materie prime, il prezzo dei beni di prima necessità come pane, pasta, il gas, la corrente elettrica, la gente vive problemi molto seri. Ma sono tempi duri anche per i sacerdoti.
Ci racconti…
In Italia è successa una cosa di una gravità inaudita e riguarda il caso di don Mattia Ferrari, cappellano di “Mediterranea saving humans”, minacciato online dal “portavoce della mafia libica”. Ha sporto regolare denuncia, ma la Procura di Modena propone di archiviare tutto. Dalle parole del pm si evince che don Mattia se lo doveva aspettare: correre rischi di questo tipo dovrebbe essere considerato normale per “chi porta il suo impegno umanitario (e latamente politico) sul terreno dei social o comunque del pubblico palco – ben diverso dagli ambiti tradizionali – riservati e silenziosi – di estrinsecazione del mandato pastorale – e lo faccia propalando le sue opere con toni legittimamente decisi e netti…”. Insomma, un prete così non meriterebbe di avere giustizia e di essere tutelato. Invece, innanzitutto bisognerebbe chiedersi perché la mafia libica senta il bisogno di minacciare un prete: è chiaro che questo prete ha messo un dito nella piaga. È grave sminuire quelle minacce e pericoloso non solo per don Mattia, ma per chiunque si impegni in questo campo e per i preti italiani in genere. Mi ricordo di quando, anni fa, un boss della camorra mi fece sequestrare per costringermi ad ascoltarlo e con fare minaccioso mi disse: “In questo quartiere non dovrai mai più fare riferimento a polizia e carabinieri. Ma non devi temere niente, per qualsiasi cosa, vieni a casa mia”. E la sua “devotissima” moglie mi diceva: “Che te ne importa della camorra? Della droga? Dei nostri affari? Tu devi celebrare messe, battesimi, funerali e farti gli affari tuoi”. Ma un prete, alla sequela di Gesù, può ascoltare un “consiglio” del genere? Io non l’ho fatto e anche per questo oggi vivo sotto scorta.
È Natale e Dio sceglie di nascere non in un lussuoso palazzo: Gesù nasce povero in una stalla… Eppure per soldi e potere ci sono persone disposte a tutto…
È così, basti pensare quello che è successo al Parlamento europeo, una vergogna immensa. Tutti i parlamentari, a cominciare da quelli italiani, dovrebbero chiedere perdono all’Europa e agli italiani che li hanno votati, anche se non si sono macchiati direttamente di quei reati. Come Papa Francesco, quando ha chiesto perdono per quanto commesso dai preti pedofili. La storia al Parlamento europeo è più brutta di quanto si può credere perché si fanno affari e si riempiono sacchi e valigie di soldi, mentre c’è gente che sta morendo di fame, ci sono persone, tra cui bambini, che muoiono sotto le bombe e tanti giovani che restano mutilati per tutta la vita. Di fronte alla povera gente che soffre bisognerebbe inchinarsi e chiedere scusa, facendo in modo che d’ora in poi gli aiuti arrivino veramente nelle tasche dei poveri, senza perdersi in mille rivoli.
Ma possiamo definire questa ricerca “ossessiva” di denaro e benessere una tentazione?
Da giovane mi meravigliavo sempre quando nel Vangelo leggevo che non si possono servire due padroni: Dio e mammona. Gesù ci indica il denaro come l’anti-Dio. Poi con il tempo mi sono reso conto che è così:
per il denaro ci sono persone disposte a perdere la dignità, la reputazione, ad avvelenare l’ambiente, a rovinare la salute, a distruggere le proprie famiglie.
Come dico sempre, il camorrista non vuole bene neanche ai suoi stessi figli perché la strada che ha destinato loro porta o al camposanto o al carcere. E se dalla camorra passiamo alla guerra in Ucraina e a tutti i conflitti del mondo, si combatte per denaro, perché così si alimentano le industrie belliche. Purtroppo, il denaro ha un grande fascino, ma a chi è disposto a tutto per ottenere denaro dovremmo ricordare il Salmo che dice: “Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo”. Allora, quando lascerà questa vita cosa se ne farà di tutto questo denaro che avrà accumulato?
Che passi si devono compiere, allora, nello Spirito del Natale?
Se l’io non fa pace con il noi, se il mio non fa pace con il nostro, se il privato non fa pace con il pubblico, se a Napoli i quartieri “alti, nobili, benestanti, dei professionisti” non fanno pace con i quartieri come Forcella, la Pignasecca, la Sanità, i Quartieri Spagnoli, se il Nord Italia non fa pace con il nostro Sud, non ci sarà mai una speranza bella cui fare riferimento. Se facessimo questi passi, vivremmo tutti in un mondo migliore, con meno sofferenza, meno malattia, meno morte. Questa è la nostra lotta.
Ma quanto ci lasciamo “liberare” dal Salvatore che viene rispetto ai nostri peccati, alle nostre pesantezze?
Abbiamo bisogno non tanto di personalità profetiche dei giorni nostri – come possono essere don Lorenzo Milani, don Primo Mazzolari, don Pino Puglisi, don Peppe Diana -, ma di una Chiesa profetica, di tutto il popolo santo di Dio profetico, che non cada nelle trappole che soprattutto il mondo virtuale ci propone giorno dopo giorno, ma che sappia indicare una meta. Di questo i giovani hanno proprio bisogno. Il nostro compito è seminare: se il Signore ci darà la grazia di vedere qualche frutto già nella nostra vita, Lo ringraziamo, ma va bene anche se il nostro compito fosse solo seminare senza vedere niente. Charles de Foucauld alla sua morte, nel 1916, non aveva niente di concreto tra le mani, ma dopo la sua morte sono nate decine di comunità religiose cattoliche che si ispirano a lui. Allora, bisogna seminare oggi semi buoni di speranza, che possono fruttificare anche tra cento anni.