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Papa all’udienza: “Evitare una nuova escalation in Ucraina”

Papa Francesco ha concluso l'udienza di oggi, dedicata alla desolazione come elemento del discernimento, con un ennesimo appello per la pace nella "martoriata Ucraina"

Foto Calvarese/SIR

“Evitare una nuova escalation e aprire la strada al cessate il fuoco e al dialogo”. È l’ennesimo appello per la pace nella “martoriata Ucraina”, elevato dal Papa al termine dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro e dedicata alla desolazione come elemento del discernimento. “Una serenità perfetta ma asettica, senza sentimenti, quando diventa il criterio di scelte e comportamenti, ci rende disumani”, ha esordito Francesco. “Non possiamo non fare caso ai sentimenti”, ha proseguito braccio: “Non saremmo umani, e il sentimento è una parte della nostra umanità. Senza capire i sentimenti saremo indifferenti alla sofferenza degli altri e incapaci di accogliere la nostra”. “Senza considerare che tale perfetta serenità non la si raggiunge per questa via dell’indifferenza”, il monito del Papa, che ha messo in guardia dalla “distanza asettica” di chi dice: “io non mi immischio nelle cose”: “Questa non è vita, è come se vivessimo in un laboratorio, chiusi per non avere malattie!”. “Anche lo stato spirituale che chiamiamo desolazione – quando nel cuore è tutto buio, è triste – può essere occasione di crescita”, ha assicurato Francesco, secondo il quale “se non c’è un po’ di insoddisfazione, di tristezza salutare, una sana capacità di abitare nella solitudine, di stare con noi stessi senza fuggire, rischiamo di rimanere sempre alla superficie delle cose e non prendere mai contatto con il centro della nostra esistenza”.

“Le scelte importanti – l’obiezione ancora fuori testo – non vengono dalla lotteria:

hanno un prezzo, e tu devi pagare quel prezzo, è un prezzo che devi fare col tuo cuore, è un prezzo della decisione, da portare avanti con un po’ di sforzo: non è gratis, ma alla portata di tutti. Noi tutti dobbiamo pagare questa decisione per uscire dallo stato dell’indifferenza, che ci butta già sempre”. La desolazione, l’analisi del Papa, “provoca uno scuotimento dell’anima, mantiene desti, favorisce la vigilanza e l’umiltà e ci protegge dal vento del capriccio”. Per molti santi e sante, “l’inquietudine è stata una spinta decisiva per dare una svolta alla propria vita”, ha detto Francesco citando Agostino di Ippona, Edith Stein, Giuseppe Benedetto Cottolengo, Charles de Foucauld. No, dunque, alla “serenità artificiale”, sì invece alla “sana inquietudine” e alla desolazione come “invito alla gratuità, a non agire sempre e solo in vista di una gratificazione emotiva”:

“Essere desolati ci offre la possibilità di crescere, di iniziare una relazione più matura, più bella, con il Signore e con le persone care, una relazione che non si riduca a un mero scambio di dare e avere”.

“Pensiamo alla nostra infanzia”, l’invito: “Da bambini, capita spesso di cercare i genitori per ottenere da loro qualcosa, un giocattolo, i soldi per comprare un gelato, un permesso… E così li cerchiamo non per se stessi, ma per un interesse. Eppure, il dono più grande sono loro, i genitori, e questo lo capiamo man mano che cresciamo. Anche molte nostre preghiere sono un po’ di questo tipo, sono richieste di favori rivolte al Signore, senza un vero interesse nei suoi confronti. Andiamo a chiedere, chiedere, chiedere…”.

“La vita spirituale non è una tecnica a nostra disposizione, non è un programma di benessere interiore che sta a noi programmare”,

ha sintetizzato il Papa: “la desolazione è la risposta più chiara all’obiezione che l’esperienza di Dio sia una forma di suggestione, una semplice proiezione dei nostri desideri”. “In tal caso – ha argomentato Francesco – saremmo sempre noi a programmarla, saremmo sempre felici e contenti, come un disco che ripete la medesima musica. Invece, chi prega si rende conto che gli esiti sono imprevedibili: esperienze e passi della Bibbia che ci hanno spesso entusiasmato, oggi, stranamente, non suscitano alcun trasporto. E, altrettanto inaspettatamente, esperienze, incontri e letture a cui non si era mai fatto caso o che si preferirebbe evitare – come l’esperienza della croce – portano una pace immensa”. “Imparare a stare col Signore senza altro scopo, esattamente come ci succede con le persone a cui vogliamo bene”, la direzione di marcia: “desideriamo conoscerle sempre più, perché è bello stare con loro”.

“Non aver paura della desolazione”, l’invito finale a braccio: “portarla avanti con perseveranza, non fuggire, e nella desolazione cercare di trovare il cuore di Cristo, trovare il Signore. E la riposta arriva, sempre”.

Di fronte alle difficoltà, quindi, “mai scoraggiarsi, ma affrontare la prova con decisione, con l’aiuto della grazia di Dio che non ci viene mai a mancare”.

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