(da Matera) “Non si può adorare Cristo nella messa e combattere una guerra santa, invitando tanti giovani ad arruolarsi”. È il monito di mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera Irsina, a conclusione della processione eucaristica per le vie di Matera, che si è conclusa in piazza San Francesco. “Ogni momento dell’esistenza ha bisogno di essere accompagnato, sostenuto, liberato dalle tante schiavitù vecchie e nuove”, la tesi del presule: “Non si può adorare Cristo presente nell’Eucaristia sfuggendo quel senso di responsabilità che ci fa sentire pane spezzato e vino versato aiutando la dignità in ogni corpo abusato, violentato, calunniato, additato, ucciso e buttato nelle fosse comuni”. “In un mondo che è lacerato da divisioni e di guerre la Chiesa non si stanca di essere pane che riconcilia e unisce, costruendo ponti tessendo relazioni tra i popoli le culture le religioni”, le parole pronunciate dalla cattedrale da Giuseppina De Simone, docente di filosofia e teologia fondamentale, nella meditazione che ha aperto la terza giornata del Cen: “Non si stanca di chiedere e di annunciare la pace possibile, sperando oltre ogni speranza e lavorando perché nel riconoscimento reciproco siano poste le condizioni di un’autentica pace”.
La processione di oggi, che ha fatto eco alla Via Lucis di ieri tra i Sassi, ha mostrato ancora una volta un popolo in cammino e in preghiera attorno all’altare, al Crocifisso e al tabernacolo. Come quello che ha affollato in questi giorni le chiese per l’adorazione eucaristica, una delle caratteristiche che hanno fatto da filo conduttore alle giornate del Congresso eucaristico nazionale. “L’adorazione eucaristica non è episodica: è lo stile che il cristiano deve assumere nella vita”, spiega al Sir don Pasquale Giordano, direttore dell’Ufficio liturgico della diocesi di Matera-Irsina. Qui a Matera, racconta, l’adorazione eucaristica è una pratica profondamente radicata nel vissuto dei fedeli, non solo in città – con la Chiesa di Santa Lucia, in piazza Vittorio Veneto, che è il Santuario dell’Eucaristia – ma anche nei centri vicini. Come a Bertalda, dove dal 2013 è stata recuperata una chiesa poco lontano dalla viabilità cittadina per adibirla esclusivamente all’adorazione eucaristica perpetua.
Cresce, intanto, l’attesa per il Papa, che domani presiederà una Messa nello stadio, secondo Pontefice a raggiungere Matera 31 anni dopo Giovanni Paolo II.
Ci saranno anche i giovani della “Casa dei giovani“, alla Messa del Papa di domani. A rivelarcelo è Tina Cardinale, una delle “colonne” di questo centro di accoglienza e di recupero per ragazzi e adulti tossicodipendenti, molti dei quali provenienti dal carcere. “Anche i nostri giovani si sono dati da fare per il Congresso eucaristico”, racconta Tina: “tutto il verde dell’Infiorata allestita nella chiesa di San Francesco è stato raccolto da loro”. La Comunità di Matera nasce nel 1992 in una Masseria storica del territorio lucano, costruita intorno al 1650, sulla strada che collega la città dei Sassi con Altamura, all’interno del paesaggio tipico della Murgia materana. Antonio La Torre è un ingegnere, e dal modo in cui lui – come Tina – parla degli ospiti della struttura di accoglienza e recupero traspare tutta la carica d’amore e di fiducia nei confronti dei ragazzi, nonostante le ferite, le fragilità e il carico di dolore che si portano addosso. “Se su 30 di loro, dopo tre anni, anche uno solo finisce il percorso, facciamo una grande festa a cui sono invitati anche gli altri ragazzi che prima di loro ce l’anno fatta”, racconta Antonio: “così si forma una comunità che non si interrompe nel tempo”.
“Anche se il Papa non viene, stiamo facendo tutto come se venisse”.
Spalanca un grande sorriso Maria Teresa Di Muro, da tre anni presidente della mensa per i poveri di Matera, una delle “opere-segno” del Congresso eucaristico nazionale, mentre ci illustra la mensa “Casa della Fraternità”, intitolata a don Giovanni Mele, il parroco dell’Annunziata che dal 2000 ha accolto nei locali adiacenti alla parrocchia le persone bisognose. Nata per volontà di un benefattore, Egidio Tamburrino, e della Fondazione che porta il suo nome, la mensa serve 90-100 pasti al giorno per i poveri e le persone in difficoltà: “Non chiediamo loro l’Isee – precisa Maria Teresa – li guardiamo semplicemente negli occhi. Da noi può venire chiunque”. Durante la pandemia, i pasti sono stati garantiti grazie all’asporto, ma da domani – giorno in cui Papa Francesco avrebbe dovuto inaugurarla, prima che il programma del suo viaggio a Matera venisse accorciato in modo da consentire ai partecipanti di partecipare al voto – la volontà è quella di tornare in presenza. “Abbiamo ricevuto in dono questo gioiello, finalmente possiamo mettere i poveri al centro: saranno loro i protagonisti”. La mensa, infatti, non è solo una mensa: ha un doppio nome, e se il primo rimanda alle necessità materiali, il secondo – “Casa di fraternità” – riguarda i bisogni relazionali.
“Non vogliamo che sia soltanto un luogo dove mangiare, ma anche un logo di aggregazione sociale”,
spiega Maria Teresa: “Per ora abbiamo due televisori, ma la Casa è appena nata e abbiamo bisogno di tutto. I nostri volontari si danno molto da fare, ma non sono moltissimi, dobbiamo cominciare tutto da capo”. Mentre ci salutiamo, il pensiero va di nuovo alla presenza del Papa domani a Matera: “I nostri ospiti erano felici di vedere Papa Francesco, non vedevano l’oro di vederlo. Ma non sono delusa: già il fatto che venga a Matera, e che darà una benedizione sull’altare, è come se desse una benedizione a tutti noi: lo stadio è a 200 metri da qui. Noi stiamo pregando per lui. Se lo vedessi, l’abbraccerei e gli direi grazie”.