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Papa Francesco in Bahrein. Mons. Hinder (vicario Arabia): “Sappiamo di non essere dimenticati”

“Stiamo aspettando Papa Francesco con gioia e con enorme soddisfazione. Sappiamo di non essere dimenticati”. Così mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell'Arabia del Nord (Bahrein, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita) descrive al Sir l'attesa dei cristiani e dei cattolici locali per il viaggio di Papa Francesco in Bahrein, dal 3 al 6 novembre. Nel piccolo Regno vive la più antica comunità cristiana della penisola arabica

(dal web avona.org)

“Stiamo aspettando Papa Francesco con gioia e con enorme soddisfazione. Sappiamo di non essere dimenticati”. Alla vigilia del viaggio di Papa Francesco in Bahrein, dal 3 al 6 novembre, in occasione del “Bahrein Forum for dialogue: East and West for Human coexistence”, a parlare è mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia del Nord (Bahrein, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita).

Mons. Paul Hinder

Al Sir descrive lo stato d’animo dei cristiani e dei cattolici locali, questi ultimi sono circa 80.000 su una popolazione complessiva di poco più di 1.400.000 abitanti. La comunità cristiana in Bahrein è composta in larga parte da migranti stranieri (le stime parlano di 240mila persone), provenienti dall’Asia, soprattutto Filippine, dal Medio Oriente e dal subcontinente indiano. In questo Paese del Golfo, ci tiene a ricordare mons. Hinder, “vive la più antica comunità cristiana della penisola arabica, un migliaio di fedeli arabo-cristiani, emigrati qui dal Medio Oriente agli inizi degli anni Trenta, e oggi cittadini a pieno titolo”. Il cuore di questo piccolo gregge cristiano è rappresentato dalla cattedrale di Awali, dedicata a Maria Regina d’Arabia, la più grande chiesa cattolica della penisola araba, costruita su un terreno donato dal re Hamad bin Isa al-Khalifa e consacrata il 10 dicembre del 2021 dal card. Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.

(Foto Vatican Media/SIR)

Gesti che vanno a ribadire le buone relazioni bilaterali tra Santa Sede e Bahrein avviate nel gennaio del 2000. Risale, invece, a giovedì 27 ottobre scorso, l’udienza di Papa Francesco a Muhammad Abdul Ghaffar, nuovo ambasciatore del Regno del Bahrein, nella quale sono state presentate le lettere credenziali con cui viene accreditato presso la Santa Sede.

Un tempo di Avvento. “Il Bahrein – sottolinea il vicario apostolico – è sempre stato uno dei paesi più aperti nei confronti dei cristiani e dei fedeli di altre religioni”. Posizionato su un arcipelago di 33 isole vicino alle coste occidentali del Golfo Persico, questo piccolo regno ha sempre rappresentato “una piattaforma nella quale si sono incontrati popoli dell’Oriente, del Medio Oriente segnandone la storia, anche delle Chiese”. Anche per questo che “l’attesa per la venuta del Pontefice è condivisa da tutti, cristiani, cattolici e musulmani. Sembra rivedere lo stesso spirito e la stessa gioia di quando, nel febbraio del 2019, Papa Francesco si recò negli Emirati Arabi Uniti (Eau)”. Una visita storica perché per la prima volta un Papa metteva piede nella penisola arabica. Allora con il grande imam Ahmad Muhammad Al-Tayyib, firmò ad Abu Dhabi, il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, un invito a riscoprirsi fratelli per promuovere insieme i diritti umani, la pace, la giustizia e la libertà religiosa.

“Da quel che vedo e sento percepisco un sentimento di ‘Avvento’ che ben si accorda con l’analogo, prossimo, Tempo che ci condurrà verso il Natale”.

Un segnale forte. Grande attesa ma anche “poche possibilità” per i cristiani di partecipare agli eventi pubblici previsti dal programma del viaggio papale. Il vero e proprio bagno di folla ci sarà allo stadio nazionale, ad Awali, dove il 5 novembre Papa Francesco celebrerà la Messa “davanti a 28mila fedeli, non solo del Bahrein. Ben 2mila cattolici arriveranno dalla confinante Arabia Saudita. Ma saranno molti di più quelli che seguiranno la diretta sui social. Per tutti – rimarca il vicario apostolico – questa Messa sarà il segno, visibile, di riconoscimento della loro esistenza di migranti”.

“Il Papa in Bahrein, nonostante le sue difficoltà fisiche, è un segnale forte”.

Una Chiesa viva. In Bahrein, dice mons. Hinder, Papa Francesco incontrerà “una Chiesa molto viva, con liturgie ricche e partecipate anche da fedeli che vengono appositamente dalla confinante Arabia Saudita dove non sono ammesse altre fedi oltre all’Islam. Abbiamo avuto un blocco durante il Covid ma adesso stiamo tornando alla piena pratica religiosa. Il problema per noi è che non abbiamo spazi a sufficienza nelle Chiese. La nuova cattedrale adesso ci offre più possibilità di portare avanti la nostra pastorale. Essa si trova sulla via verso l’Arabia Saudita e per questo è facilmente raggiungibile dai cristiani delle zone limitrofe. Nelle nostre chiese, dove non mancano le difficoltà, si respirano serenità e serietà”. Le stesse richiamate dal motto della visita papale “Pace in terra agli uomini di buona volontà” che, per mons. Hinder, “incarna lo stile di vita dei nostri fedeli fatta di testimonianza di pace, di convivenza e di dialogo”.

(Foto Vatican Media/SIR)

Il filo rosso del dialogo. In Bahrein il Pontefice parteciperà al “Bahrein Forum for dialogue: East and West for Human Coexistence” e incontrerà privatamente, il 4 novembre, il grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib, come avvenne ad Abu Dhabi. “L’amicizia tra il Pontefice e il grande Imam assume un ruolo importante. Il dialogo è una delle cifre di questa visita” afferma il vicario che non manca di evidenziare “un filo rosso che unisce lo storico viaggio ad Abu Dhabi con gli altri successivi compiuti dal Papa”, fino a quello in Kazakhstan lo scorso settembre. E adesso in Bahrein.

“Il Bahrein – ribadisce – è orgoglioso di poter essere una piattaforma sulla quale continuare il dialogo. Per i nostri fedeli la presenza di Papa Francesco sarà un incoraggiamento e una valida occasione di un rafforzamento della fede”.

“La gente vive sotto pressione e ha paura di dover lasciare il Paese nel momento in cui non avrà più lavoro. La mancanza di certezze pesa su questi migranti che non sanno come assicurare il denaro sufficiente per le loro famiglie. Si aggrappano così alla loro fede e vivono veramente come pellegrini in questo mondo. Ed è il messaggio che lanciano a coloro che si sentono sicuri della loro posizione”.

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