“Auspichiamo una risoluzione rapida della situazione perché sappiamo che lo stato psicologico di queste persone è fortemente provato e poi l’avvio di nuovi meccanismi di accoglienza a livello europeo, non basati però solo sul solo volontariato espresso dalle singole nazioni, ma su criteri stabiliti a monte capaci di tutelare anzitutto i migranti anzitutto e poi i singoli stati”. Si esprime così, al Sir, Paolo Beccegato, vicedirettore vicario della Caritas Italiana e responsabile dell’Area internazionale, in merito al caso delle due navi Ong, con a bordo i migranti, approdate a Catania tra sabato e domenica, la Humanity 1 e la Geo Barents, ancora ferme nel porto della città siciliana. Sulla prima, infatti, dopo i 144 fatti scendere perché ritenuti “fragili” sono ancora a bordo 35 persone. Sulla Geo Barents, nave di Medici Senza Frontiere, invece, ci sono ancora 215 persone.
Beccegato come valuta questa situazione?
In primo luogo vorrei contestualizzare questa situazione dentro un quadro globale e che di per sé è già abbastanza unico. Se è vero che situazioni di questo tipo si sono già verificate nel passato è vero anche che stiamo assistendo ad un aumento esponenziale dei rifugiati. Abbiamo ormai superato i 100 milioni.
Queste persone sono quindi una cartina di tornasole di quanto sta accadendo nel mondo. E mi riferisco in particolare all’aumento del numero delle guerre e del relativo impatto sui civili e ai danni provocati dall’emergenza climatica.
In questo momento, ad esempio, nell’Africa subsahariana stiamo assistendo a una vera e propria catastrofe umanitaria che sta flagellando tutta la fascia del Sahel e fino al corno d’Africa. Quindi, il motivo profondo per cui queste persone scappano dalle loro case non è semplicemente per cercare di migliorare la propria vita ma perché nella loro terra non c’è futuro, non c’è vita, anzi c’è la morte. Sono persone costrette a lasciare la loro terra, o per fame, o violenze, o a causa di gravissime violazioni dei diritti umani fondamentali.
E per quanto riguarda il caso specifico di Catania
A noi risulta che la stragrande maggioranza delle persone a bordo di quelle navi, sono uomini e donne, senza contare i più piccoli, che hanno subito violenze terribili sia nei Paesi di provenienza sia in quelli di transito, fino alla Libia. Di fatto quindi, sono persone segnate da un’estrema fragilità oltre che da varie patologie. Credo che fare preferenze e applicare criteri selettivi, per quanto riguarda l’accoglienza, sia se intanto molto difficile da applicare e poi concettualmente discriminante. E anche se fosse comprensibile nella logica, o pur avendo un senso, di fatto, guardando a questo caso, mi sembra sbagliato perché abbiamo a che fare solo con gente segnata da grandi, grandi difficoltà.
Come valuta lo scontro tra Viminale e Ong?
Vedo anzitutto due perplessità. La prima nasce dal fatto che se l’Europa dell’est non si è tirata indietro nell’accogliere i profughi provenienti dall’Ucraina, e siamo tutti europei, non vedo perché quella del mediterraneo debba tirarsi indietro quando l’emergenza arriva da su ed è lei ad essere chiamata in causa. Qui devono prevalere criteri più alti, a cominciare dal quello della solidarietà.
Poi, per quanto riguarda le Ong, vorrei ricordare che parliamo di realtà “no–profit”, non di enti o strutture direttamente legate ai governi. Le Ong, sono generalmente “il meglio” di ciò che ciascun Paese può offrire nel campo della solidarietà, dell’accoglienza, sia a livello nazionale, quando operano in favore dei poveri locali, sia internazionale quando si occupano di chi nel mondo vive una condizione di bisogno. La solidarietà non ha confini.
Mi sembra invece che i governi spesso tendano a strumentalizzare il contributo offerto dalla società civile: utile e lodevole quando viene in soccorso dei propri poveri, censurabile o da limitare quando non è più in sintonia con i loro interessi. Vorrei ribadire che le OnG, e in generale tutto il no-profit, altro non altro che cercare di aiutare chi si trova in situazioni di grave difficoltà, fa per terra e per mare, a livello nazionale e internazionale. Non c’è bisogno di questi scontri, è opportuno invece collaborare al fine di trovare il modo più opportuno per risolvere i problemi evitando così di generarli.
Il Papa però chiama in causa l’Europa per una condivisione dell’emergenza migranti
Condividiamo pienamente la linea del Papa e siamo convinti anche noi che serva un’accoglienza europea, sia però, lo ripeto, quando i rifugiati arrivano da est sia quando arrivano da sud. Non c’è dubbio poi che l’Italia non può e non deve essere lasciata sola ad affrontare questa emergenza. Ci vuole una visione ampia, e non parziale, del fenomeno, che richiede al tempo stesso una risposta altrettanto ampia.
E per quanto riguarda la situazione di queste ore?
Nel caso specifico di Catania auspichiamo in primo luogo una soluzione rapida della situazione. Al di là dei problemi fisici, sappiamo che lo stato psicologico di queste persone è fortemente provato e segnato da anni di vessazioni, violenze, difficoltà e sofferenze indicibili.
Si tratta di persone che hanno messo a rischio la propria vita, cioè hanno contemplato l’ipotesi di morire, pur di trovare una situazione migliore di quella che stavano lasciando.
In secondo luogo auspichiamo l’avvio di meccanismi europei di accoglienza, non basati solo sul volontariato espresso dalle singole nazioni, ma su criteri stabiliti a monte, in modo tale che tali situazioni non si ripercuotano intanto sulle spalle e sulla pelle dei migranti e poi sulla vita e gli equilibri delle singole nazioni.